Leo Ferretti, che ha costruito un impero finanziario, e non ha figli, si trova in coma, in ospedale, in seguito ad un incidente con l'elicottero. I medici non sanno se e quando egli si riprenderà. Mentre la moglie separata, Cristina, che lo ama sempre, si precipita ad assisterlo, ansiosa per la sua salute, gli altri parenti, avidi dei suoi miliardi, si riuniscono per decidere sulle sorti della società. Leo ha una sorella, Margherita, madre della bella e viziosa Betta, dedita alla droga, e un fratello, Osvaldo, che dirige la succursale americana, padre di due figli: l'inetto Alberto, sposato con la bella e spregiudicata Giulia, dalla quale ha avuto una bambina, e Maurizio, un cinico arrivista. E' proprio quest'ultimo che riesce ad ottenere il posto di presidente provvisorio (che Osvaldo rifiuta), ricattando perfino il proprio padre, e tessendo una fitta rete di trame, per le quali sfrutta i rapporti sessuali, che ha con molte donne, attratte anche dal suo fascino: fra queste la cognata Giulia e l'efficiente ex-segretaria tuttofare di Osvaldo, Connie. Con l'aiuto dell'amico David, Maurizio, impossessatosi di alcuni documenti dello zio (piani segreti per la fondazione di una nuova grossa società, che egli aveva progettato con l'amico banchiere Ripa) il giovane tenta di realizzare questo piano sicuro che il banchiere lo sosterrà, finanziandolo. Invece costui, alleatosi con un altro potente finanziere, Piero Costa, lo tradisce, e Maurizio, rovinato, cerca invano l'aiuto della zia Cristina, e finisce in prigione. Intanto Leo esce improvvisamente dal coma, e, ripresosi rapidamente, riassume la direzione della sua società ormai in crisi per colpa di Maurizio. Solo il valido aiuto, che Cristina riesce ad ottenere dal proprio padre, col quale era in rotta a causa del matrimonio con Leo, salva Ferretti dalla rovina e gli consente di vincere la sua battaglia. Leo e Cristina, riunitisi, accolgono nella loro casa Betta, che attende un figlio di Maurizio, e vuole tenerlo, dedicandogli seriamente la propria vita, e Maurizio, uscito di prigione, viene perdonato dallo zio, che lo prende di nuovo con sè.
SCHEDA FILM
Regia: Carlo Vanzina
Attori: Jean Sorel - Leo Ferretti, Donald Pleasence - Ripa, Billy Zane - Maurizio Ferretti, Roberto Bisacco - Osvaldo, Lauren Hutton - Cristina, Lisa Stottard - Carmen, John Stockwell - David, Gillian Short - Segretaria Ripa, David L. Thompson - Dott. Settani, Carol Alt - Betta, John Armstead - Razza, Florinda Bolkan - Margherita, Mark Gellard - Alberto, Michael Lombard - Steiner, Sandro Moretti - Conte Ganet, Natale Nazzareno - Beppe, Alexandra Paul - Giulia, Riccardo Salvino - Senni, Catherine Mickland - Connie, Cyrus Elias - Piero Costa
Sceneggiatura: Enrico Vanzina, Carlo Vanzina
Fotografia: Luigi Kuveiller
Musiche: Mario Calucci, Bruno Kassar, Duilio Sorrenti, Santa Maria Pino
Montaggio: Ruggero Mastroianni
Scenografia: Davide Bassan
Durata: 108
Colore: C
Genere: COMMEDIA
Tratto da: LIBERAMENTRE TRATTO DAL ROMANZO OMONIMO DI RENZO BARBIERI
Produzione: CECCHI GORI GROUP / BERLUSCONI COMMUNICATIONS TIGER CINEMATOGRAFICA
Distribuzione: PENTA DISTRIBUZIONE - PENTAVIDEO, MEDUSA VIDEO (PEPITE)
CRITICA
Una soapopera di lusso, da un libro di Renzo Barbieri, con belle donne, bei vestiti, belle case, belle automobili, parenti serpenti e morale da marciapiede. (Lietta Tornabuoni, La Stampa) Carlo ed Enrico Vanzina hanno costruito con furberia un perfetto scenario da telenovela, senza il minimo sospetto sulla moralità assente, riprendendo la volgarità dei soldi di un mondo fatuo che, hollywoodianamente parlando, non riesce a diventare sofisticato. (Maurizio Porro, Il Corriere della sera) Il modello è Dynasty, dovendo però trarne una storia che si limitasse allo spazio di un film; non puo' dirsi che i fratelli Vanzina non siano riusciti ad organizzarla, da un punto di vista narrativo, in modo soddisfacente: l'intreccio è abile, ben congegnato, non di rado anche furbo. (Il Tempo Il film è d'uno sfrenato moralismo, con scene però rese piccanti dalla presenza di attrici di gamba lunga e culetto rotondo. Per additare al nostro sdegno i padroni cinici e corrotti ricorre ai più logori stereotipi. (Giovanni Grazzini, "Il Messaggero")