Un maturo investigatore privato, detto l'Occhio, che lavora per una modesta agenzia, viene incaricato dai ricchi signori Hugo di indagare su una giovane avventuriera, Lucy, fidanzata con il loro unico figlio Paul. Iniziata la sorveglianza, il detective rimane subito incantato dalla ragazza, che crede di poter identificare con la propria figlia Marie, sottrattagli dalla moglie molti anni prima, quando era ancora bambina. Scoperto che Lucy ha assassinato Paul, ed è fuggita poi con molto danaro, l'investigatore fa scomparire il corpo del giovane e incomincia a seguire dovunque la presunta Marie, che si reca sotto vari nomi in molte località eleganti d'Europa (Montecarlo, Baden-Baden, Roma, Biarritz), ha brevi avventure con altri giovanotti ricchi ed anche con una donna, quindi li uccide, derubandoli di grosse cifre. Il presunto padre, non cerca di impedire i suoi crimini, ma la protegge e l'aiuta a fuggire, senza mai parlarle e neppure avvicinarla; cosicché lei non si accorge della sua presenza. Quando, però, la ragazza s'innamora sul serio di Ralph, un brillante architetto, ricco e cieco e accetta di sposarlo, l'Occhio, follemente geloso, provoca un incidente, in cui il cieco, investito da un grosso automezzo, muore. La giovane donna afflitta e turbata, riprende allora la sua folle corsa da un posto all'altro dell'Europa, ma ormai è stata identificata: si chiama Catherine, ha avuto una poverissima infanzia, trascorsa con un padre misero e umiliato, che ha molto amato e che ancora le manca disperatamente. Poiché la polizia ha scoperto i suoi delitti e lei non può quindi ritirare i soldi depositati in varie banche, Catherine è costretta a fare la cameriera in un piccolo bar, dove finalmente l'Occhio si decide a parlarle. Egli, frattanto, ha ucciso e rubato per salvarla. Quando la polizia sferra la caccia finale contro di lei, Catherine, vedendosi perduta, si getta dall'alto con l'auto e muore. In seguito l'Occhio viene condotto dalla ex moglie, Madeleine, alla tomba della loro Marie, morta in tenera età, e deve quindi persuadersi che l'altra era solo Catherine e non sua figlia. Ma quando egli infine muore, crede ancora di entrare nell'aula scolastica, in cui la sua bambina lo aspetta a braccia aperte.
SCHEDA FILM
Regia: Claude Miller
Attori: Michel Serrault - Beauvoir, 'L'Occhio', Isabelle Adjani - Catherine Leiris/Lucie, Guy Marchand - L'Uomo Pallido, Stéphane Audran - La Dama Grigia, Macha Méril - Madeleine, Geneviève Page - Sig.Ra Schmidt-Boulanger, Sami Frey - Ralph Forbes, Dominique Frot - Betty, Patrick Bouchitey - Michel De Meyerganz, Isabelle Ho - Cora Palenbrg, François Bernheim - Jerry, Jean-Claude Brialy - Voragine
Soggetto: Marc Behm
Sceneggiatura: Jacques Audiard, Michel Audiard
Fotografia: Pierre Lhomme, Gilbert Duhalde
Musiche: Carla Bley
Montaggio: Albert Jurgenson
Scenografia: Jean-Pierre Kohut-Svelko
Altri titoli:
DEADLY CIRCUIT
DEADLY RUN
Durata: 120
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: PANORAMICA, EASTMANCOLOR
Tratto da: "THE EYE OF THE BEHOLDER" DI MARC BEHM
Produzione: TELEMA, TFI-FILMS PRODUCTION
Distribuzione: TILM INTERNATIONAL COMPANY (1989) - PLAYTIME, EDEN VIDEO
NOTE
- DIALOGHI: MICHEL AUDIARD. DEC.: JEAN-PIERRE KOHUT-SVELKO.
CRITICA
"Vecchio film di Claude Miller e di Isabelle Adjani (1983) probabilmente riesumato grazie ai successi rispettivamente de 'La piccola ladra' e di Camille Claudel, 'Mia dolce assassina' rivisita con una certa macchinosità il noir psicologico e si dilunga eccessivamente sui concetti di identità perdute, sul gioco degli specchi, su un cinema estremo assai caro al regista francese. Risultati migliori Miller li otterrà successivamente quando una maggiore leggerezza e minori artifici ideologici gli consentiranno di raccontare, con la consueta eleganza, storie sgradevoli ma disinvolte. Isabelle Adjani, lanciata tre anni prima dall'energetico 'Possession', è forse ancora prigioniera di un ruolo testardamente maledetto e allucinato. Arriveranno in seguito anche per lei le soddisfazioni migliori." (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 15 Ottobre 1989)
"Sfuggente, ironico, sovraeccitato, agro, perfino sgradevole: Mia dolce assassina corrisponde ad un'idea psicopatologica del giallo, non troppo distante dalle atmosfere care a Patricia Highsmith. Il rapporto classico tra investigatore privato e cliente fascinosa viene scomposto all'insegna del voyeurismo e ricomposto su basi edipiche, l'ironia nera dell'inizio lascia il campo ad una fuga disperata nelle contrade del nord francese, tra scorie industriali e venti gelidi, mentre la partitura jazzata di Carla Bley fa da contrappunto ironico alle maldestre azioni dell''Occhio'. E lui, così dolente e vigliacco, il vero eroe del film: un padre dimezzato che non sogna altro che di 'spingere la porta e di entrare nella fotografia' per ricongiungersi alla figlia. E' un peccato non sentire la vera voce di Michel Serrault, uno di quegli attori che alzano il tono dovunque li meni quanto a Isabelle Adjani (ora divissima Camille Claudel), l'attrice muta pettinature, abiti e atteggiamenti con camaleontica furia omicida, anche lei è in cerca di un padre, ma la semplice arte del delitto le fa da madre." (Michele Anselmi, 'L'Unità', 12 Ottobre 1989)
"Il cinema francese, che ha spesso pescato oltre il dovuto nella narrativa poliziesca americana, azzecca sempre quando il soggetto tratta di una splendida paranoia (splendida perché il protagonista le si consegna totalmente splendida perché è protratta per anni). Ottimo era 'La mia droga si chiama Julie', splendido 'Gli aquiloni non muoiono in cielo'. In 'Mia dolce assassina' i folli sono due. Una bella ragazza (Isabelle Adjani) specialista nel far innamorare ricchi giovani e nell'ucciderli dopo breve lasso di tempo. E un poliziotto privato (Michel Serrault) ingaggiato dalla famiglia di una delle vittime. (...) Il romanzo era molto secco nel linguaggio. Il film è più letterario (i monologhi di Serrault sono forniti dal vecchio maestro Michel Audiard). Ma per noi è avvincente. E' quasi perfetto. Perfetti senza quasi sono Serrault e la Isabelle (ma come fanno a esserci, dietro quel visetto di porcellana, tutto e il contrario di tutto?)." (Giorgio Carbone, 'La Notte', 13 Dicembre 1989)