Maradona - La mano de Dios

ITALIA, ARGENTINA 2007
L'idolo argentino Diego Armando Maradona, nato in una borgata alla periferia di Buenos Aires, sin da bambino rivela un talento smisurato per il gioco del calcio e ben presto viene inserito tra le fila dei giocatori di importanti squadre giovanili fino alla convocazione con la nazionale Under 17 che vince il campionato mondiale. Dalla squadra del Boca, al Barcellona, al Napoli, alla vittoria con la nazionale Argentina, la carriera di Maradona è una sequenza di trionfi sui campi di calcio che lo trasformano in mito ma vanno di pari passo con una vita privata fatta di eccessi.
SCHEDA FILM

Regia: Marco Risi

Attori: Marco Leonardi - Diego Armando Maradona, Julieta Díaz - Claudia Maradona, Pietro Taricone - Gianni, Gonzalo Alarcon - Diego bambino, Abel Ayala - Diego adolescente, Juan Leyrado - Coppola, Eliana González - Claudia adolescente, Norma Argentina - Tota, Rolly Serrano - Chitoro, Emiliano Kaczka - Jorge adulto, Lucas Escariz, Giovanni Mauriello, Fabián Arenillas, Luis Machín

Soggetto: Manuel Valdivia, César Vidal, Manuel Rios, Leonardo Bechini

Sceneggiatura: Manuel Valdivia, César Vidal, Manuel Rios

Fotografia: Marco Onorato

Musiche: Aldo De Scalzi, Pivio

Montaggio: Patrizio Marone

Scenografia: Graciela Oderigo, Carlo De Marino

Costumi: Ruth Fischerman, Daniela Ciancio

Effetti: Giuseppe Squillaci, Proxima Srl

Altri titoli:

La mano de Dios (Maradona)

Maradona, la mano di Dio

Maradona - La mano de D10s

La mano di Dio

Maradona

Durata: 113

Colore: C

Genere: BIOGRAFICO SPORTIVO

Specifiche tecniche: 35 MM

Produzione: ELIDE MELLI PER COMEDY FILM, OMBU PRODUCCIONES, RAI CINEMA

Distribuzione: 01 DISTRIBUTION

Data uscita: 2007-03-30

TRAILER
NOTE
- FILM REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DEL MIBAC.

- CANDIDATO AI NASTRI D'ARGENTO 2007 PER: MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA (MARCO LEONARDI), MONTAGGIO E MUSICA.
CRITICA
"Perché sottolineare fin dal titolo un episodio sportivo quando lo sport nel film sembra essere l'ultima delle preoccupazioni del regista? Probabilmente perché di fronte all'unico giocatore che è riuscito a strappare a 'o rey' Pelè il titolo di più grande di tutti i tempi, si finisce per non poter fare a meno del calcio, anche se si vorrebbe relegarlo a cornice, a tela di fondo di una storia prima di tutto umana. E questo è in effetti il primo e più grande limite del film di Marco Risi (...) Si capisce che Risi abbia voluto stare attento alle conseguenze legali di certe affermazioni, che abbia smussato molte punte del film, ma è anche vero che alla fine il suo non sembra più l'occhio di un regista ma quello di un puntiglioso burocrate che registra nello stesso modo piccoli e grandi episodi, tragedie e scappatelle, epica e cronaca, più attento all'inventario che all'analisi e al giudizio. Finendo per smorzare quel poco o tanto di mitico che ha significato per tutti il personaggio Maradona." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 30 marzo 2007)

"Non è un capolavoro, è anzi un film un po' rozzo ma regala qualche emozione autentica."(Paolo D'Agostini,
'la Repubblica', 30 marzo 2007)

"La vita di Maradona diventa una via di mezzo fra il melodramma sudamericano e la sceneggiata napoletana, con tutti i salti logici e le esagerazioni visive che competono a due generi così 'estremi'. Ci sono forzature e mancano momento importanti (come la semifinale di Italia '90) con quel 'hijos de puta' indirizzato ai tifosi italiani e mormorato in mondovisione), ma nel complesso il film si lascia vedere, anzi, si impone grazie all'overdose di emozioni che Risi ci scarica addosso. Alla fine 'La mano de Dios' diventa una parabola sulla difficoltà di rimanere se stessi nel duro mondo dello show-business. E se volete leggerlo come un cripto-film su Vallettopoli, liberissimi: a condizione di ricordarsi che Maradona era mille volte più grande di Lele Mora." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 30 marzo 2007)

"Il film lo abbandona grassissimo, piangente, legato al letto in clinica: eppure ne salvaguarda sempre l'allegria, la vitalità, la bravura, l'arroganza che costituivano parte del fascino del campione che a sedici anni era già in serie A. Nessuno sarà mai come Maradona, però Marco Leonardi un poco gli somiglia e lo rappresenta bene. Lo stile della narrazione, sovrapposto, non infastidisce affatto: è spesso presente un momento simbolico, la caduta in un pozzo durante l'infanzia, parallela alle cadute ripetute della giovinezza e della maturità." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 30 marzo 2007)

"Kusturica pensaci tu. Parafando il celebre cooro dello stadio San Paolo di Napoli, 'Maradona è meglio 'e Pelè',
c'è da sperare nel documentario del grande regista slavo. 'Maradona, mano de Dios' di Marco Risi, infatti, non riesce nella titanica impresa di raccontare Dieguito, straordinario genio del pallone. (...) Il regista, attento a non scontentare il clan Maradona e, forse, al non voler passare da agiografo, regala un santino un po' patetico di una vittima predestinata dalle proprie debolezze. Non capendo che Maradona è un fascio di nervi, tutto sensibilità, ingenuità e spirito rivoluzionario. Ma anche populismo, irrazionalità, egocentrismo altruista. Eccessivo nei pregi e nei difetti e di una forza straordinaria, entrambi non resi in una bio-fiction simil televisiva e dallo stile, soprattutto nel montaggio, discutibile. Per intenderci: il più grande calciatore del mondo è come Chavez, ma qui è raccontato come Idi Amin Dada. Peccato." (Boris Sollazzo, 'Liberazione', 30 marzo 2007)

"Piacerà a chi, come noi, ai tempi di 'Mery per sempre' e 'Ragazzi fuori' era disposto a giurare che Risi sarebbe diventato uno dei grandi del nostro cinema e ora lo ritrova a biografare assurdamente el Pibe e a paragonarlo a Che Guevara." (Giorgio Carbone, 'Libero', 30 marzo 2007)

"Erudito dal padre Dino, consapevole dal 1950 degli 'Eroi della domenica' (da lui scritto) che 'film sul calcio fa fiasco', Risi opta per il film sulla droga. Ma, per fortuna sua e dello spettatore, Maradona non è solo un drogato: è un eroe nazionale, che l'Argentina ama, come i Peròn e il Che. Marco Leopardi già giovanissimo calciatore nell'indimenticato 'Ultimo minuto' di Pupi Avati si conferma - nel ruolo di Maradona - il bravo attore che è e che, ora forse anche l'Italia, dopo Hollywood, riconoscerà come tale." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 30 marzo 2007)