Europa, anni Venti. Il re di una piccola nazione ha in programma di visitare un villaggio tranquillo e sicuro. In realtà, la sua destinazione è tutt'altro che sicura in quanto un gruppo di rivoluzionari ha un congegnato piano per assassinarlo...
SCHEDA FILM
Regia: Dusan Makavejev
Attori: Camilla Søeberg - Svetlana Vargas, Alfred Molina - Avanti, Simon Callow - Hunt, capo della Polizia, Eric Stoltz - Christopher, Lindsay Duncan - Lily Sachor, Rade Serbedzija - Emile, Svetozar Cvetkovic - Rudi Kugelhopf, Chris Haywood - Wango, Patrick Godfrey - Dott. Lombrosow, Linda Marlowe - Stella Vargas, Tanja Boskovic - Olympia, Gabrielle Anwar - Tina, Enver Petrovci - Il Re, Zeljko Duvnjak - Martin, Danko Ljustina - Baker, Rahela Ferari - Nonna
Soggetto: Émile Zola - racconto
Sceneggiatura: Dusan Makavejev
Fotografia: Tomislav Pinter
Musiche: Nicola Piovani
Montaggio: Tony Lawson
Scenografia: Veljko Despotovic
Costumi: Marit Allen
Effetti: Mladen Markovic
Altri titoli:
A Night of Love
Pour une nuit d'amour
Durata: 96
Colore: C
Genere: DRAMMATICO ROMANTICO COMMEDIA
Specifiche tecniche: 35 MM (1:1.85)
Tratto da: racconto "Per una notte d'amore" di Émile Zola (ed. E/O)
Produzione: CANON GROUP, IN COLLABORAZIONE CON JADRAN FILM
Distribuzione: CANNON CINEMA ITALIA
NOTE
- PRESENTATO ALLA 45. MOSTRA INTERNAZIONAL DEL CINEMA DI VENEZIA (1988) NELLA SEZIONE 'VENEZIA NOTTE'.
CRITICA
"Benché dichiarato, il debito a Zola è abbastanza irrilevante nel quadro complesso di 'Manifesto'. Che comincia e finisce su un treno, dove viaggiano attentatori e poliziotti tanto tipicamente operettistici e principio di secolo che il film (non estraneo forse alla suggestione felliniana) potrebbe intitolarsi 'E il treno va'. I furiosi amori di Svetlana, filmati con divertita competenza da un regista che è un maestro dell'erotismo ironico, si inseriscono in una trama di congiure e repressioni. (...) I nomi del film sono un divertimento collaterale: il paese si chiama Waldheim (come il presidente austriaco accusato di antisemitismo), il direttore del manicomio si chiama Bergman (come il regista), il professore di ginnastica aspirante terrorista è Kugelkopf (testa di palla) e la maestra dei bambini è la signorina Sacher (come la torta austroungarica) (...). 'Manifesto' non è il film di un regista qualsiasi, ogni tanto si accende di notazioni firmate: ma è troppo ordinatamente confuso o troppo confusamente ordinato. Non c'è più la grinta spiazzante del Makavejev antititoista, mentre affiora un garbo un po' vecchiotto da commedia mitteleuropea e, la satira graffia in tutte le direzioni senza lasciare segni, sulla fantasia vince il manierismo; e chi si aspettava trasgressioni allarmanti rimane deluso." (Tullio Kezich, 'La Repubblica, 9 settembre 1988)