Max Brackett, giornalista televisivo di valore, si è rifiutato di mostrare i corpi dilaniati delle vittime di un incidente aereo e il suo capo Kevin lo ha dirottato dalla rete nazionale ad una stazione locale a Madeline, in California. Una mattina, Max e la sua assistente Laurie si recano al museo di storia naturale per intervistare la direttrice signora Banks. Vi arrivano proprio quando Sam, un uomo impiegato al museo ed appena licenziato per tagli al budget, è tornato sul posto per chiedere alla signora la revoca del licenziamento, in nome della moglie e dei due figli. Ma la signora è irremovibile e allora Sam all'improvviso tira fuori una pistola. Nascosto nel bagno, Max vede la scena e capisce che, se gioca bene le sue carte, questa potrebbe essere l'occasione che aspettava per rientrare nel grande giro. Comincia a raccontare quello che succede, e la diretta va sulla rete nazionale. Poi Max e Sam finiscono col conoscersi e, a poco a poco, per capire ciò che prima li ha divisi e ora li unisce. Da New York infatti arriva Kevin, che decide di impadronirsi della storia e di raccontarla alla sua maniera per far salire gli indici di ascolto. La tensione sale e, infine, Sam decide di arrendersi. Allora fa uscire prima i bambini di una scolaresca tenuti sotto minaccia, poi invita Max ad andare via, infine esce lui stesso. Sulla scala cerca di spararsi ma la dinamite lasciata all'interno esplode, facendo saltare tutto in aria. Da lontano Max commenta: "Siamo stati noi, lo abbiamo ucciso noi".
SCHEDA FILM
Regia: Constantin Costa-Gavras
Attori: Dustin Hoffman - Max Brackett, John Travolta - Sam Baily, Alan Alda - Kevin Hollander, Mia Kirshner - Laurie Callahan, Ted Levine - Lemke, Robert Prosky - Lou Potts, Blythe Danner - Signora Banks, William Atherton - Dohlen, Tammy Lauren - Miss Rose, William O'Leary - Ctn Junior Executive, Raymond J. Barry - Dobbins, Lucinda Jenney - Jenny, Ebbe Roe Smith - Bartholomew, Akosua Busia - Diane
Soggetto: Tom Matthews, Eric Williams
Sceneggiatura: Tom Matthews
Fotografia: Patrick Blossier
Musiche: Thomas Newman
Montaggio: Françoise Bonnot
Scenografia: Catherine Hardwicke
Durata: 115
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Produzione: WARNER BROS. - ARNOLD KOPELSON - PUNCH PRODUCTIONS
Distribuzione: WARNER BROS - WARNER HOME VIDEO
NOTE
REVISIONE MINISTERO GENNAIO 1998
CRITICA
"Astuto, ben confezionato e financo emozionante psicodramma col taglio del poliziesco diretto dal greco Constantin Costa-Gavras, che quasi mezzo secolo dopo riaggiorna il celebre 'Asso nella manica' di Billy Wilder. A tenere lezione di cinismo al posto di Kirk Douglas c'è ora il duro di pastafrolla Dustin Hoffman; il controcanto tocca a John Travolta, che non deve impegnarsi per fingersi deficiente": (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 9 luglio 2001)
"Costa-Gavras colpisce ancora. Con la sua passionalità, la sua irruenza, la capacità di interessare lo spettatore alla storia che va raccontando, la sua oratoria. I film del regista greco-francese non sono mai stati esempi di equilibrio e di 'politicamente corretto'. Anzi: pur appoggiandosi sempre a dossier ben documentati tendono a espugnare le resistenze del pubblico, a spingerlo a precise posizioni. Stavolta, in 'Mad City - Assalto alla notizia', Gavras vuole dimostrare che quel che un tempo chiamavano 'villaggio globale' - tollerante, progressista per definizione, dotato di luoghi per il divertimento e l'educazione popolare - si è trasformato in una città pazza. (…) Costa-Gavras mostra come da un episodio grave ma marginale nasca l'evento che, ben montato dal reporter, dalla stazione locale rimbalzerà sulle reti nazionali. E, fra l'altro, susciterà le smanie di interventismo - ora diretto verso un polo e ora verso l'opposto - di un quotatissimo conduttore di un notiziario tv, l'uomo a cui l'America crede in assoluto. Nonostante alcune situazioni 'gonfiate' ma non inverosimili dell'ultima parte, 'Mad City - Assalto alla notizia' è un buon esempio di film-dibattito, di cinema generosamente democratico, critico del sistema televisivo ma non antisistema". (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 7 febbraio 1998)
"Per il pubblico italiano abituato a sentirsi dire nei titoli di testa dei Tg che la Carrà ha avuto più spettatori di Castagna (o viceversa) questo film equivale a un pugno dello stomaco. Nel mirino del greco Costa-Gavras c'è l'informazione televisiva, mostro dai terribili poteri ipnotici in grado di far apparire il contrario di quanto avviene. Ogni riferimento al governo Prodi è puramente casuale. (…)
Se dubbia è la conversione finale del duro di pastafrolla Dustin Hoffman, certi momenti sono davvero irresistibili, come quando le trepidanti mamme dei piccoli ostaggi del pazzoide chiedono col cuore in gola: 'Ma hanno mangiato qualcosa?'. Un film ben al di sopra della media purché non si tentino paragoni impossibili. A meno che riusciate a immaginare Costanzo che litiga in diretta con Funari per strappargli l'esclusiva di un'intervista al professor Di Bella". (Maurizio Bertarelli, 'Il Giornale', 7 febbraio 1998)
"Anche se per merito degli interpreti, i protagonisti risultano efficaci, non hanno torto i critici Usa nel rilevare un certo schematismo nel disegno dei personaggi. Tuttavia, il nostro consiglio è di non sottovalutare 'Mad City'. Nell'impeccabile regia di Costa-Gavras è un film di qualità brechtiana per la chiarezza con cui smonta e rimonta i meccanismi mistificatori della notizia, e un altro pregio è di evidenziare attraverso il contorno, il fatto che ormai non si tratta di dare la colpa a questo o a quello: sul banco degli imputati nell'attuale civiltà dell'informazione-spettacolo sediamo, ahinoi, un po' tutti". (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 6 febbraio 1998)
"'Mad City' è più didattico di un film per bambini e la parte più riuscita, nella sua ingenuità, è proprio il corso accelerato di mass-media che Hoffman impartisce dal vero - al tontolone Travolta. Come ogni film che vuole 'educare' il suo pubblico, pretesa pericolosa, 'Mad City' tratta infatti dall'alto in basso anche i suoi personaggi. È questo il peccato capitate. Troppo realistico per essere grottesco e viceversa, non ci fa amare fino in fondo ne Travolta né Hoffman, sacrificandoli a sua volta alla logica perversa dei media. Mai tenera con film stranieri stavolta la critica Usa ha fatto bene a strapazzarlo. Chissà, forse andava fatto davvero con due lire e con attori ignoti, come si pensava in origine". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 10 febbraio 1998)