Storia di una famiglia centroeuropea in cui confluiscono i nomi dei più grandi protagonisti della storia degli ultimi due secoli (Marx, Heine, Mendelssohn, Husserl, ecc.). Il narratore rivive, attraverso una ricerca che si intreccia tra presente e passato, i ricordi e le vicende umane che l'hanno portato a scoprire "cosa vuol dire veramente appartenere alla comunità umana dei vivi e dei morti".
SCHEDA FILM
Regia: Mauro Caputo
Attori: Giorgio Pressburger - Se stesso
Soggetto: Giorgio Pressburger - Racconti, Mauro Caputo
Sceneggiatura: Mauro Caputo
Fotografia: Daniele Trani
Musiche: Alfredo Lacosegliaz, Francesco Morosini
Montaggio: Daniele Trani
Altri titoli:
Munich's Clock
Durata: 63
Colore: B/N-C
Genere: DOCUMENTARIO
Tratto da: omonima raccolta di racconti di Giorgio Pressburger
Produzione: VOX PRODUZIONI
Distribuzione: ISTITUTO LUCE CINECITTÀ
NOTE
- FILMATI DI REPERTORIO: ISTITUTO LUCE CINECITTÀ, KEVIN MACDONALD.
- EVENTO ALLA IX EDIZIONE DEL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA (2014).
CRITICA
"Sostando al riparo dei folti rami di un albero che segna la vita e racconta la storia: quello della propria genealogia. Soffermarsi in quel piccolo spazio di terra in cui le radici si trasformano in tronco, alzando lo sguardo per cogliere qualcosa del passata Giorgio Pressburger tutto questo lo aveva scritto in una serie di racconti, "L'orologio di Monaco" (Einaudi), intercettata da Mauro Caputo. Il regista triestino ha deciso di tradurla in immagini, chiamando il suo film con lo stesso titolo, presentato al Festival di Roma. (...) Nel corso di questa faticosa ricerca, Pressburger scopre che tutte le vite sono intrecciate l'una con l'altra. Nella sua famiglia confluiscono alcuni grandi nomi dell'avventura culturale dell'Europa moderna: Heine, Mendelssohn, Marx, Husserl. (...) Mentre ci conduce in alcuni luoghi della sua Trieste, di quella Mitteleuropa che l'ha culturalmente segnato (i filmati di repertorio sono stati concessi dall'archivio dell'Istituto Luce), Pressburger si confessa e s'interroga. L'umanità è il suo punto d'arrivo. E ciò che ci fa uomini è il gene della curiosità (...). C'è la compostezza unica dell'intellettuale umile, che scopre le vestigia di quel Novecento segnato da orrori, progressi e utopie. (...) Pressburger cita i grandi pensatori del passato che lo accompagnano ogni giorno nel suo percorso silenzioso. Preoccupato, perché si accorge che oggi la coscienza si sta sbriciolando in mille frantumi. (...) L'inquietudine riaffiora anche quando, come spiega il regista Caputo, lo scrittore attraversa a piedi il confine scomparso tra Italia e Slovenia, segno che molti ostacoli sono caduti e il mondo è cambiata. Perché la certezza «in grado di sciogliere il filo di scetticismo e di fede» ancora non è stata trovata." (Luca Pellegrini, 'Avvenire', 21 ottobre 2014)