Pierre e Manon sono poveri. Si procurano da vivere con lavori saltuari e con i pochi soldi a disposizione realizzano documentari. Un giorno Peter conosce Elisabeth, una giovane stagista che diventa la sua amante. Non vuole, però, chiudere la relazione con Manon. Quando Elisabeth scopre che anche Manon ha una relazione clandestina lo riferisce a Peter che, sentendosi tradito, capisce quanto è importante per lui Manon...
SCHEDA FILM
Regia: Philippe Garrel
Attori: Stanislas Merhar, Clotilde Courau, Lena Paugam, Vimala Pons, Mounir Margoum, Jean Pommier, Thérèse Quentin, Antoinette Moya
Sceneggiatura: Philippe Garrel, Jean-Claude Carrière, Caroline Deruas, Arlette Langmann
Fotografia: Renato Berta
Musiche: Jean-Louis Aubert
Montaggio: François Gédigier
Scenografia: Emmanuel de Chauvigny
Costumi: Justine Pearce
Durata: 107
Colore: B/N
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: SCOPE
Produzione: SBS PRODUCTIONS, IN COPRODUZIONE CON CLOSE-UP-MAGIC, ARTE FRANCE CINÉMA
NOTE
- FILM D'APERTURA ALLA 47. QUINZAINE DES RÉALISATEURS (CANNES, 2015).
CRITICA
"(...) nuovo e magnifico film di Philippe Garrel (...). Lui, Garrel, è genialmente «inattuale» e sempre contemporaneo. (...) Bianco e nero (...) girato in pellicola (ma proiettato in digitale) con la luce che accarezza senza compiacimenti di Renato Berta questo film segna però un passaggio nell'universo garreliano e del punto di vista narrante. Una coppia in crisi, abbandoni, massacri e tradimenti, e I'autofinzione della vita, quella del regista, degli amori e delle sconfitte lancinanti di un'utopia, che attraversa tutti i suoi film si allarga al femminile: uomo e donna sono messi a confronto nella «verità» impossibile del sentimento e insieme di una Storia che la sola memoria non può restituire. Perché la memoria inganna e si fa ingannare dal desiderio o dal rimorso. (...) L'immaginario è rivoluzionario come i sentimenti quel «privato politico» delle strade sessantottine, della rivolta accompagnata dalle parole di De Sade. E nell'intreccio tra lo sfascio della coppia e la Storia Garrel interroga la verità delle immagini, il pretestuoso gender che circoscrive «realtà» e «finzione» laddove la prima si dichiara oggettiva, ma come ci dice sempre anche Godard la verità è possibile solo nel massimo della sua messinscena, consapevole e non spacciata per «vera»." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 15 maggio 2015)