In una Roma affannosa e sinistra, un cinquantenne che convive con una giovane compagna, è ossessionato dal tradimento della moglie che si concede a un ragazzo molto più giovane di lei e, in un crescendo autodistruttivo, ai suoi numerosi amici e alle loro perversioni. Dopo averla trascurata per molto tempo, l'uomo è di nuovo attratto e interessato a sua moglie, che scopre in un'inedita e tardiva dimensione erotica...
SCHEDA FILM
Regia: Mario Martone
Attori: Michele Placido - Carlo, Fanny Ardant - Silvia, Giovanna Giuliani - Lù, Sergio Tramonti - Sergio, Italo Spinelli - Amico di Carlo e Silvia, Norman Mozzato - Amico di Carlo e Silvia, Anita Bartolucci - Amica di Carlo e Silvia, Luigi De Angelis - Amico di Carlo e Silvia, Manuela Antonelli - Amica di Carlo e Silvia, Daniele Fior, Francesco Scianna, Riccardo Scamarcio, Alessandro Riceci, Giorgio Grandi, Antonia Iaia, Fabio Mascagni, Giuseppe De Marco, Augusto Mostarda, Luigi Rigoni, Fabiana Venturi
Soggetto: Goffredo Parise - libro
Sceneggiatura: Mario Martone
Fotografia: Cesare Accetta
Montaggio: Jacopo Quadri
Scenografia: Sergio Tramonti
Costumi: Paola Marchesin
Effetti: Fabio Zaveti, Giulia Infurna
Altri titoli:
L'odeur du sang
The Scent of Blood
The Smell of Blood
Durata: 100
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Tratto da: libro di Goffredo Parise
Produzione: DONATELLA BOTTI PER BIANCA FILM, MIKADO, ARCAPIX
Distribuzione: MIKADO (2004)
Data uscita: 2004-04-02
NOTE
- PRESENTATO ALLA 36MA "QUINZAINE DES REALISATEURS", CANNES 2004.
- REVISIONE MINISTRIALE 30.03.2004.
CRITICA
"'L'odore del sangue' è un gioco al massacro continuato, dove si configura via via un esito tragico che evoca Pasolini. Non è però una storia morbosa, ad onta delle esplicite confessioni sessuali dei protagonisti: rappresenta piuttosto l'inevitabile, a volte distruttiva, confusione dei nostri sentimenti, della nostra sessualità, dell'amore platonico e di quello carnale, dell'intreccio inestricabile di attrazione e conflittualità che corre tra maschio e femmina. I titoli dichiarano che il film è liberamente tratto dal romanzo: in realtà Martone, autore della sceneggiatura, si è limitato a cambiare qualche nome, a inserire un episodio, a tagliare un epilogo che restituiva un po' di speranza al protagonista, per non smorzare il sapore di cenere del finale accompagnato dalle note di Berlioz sulla tomba di Giulietta. Per il resto è sostanzialmente fedele al testo, che traduce in linguaggio cinematografico con risultati ammirevoli. Come già nell'Amore molesto, il regista sa conferire alle immagini una straordinaria materialità, una sensualità perturbante che ti attrae o ti respinge insieme. Secondo lo stato d'animo di Carlo, le strade notturne di Roma possono diventare sconosciute e sinistre. Se scoppia un temporale in campagna, senti gli aromi forti della terra bagnata. L'odore', dolcemente nauseabondo, del sangue aleggia per la sala." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 2 aprile 2004)
"A rischio di scandalizzare, mi esprimerò senza perifrasi: il vero romanzo 'L'odore del sangue' è il film che ne ha ricavato Mario Martone, non il libro che Goffredo Parise fu incapace di mettere a punto. (...) Sullo schermo, tra abiezioni e paure, la vicenda è narrata come un apologo agghiacciante, nel trascorrere da uno sfondo all'altro secondo un rapporto fra personaggi e ambienti che deve qualcosa allo stile di Antonioni. Vedi la scena, degna di 'L'avventura', dove i protagonisti si aggirano in cerca di se stessi nel labirinto del monumento al terremoto di Gibellina. Ancora più pessimista di Parise (che concede al suo alter ego un futuro), Martone affida il disperato messaggio del film alla palpitante fisicità degli interpreti tra i quali Placido si impone alla grande per intensità e credibilità." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 3 aprile 2004)
"Un romanzo postumo di Goffredo Parise è alla base di un film molto ambizioso e però non riuscito di Mario Martone (...) Molti film vengono in mente, compreso quello recente di Matteo Garrone, più bello di questo ma pure non risolto, e i vecchi 'Ultimo tango', il grande 'L'impero dei sensi', ma anche molti di Michelangelo Antonioni, casti e austeri e nascosti, oltre ai classici saggi di Georges Bataille, primo fra tutti 'La letteratura e il male'. Limite formale del film è di dire troppo e di non mostrare niente, e non nel senso dell'esplicito erotico ma in quello dell'azione, della storia: è quasi un radiodramma. Il limite teorico è di aderire a una voga a partire da convinzioni che sembrano poco meditate e assai povere rispetto a quelle dei modelli citati. Tutto è nell'intimo delle coppie, il male è privato e borghese, e del bene non si sa se c'è. Si ha paura del melodramma e della tragedia." (Goffredo Fofi, 'Panorama', 8 aprile 2004)