Attraverso spezzoni di film si mostra come la cinematografia degli Stati Uniti ha racontato l'omossesualità cominciando con un atteggiamento più libero ai tempi del cinema muto, passando attraverso i rigori del codice Hays,che le più importanti società di produzione si erano autoimposto, fino all'atteggiamento attuale del 'politicamente corretto'.
SCHEDA FILM
Regia: Jeffrey Friedman, Rob Epstein
Soggetto: Rob Epstein, Jeffrey Friedman, Sharon Wood
Fotografia: Nancy Schreiber
Musiche: Carter Burwell
Montaggio: Jeffrey Friedman, Arnold Glassman
Durata: 101
Colore: C
Genere: DOCUMENTARIO
Tratto da: DAL LIBRO OMONIMO DI VITO RUSSO
Produzione: TELLING PICTURES
Distribuzione: PLAYBILL - MIKADO
NOTE
REVISIONE MINISTERO OTTOBRE 1996
CRITICA
"Prendendo lo spunto dal libro omonimo di Vito Russo, il film ripercorre, con interviste e spezzoni, i modi in cui l'omosessualità è stata raccontata dal cinema: con grande libertà negli anni del muto; con evidenti censure ai tempi del codice Hays; con sofferta partecipazione in tempi più recenti, quando l'omosessualità ha conquistato il suo diritto alla visibilità. Ma se questo messaggio di libertà rischia di essere un po' invadente nell'ultima parte del film, Lo schermo velato ci aiuta a capire meglio come funziona certa passione cinefila, magica scintilla che scocca tra un desiderio 'imprigionato' nelle costrizioni del racconto o nel corpo degli attori e l'amore 'potenziale' dello spettatore che solo sullo schermo e nella fantasia trova il modo di liberarsi. E che si tratti di passione omosessuale o fantascientifica o melodrammatica poco importa. Pedagogico". (Paolo Mereghetti, 'Sette', 3 ottobre 1996)
"Ma il film ha soprattutto il merito di smascherare i messaggi consci, inconsci o addirittura subliminali, il sottotesto, la mimesi e le decodificazioni che si celavano, per l'appunto velati, negli interstizi delle immagini, o ad esse contigui. I concetti di sessualità di maschile e femminile, di 'normalità' mutavano si articolavano al passo con l'industria hollywoodiana. Solo di recente, grazie all'affermarsi del movimento (e della lobby) gay, all'imporsi del 'politicamente corretto' e a film come Philadelphia, qualcosa è cambiato, in meglio. Anche se, spesso, per assoggettarsi a stereotipi opposti: ad esempio il gay amicone e generoso della porta accanto, rigorosamente monogamo. Risponde bene, nel film, Susan Sarandon a chi le chiede se aveva provato imbarazzo a girare la famosa scena d'amore con Catherine Deneuve in Miriam si sveglia a mezzanotte: 'ma chi al mondo, uomo e donna, sarebbe così pazzo da rifiutarsi di andare a letto con la Deneuve?' ". (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 16 settembre 1996)