Territorio selvaggio dove la vita è sottomessa alla rude legge della natura, l'Alaska è una terra d'avventura che può spesso offrire l'occasione di rifarsi una vita. Qui Joe Gastineau, pescatore traumatizzato da un lontano incidente in mare, arriva per cercare di dimenticare e guardare avanti. Il caso gli fa incontrare Donna De Angelo, una cantante che si esibisce nei bar del luogo ed ha con se Noelle, una figlia adolescente. Donna vive un equilibrio personale abbastanza precario, e frequenta tanti amici ma ha molta confusione in testa. Tra Joe e Donna scatta una immediata attrazione reciproca. Con precauzione e pazienza, i due cominciano a conoscersi meglio e a vedersi spesso. Quando Bobby, fratello minore di Joe, gli chiede di accompagnarlo ad una gita in barca, Joe accetta con riluttanza. Donna e Noelle si aggiungono al gruppo. Ma Bobby non ha detto loro tutta la verità. Due killer lo seguono e sconvolgono la tranquillità del momento. Joe, Donna e Noelle rimangono soli su un'isola. All'arrivo dell'elicottero, la ragazza dice di voler andare subito via. Ma tra Joe e Donna il rapporto si è consolidato ancora di più.
SCHEDA FILM
Regia: John Sayles
Attori: David Strathairn - Joe Gastineau, Mary Elizabeth Mastrantonio - Donna De Angelo, Kris Kristofferson - Smilin' Jack, Katryn Grody, Casey Siemaszko - Bobby Gastineau, Vanessa Martinez - Noelle De Angelo
Soggetto: John Sayles
Sceneggiatura: John Sayles
Fotografia: Haskell Wexler
Musiche: Mason Daring
Montaggio: John Sayles
Scenografia: Gemma Jackson
Costumi: Shay Cunliffe
Effetti: Travis Baumann
Durata: 126
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Produzione: MAGGIE RENZI PER GREEN/RENZI PRODUCTION
Distribuzione: COLUMBIA TRISTAR FILMS ITALIA (1999) - COLUMBIA TRISTAR HOME VIDEO
CRITICA
"John Sayles è uno strano regista a corrente alternata che ogni tanto tira fuori un film interessante, ma può anche girare a vuoto in una sorta di compiaciuta nobiltà di temi e di stile che non lo porta lontano. (...) Sayles non governa la storia che gli scappa da tutte le parti, mette troppa distanza tra gli spettatori e i personaggi, costruisce uno strano film senza vitalità. Forse per questo si chiama ‘Limbo’". (Irene Bignardi, la Repubblica, 29 agosto 1999).