Tre amici, Jean, Céline e Pat, partono insieme per Tblisi, in Georgia, per prendere possesso dell'eredità di Pat, un castello diroccato lasciatole da un lontano parente. I tre si fanno accompagnare da Nikolaï, un ragazzo del luogo, che farà loro da interprete. Sulla corriera che li conduce in cima alla montagna su cui si trova il maniero, il gruppo fa uno strano incontro. Tra i passeggeri c'è un uomo anziano con il suo nipotino. La cosa curiosa è che i due hanno con loro una bara vuota. Alle domande degli stranieri, il vecchio risponde raccontando la sua storia. La sua famiglia è da sempre in aperta ostilità con il casato di un villaggio vicino. Solo consegnandosi ai nemici e sacrificandosi a loro la guerra potrà finalmente avere fine.
SCHEDA FILM
Regia: Géla Babluani, Témur Babluani
Attori: Sylvie Testud - Patricia, Stanislas Merhar - Jean, Pascal Bongard - Nikolaï, Olga Legrand - Céline, George Babluani - Il giovane, Leo Gaparidze - Il nonno, Augustin Legrand - Il muto, Givi Sikharulidze - Capo della polizia
Soggetto: Géla Babluani, Témur Babluani
Sceneggiatura: Géla Babluani, Témur Babluani, Jacques Dubuisson
Fotografia: Tariel Meliava
Montaggio: Géla Babluani, Noémie Moreau, Anita Roth
Scenografia: Teimuraz Khmaladze, Claude Billois
Costumi: Khatuna Tsrakaya
Altri titoli:
The Legacy
Durata: 75
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: 35 MM
Produzione: LES FILMS DE LA STRADA, QUASAR PICTURES, PREMIUM FILMS, SOLIMANE PRODUCTIONS
NOTE
- PRESENTATO IN CONCORSO ALLA I^ EDIZIONE DI 'CINEMA. FESTA INTERNAZIONALE DI ROMA' (2006).
CRITICA
"Le due generazioni georgiane di Temur e Gela Babluani, padre e figlio che hanno co-firmato 'L'eredità', sono lo specchio dello sconcertante miscuglio tra passato presente e futuro nella repubblica caucasica. Temur porta con sé un bagaglio di tradizioni e spirito ribelle antichi, di mal sopportata sovietizzazione, di ricerca artistica e politica - non indolore - di nuovo corso. Gela, francesizzato, si è affacciato al cinema con la prepotenza scioccante dell'opera prima 'Tzameti' (13), divenuto un caso internazionale dopo il premio veneziano e ora candidato a un rifacimento americano. Entrambi sanno di cosa parlano quando parlano di violenza." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 17 ottobre 2006)