José e Antonio organizzano una rapina in un compro oro al centro di Madrid, ma qualcosa non va secondo i loro piani. Costretti a scappare, i due - insieme al figlio di José, che si è portato dietro il bambino per non rinunciare ai giorni a lui dedicati dopo la separazione dalla moglie Silvia - fuggono a bordo di una taxi. La loro destinazione è la Francia, quindi si addentrano nelle montagne verso il confine, seguiti dalla zelante coppia di poliziotti composta da calvo e Pacheco e dalla stessa Silvia. Lungo la strada, però, il bizzarro gruppo è costretto a fermarsi a Zagarramurdi, un piccolo paesino basco dove vive una strana comunità di donne che si rivelerà essere una famiglia di streghe, impegnata nella preparazione di un sabba organizzato per consentire il definitivo ritorno della Grande Madre...
SCHEDA FILM
Regia: Álex de la Iglesia
Attori: Hugo Silva - José, Mario Casas - Antonio, Pepón Nieto - Calvo, Secun de la Rosa - Pacheco, Carmen Maura - Graciana, Carolina Bang - Eva, Terele Pávez - Marichu, Fabián Augusto Gómez - Minnie, Jaime Ordóñez - Manuel, Gabriel Delgado - Sergio, Santiago Segura - Miren, Macarena Gómez - Silvia, Javier Botet - Luismi, Carlos Areces - Conchi, Alexandra Jiménez - Moglie di Antonio, Adri López - Patricio
Sceneggiatura: Álex de la Iglesia, Jorge Guerricaechevarría
Fotografia: Kiko de la Rica
Musiche: Joan Valent
Montaggio: Pablo Blanco
Scenografia: Biaffra , José Luis Arrizabalaga
Costumi: Paco Delgado
Effetti: Juan Ramón Molina, Febran Piquer, Free Your Mind
Altri titoli:
Witching and Bitching
Les sorcières de Zugarramurdi
Witching & Bitching
Durata: 112
Colore: C
Genere: HORROR COMMEDIA
Produzione: ENRIQUE CEREZO PRODUCCIONES CINEMATOGRÁFICAS S.A., LA FERME! PRODUCTIONS, ARTE FRANCE CINÉMA
Distribuzione: OFFICINE UBU (2015)
Data uscita: 2015-04-30
TRAILER
NOTE
- REALIZZATO CON LA PARTECIPAZIONE DI CANAL+ E CINÉ+.
- PRESENTATO FUORI CONCORSO ALLA VIII EDIZIONE DEL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA (2013).
CRITICA
"Campione di quello che una volta si sarebbe detto genericamente cinema demenziale e adesso invece «post-pulp» (per sottolinearne le componenti più apertamente splatter), Álex de la Iglesia si è conquistato un suo pubblico affezionato mescolando - a volte con genialità a volte con una certa stanchezza - humor nero, satira sociale, cinefilia citazionista e un certo gusto dell'orrido. Qualità che in passato non sempre ha dato l'impressione di voler controllare e guidare (...) ma che invece in questo 'Le streghe son tornate' trovano un loro giustificato e coerente utilizzo. (...) una specie di discesa negli inferi che porta il film dai toni farseschi e pseudo-polizieschi dell'inizio a quelli sempre farseschi ma più decisamente fanta-horror della seconda parte, dove i miti popolari della stregoneria basca (nel 1610, l'Inquisizione bruciò realmente a Zugarramurdi undici persone accusate di stregoneria in una grotta oggi diventata attrazione turistica) offrono lo spunto al regista e al suo tradizionale cosceneggiatore Jorge Guerricaechevarriá per liberare tutto il loro gusto trasgressivo. Dove sangue, ironia, sberleffi e altre amenità seminal-stomacali si intrecciano senza limiti. A farne le spese è soprattutto l'immagine femminile, vista qui come la culla di ogni nefandezza e sorgente dell'odio anti maschile. Ma sarebbe sbagliato leggere il film come un possibile manifesto «antifemminista», primo perché anche gli uomini non fanno certo una bella figura e poi perché il piacere dello sberleffo e della farsa prende il sopravvento su tutto, antropologia dei sessi e regole del politically correct comprese. Meglio definire il film una specie di «vacanza» dalle regole, dove un certo piacere iconoclasta e trasgressivo (e divertente) manda a gambe all'aria ogni regola di buon senso e di buon gusto." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 27 aprile 2015)
"Difficile sottovalutare un regista smodato come Álex de la Iglesia (...) eppure è ciò che succede in Italia. Il suo originale e notevolissimo 'Ballata dell'odio e dell'amore', passò quasi inosservato malgrado il leone d'argento vinto a Venezia 2010. Il successivo 'La chispa de la vida' non si è proprio mai visto. E ora 'Le streghe di Zugarramurdi', come suona la traduzione letterale, esce alla chetichella con un anno di ritardo. Eppure, oggi che il (cattivo) cinema di genere impazza, Álex de la Iglesia meriterebbe un monumento. Dove lo trovate, in Europa, uno che incrocia horror, satira di costume, divertimento popolare e cinèfilo, facendo grande spettacolo come un cugino molto più colto, fantasioso e sottile di Robert Rodriguez? Chi altro usa le meraviglie del digitale per animare un mostruoso donnone modellato sulla Venere di Willendorf, con tanto di carni ballonzolanti, viscere trasparenti, immensa bocca famelica - e tanti saluti a chi (immancabilmente) lo accuserà di misoginia? Il segreto, che segreto non è, sta forse nelle origini. Da buon basco (è nato a Bilbao nel 1965), de la Iglesia conosce a fondo l'immaginario pagano di una delle culture più remote e misteriose d'Europa. (...) un'orgia, anzi un sabba di trovate efferate quanto irresistibili, animate da un gruppo sempre più numeroso di megere sfrenate e imprevedibili (...). Tra le quali, accanto a Carmen Maura, bella come un angelo uscito da un porno e buffa come un clown, spicca un'attrice sexy e fantastica perfino nel nome (vero!): Carolina Bang. A ricordarci, fin dai titoli di testa, cosa sono le streghe. Figure del desiderio." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 30 aprile 2015)
"Álex de la Iglesia è forse l'ultimo rappresentante di un cinema punk e ferocemente anarchico, caotico e rock, parodistico e ispirato alle vecchie serie B, ormai quasi estinto sotto i colpi dei film omogeneizzati. Dopo il capolavoro misconosciuto 'Ballata dell'odio e dell'amore', il regista spagnolo torna con un film grottesco e sgradevole, che in forma di fantasy (con tanto di strega ghiotta di bambini, alla Hansel e Gretel) mette in scena la guerra dei sessi. Le donne sono fameliche e pericolose; gli uomini, imbecilli spaventati dall'altro sesso. Un film eccessivo dal finale interminabile, con effetti speciali di seconda scelta ma che non puoi tacciare di prevedibilità." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 30 aprile 2015)
"Bambini terribili crescono, ma non cambiano: alla vigilia dei cinquant'anni il sulfureo Álex de la Iglesias continua a giocare sul quel suo registro grottesco, anarcoide, impertinente che lo ha reso cineasta di culto, caro alla chiesa cinefila. (...) le streghe capeggiate da un'ironica Carmen Maura sono tornate, più incarognite che mai contro il maschio prevaricatore. Spelonche, palazzi fatiscenti, sotterranei bui, occhi che ammiccano dal fondo del water, simboli erotici, sabba infernali, una felliniana Grande Madre, donne indemoniate, uomini smidollati: un iperbolico affresco dell'eterna guerra fra i sessi, tanto sessista quanto divertente." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 30 aprile 2015)
"Sin dall'esordio il basco de la Iglesia non ha fatto altro che prescrivere al pubblico un regime di docce scozzesi. Stavolta, però, il dosaggio di bluff e talento risulta così estremo da fare entrare 'Le streghe son tornate' nel pantheon dell'horror. (...) Nell'ultimo capitolo anche gli argini del genere crollano dando via libera a una sorta di freak show, un seguito di sberleffi, ribalderie grottesche e sabba orgiastici. L'unico aspetto un minimo spiazzante sta nell'immagine assai poco correct attribuita alle donne, tutte brujas (streghe) anche quando non lo sono ufficialmente." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 30 aprile 2015)
"(...) Álex de la Iglesia, l'ondivago regista basco (...) qui ritorna ai suoi massimi, raggiunti 15 anni orsono con 'La comunidad': 'Le streghe son tornate' ('Las brujas de Zugarramurdi' , vincitore di 8 premi Goya, gli Oscar spagnoli) è folle e lucido, rabelaisiano e fantastorico, sociologico e stregato, iperbolico e b-movie, tarantolato e tarantiniano insieme. Nel panorama normodotato del cinema contemporaneo, non è qualcosa, è tutto: de la Iglesia ritrova il furore fantastico degli esordi (...), perfeziona il proverbiale humour nero e, soprattutto, riesce laddove falliva la 'Balada triste de trompeta' (2010), ovvero nell'apologo storico-politico. Se il circo triste del franchismo finiva lì malamente strombazzato, qui la critica di costume rinviene a Zugarramurdi che cos'è oggi l'uomo e che cos'è la donna, quali ruoli, status, condizioni, stereotipi e contro-stereotipi incarnano nella società spagnola e occidentale. Sì, le streghe son tornate, e l'unica speranza per il nostro sesso debole - già sesso forte - è che qualcuna si innamori di noi. Perché le streghe sono dappertutto e hanno potere, potere reale: nei titoli di testa il girl power ha i volti iconici di Margaret Thatcher e Angela Merkel, sangue dello stesso sangue, sortilegio dello stesso sortilegio della famiglia stregata interpretata da Terele Pavez, Carmen Maura e Carolina Bang. Donne che comandano a bacchetta, che irretiscono e piegano al proprio volere maschi e nazioni: la forza di de la Iglesia, anche co-sceneggiatore, è non solo di prestarsi a questo samba femminista, ma immedesimarsi ideologicamente in quel che racconta, una sorta di 'rape and revenge movie' da secoli di sessismo, sciovinismo e machismo. Lo fa talmente bene da trascolorare i 'Sin City' di Rodriguez e i 'Grindhouse' tarantiniani, centrando un valore aggiunto: 'Witching & Bitching', recita il titolo internazionale. Lo dite voi alle Femen che non hanno inventato nulla? Da vedere." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 30 aprile 2015)
"Tra il cinema demenziale (da 'Helzapoppin' a 'Ghostbuster') e l'horror fantastico di serie B (da Bava ai Dracula di Fisher), ma viene in mente anche il 'Rocky Horror Picture Show', l'eccentrico de la Iglesia cerca un suo punto di equilibrio per questa storia di streghe femministe assetate di vendetta sul potere del maschio, per la verità sempre più in crisi. (...) Cast brillante (la Maura sopra tutti). Divertente, esorbitante con cadute, e un finale interminabile." (Silvio Danese, 'Nazione-Carlino-Giorno', 30 aprile 2015)
"Spiacerá a chi non ama i guazzabugli, anche se attraversati ogni tanto da lampi di genialità come quelli dello spagnolo de la Inglesia (...). Certo, da Álex non si può pretendere il dono della misura, ma nel suo rebellot ci ha infilato parecchie polemiche spompate, come quella antireligiosa (il protagonista ruba travestito da Gesù)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 30 aprile 2015)
"Com'è divertente questa commedia grottesca spagnola. Specie nella prima parte, con gli ostaggi sdraiati per terra, che solidarizzano con l'antifemminismo dei rapinatori del Compro oro. (...) Poi la parte riservata alle streghe va troppo per le lunghe, nonostante il ricorso a un umorismo sempre più macabro. Comunque si è riso abbastanza." (Maurizio Bertarelli, 'Il Giornale', 30 aprile 2015)