Nell'Olanda occupata dai nazisti, Titus Brandsma, sacerdote e professore di filosofia a Nimega, combatte ogni giorno la battaglia per la libertà di stampa. Inviso perché contrario al regime occupante e a qualsiasi forma di censura, il sacerdote viene arrestato dalla Gestapo e deportato in un campo di concentramento. La sua coraggiosa esistenza si concluderà a Dachau, dove verrà ucciso da un'iniezione al fenolo.
SCHEDA FILM
Regia: Silvio Maestranzi
Attori: Heinz Bennent - Titus Brandsma, Pamela Villoresi - Elisabeth, Jacques Breuer - Hardegen, Vernon Dobtcheff - Bischof de Jong, Bruno Corazzari - Bodeweis, Carlo Monni - Vogteloo, Cinzia De Ponti - Trudi, William Berger - Generale Schmidt, Arnaldo Ninchi - Struben, Ives Collignon
Soggetto: Silvio Maestranzi
Sceneggiatura: Silvio Maestranzi
Fotografia: Luigi Verga
Musiche: Egisto Macchi
Montaggio: Paolo Boccio
Scenografia: Guido Josia
Costumi: Luciana Marinucci
Altri titoli:
Im Schatten des Kreuzes
Durata: 95
Colore: C
Genere: DRAMMATICO FILM TV
Specifiche tecniche: SUPER 16 MM
Tratto da: ispirato a una storia vera
Produzione: ALFIO SUGARONI PER RAIUNO/ TIBER CINEMATOGRAFICA, IDUNA FILM
NOTE
- RIPRESE EFFETTUATE A ROMA, SULLA PONTINA E IN OLANDA.
- TITUS BRANDSMA VIENE BEATIFICATO NEL NOVEMBRE 1985 DA PAPA GIOVANNI PAOLO II.
-PREMIO LA NAVICELLA.
CRITICA
"(...) La storia, s'è detto, è vera. (...) Ed è vero pure che il suo comportamento sia stato esemplare, dato che Giovanni Paolo II ha proclamato la beatificazione di Brandsma, patrono dei giornalisti. Silvio Maestranzi, esperto di 'Teatr inchiesta', autore dell'originale televisivo 'Padre Kolbe' dedicato a un altro sacerdote vittima dei nazisti, ha fatto un buon lavoro, attento a non superare i limiti tra commozione, pietà, ammirazione ed enfasi. Misuratissimo interprete nella parte del protagonista Heinz Bennent, spiritato (...), bravissima, come sempre le capita, nella parte di Elisabeth Veenman, l'assistente universitaria di Brandsma, Pamela Villoresi. Il momento più lacerante è quello in cui al sacerdote inviato ormai verso la morte tocca come compagno di viaggio il delatore che ha rovinato lui e tanti altri fedeli. (...), confessando o addirittura inventando una sua colpa." (Oreste Del Buono, "Diario tv", 30 marzo 1988)
"'Le due croci', scritto e diretto da Silvio Maestranzi. (...) Senza fare mai della scoperta agiografia. Badando ai caratteri di tutti, amici e nemici, curando con verosimiglianza le cornici e i climi dell'epoca e, in modo particolare, costruendo con molta attenzione la figura di quel personaggio centrale, umile e indomito ad un tempo, sempre pronto a dare e mai a chiedere, deciso fino all'ultimo a non tacere, anche quando, in cambio del silenzio, gli si propone un luogo di preghiera. Nel ritmo narrativo, forse, ci sono le lentezze abituali dei telefilm italiani, (...) ma riscatta questi scompensi la figura del personaggio centrale che, pur facendosi sempre modesto, riesce a dominare ogni momento dell'azione. Gli dà corpo, del resto, (...) il grande attore tedesco Heinz Bennent (...). Una maschera del dolore, illuminata però da una interiorità straordinaria, con gli splendori dell'intelligenza e della carità fusi insieme con discrezione e con talento". (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 30 marzo 1988)
"Il film di Maestranzi (che fu già autore di 'Padre Kolbe') ha una sua sobrietà di impianto, rifiuta l'enfasi e anche i compiacimenti di orrore. Il ritmo narrativo è abbastanza veloce. (...) Gli ambienti sono credibili (gli esterni furono girati quasi tutti in Olanda). Un contributo espressivo notevole viene recato dal protagonista Heinz Bennent, attore di prestigio in Germania e in Francia (lo ricordiamo nel 'Tamburo di latta' di Schlöndorff e nell''Ultimo metrò' di Truffaut) ma anche, leggiamo, un cattolico che conobbe il campo di concentramento nazista. Da segnalare la gentilezza e la lucentezza partecipe di Pamela Villoresi in Elisabeth; mentre Jacques Breuer, giovane attore austriaco, è un misurato Hardegen. 'Le due croci' (...) è un film TV che potrà avere una capacità di penetrazione e di durata al di là delle stesse immagini, ma dove la scorza delle immagini ha la sua importanza insostituibile di mediazione". (Segio Surchi, "Televisione").