Le cose belle

ITALIA 2013
Il faticoso passaggio all'età adulta raccontato attraverso le storie di Fabio ed Enzo, due ragazzini di dodici anni, e di Adele e Silvana, due quattordicenni, in due momenti fondamentali delle loro esistenze: la prima giovinezza nella Napoli piena di speranza del 1999 e l'inizio dell'età adulta in quella paralizzata di oggi.
SCHEDA FILM

Regia: Agostino Ferrente, Giovanni Piperno

Attori: Enzo della Volpe - Se stesso, Fabio Rippa - Se stesso, Adele Serra - Se stessa, Silvana Sorbetti - Se stessa

Sceneggiatura: Agostino Ferrente, Giovanni Piperno

Fotografia: Giovanni Piperno, Sebastiano Mazzillo - operatore

Musiche: Rocco de Rosa, Canio Loguercio, Alessandro Murzi

Montaggio: Paolo Petrucci, Roberta Cruciani, Alessia Gherardelli - collaborazione, David Tomasini - collaborazione

Suono: Max Gobiet - presa diretta, Daniele Maraniello - presa diretta, Marco Saveriano - presa diretta

Aiuto regia: Sebastiano Mazzillo

Durata: 88

Colore: C

Genere: DOCUMENTARIO

Specifiche tecniche: HD/DVCAM/SUPER 8, DCP

Produzione: ANTONELLA DI NOCERA, AGOSTINO FERRENTE, DONATELLA FRANCUCCI, GIOVANNI PIPERNO PER PIRATA M.C., PARALLELO 41, POINT FILM, CON BIANCA FILM, IPOTESI CINEMA, CON LA COLLABORAZIONE DI: ANANAS, BLUE FILM, FONDAZIONE BIDERI

Distribuzione: ISTITUTO LUCE CINECITTÀ (2014)

Data uscita: 2014-06-26

TRAILER
NOTE
- REALIZZATO CON IL SOSTEGNO DI PASTA GAROFALO; CON IL CONTRIBUTO DI REGIONE CAMPANIA-ASSESSORATO AL TURISMO E AI BENI CULTURALI, FILM COMMISSION REGIONE CAMPANIA.

- PRESENTATO ALLA 9. EDIZIONE DELLE 'GIORNATE DEGLI AUTORI/VENICE DAYS' NELLA SEZIONE 'VENICE NIGHTS' (VENEZIA, 2012).
CRITICA
"Scritto e diretto da Ferrente e Piperno, questo è un documentario infiltrato con la fiction (o viceversa) con quattro personaggi ritrovati da un precedente lavoro, che intanto sono cresciuti e si sono disamorati della vita, il cui peso lordo supera il netto dei valori. Il set è Napoli dal breve Rinascimento al trionfo della monnezza, ma girano in queste storie autentiche speranze e illusioni in un racconto appassionante e non retorico." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 26 giugno 2014)

"Alla base (...), del resto, e quasi come preambolo, c'è un loro documentario del '99, 'Intervista a mia madre', che aveva quattro protagonisti, due ragazze e due ragazzi tra i dodici e i quattordici anni che recitavano se stessi in una Napoli già con i segni di una rinascita in cifre, per chi vi partecipava, di un ottimistico futuro. Dodici anni dopo molte cose sono cambiate, specialmente a Napoli in cui prima si accendevano luci di speranza spente adesso dai miasmi delle immondizie ormai ovunque nelle strade e dai miasmi morali così chiaramente denunciati da 'Gomorra', film e libro. E loro, i quattro, ormai diventati adulti? Certo lottano, certo faticano, perché niente attorno a loro è propizio, però son sempre quelli nei cui occhi si accendevano luci di speranza. I due registi seguendo queste luci, aiutati dal fatto che, a differenza dei film in cui bisogna evidenziare il passare del tempo, qui sono i quattro del documentario preambolo a farla da protagonisti anche quando il seguito si propone come finzione (pur rispettando sempre i dati oggettivi). I due registi, del resto, hanno la loro lunga e feconda esperienza nel documentario e quelle storie, quei personaggi riescono sempre a farli diventare fatti autentici con delle persone vere al centro. Senza mai dimenticare i caratteri dei singoli che più la vicenda procede e più vengono abilmente approfonditi nei climi di una osservazione diretta del quotidiano, anche nel rispetto delle cornici, in esterni e negli interni, di gusto e sapore volutamente realistici. Con l'ausilio, naturalmente, degli interpreti, quelli in primo piano, ma anche quelli di sfondo, con l'aria, molti, di esser stati presi dalla strada, esattamente come nei nostri primi film neorealisti. I nomi di tutti sono elencati nei titoli di coda, i quattro, invece, sia da adolescenti sia da adulti, hanno diritto a un trattamento più privilegiato. Posso dirvene così i nomi più a ragion veduta. Si chiamano Alice Serra e Silvana Sorbetti, le donne, Enzo della Volpe e Fabio Rippa, gli uomini. Forse recitano, ma sembra che, ignorando la macchina da presa, ci vivano lì di fronte. Senza fingere in nessun modo. Coinvolti nel tessuto sonoro delle strade vere di Napoli." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo - Roma', 26 giugno 2014)

"Quando si dice andare controcorrente. Mentre sugli schermi di ogni dimensione trionfano il falso e il fittizio. Mentre la parola 'reality' ormai significa il suo contrario. Mentre perfino i corpi degli attori sono spesso sostituiti da docili avatar digitali, due avventurosi registi italiani fanno un grande film tuffando le mani nella cosiddetta realtà. Con la capacità d'analisi, la potenza di racconto, la raffinatezza stilistica del cinema-cinema. Più il peso e il sapore unici di quella cosa là, appunto: la realtà. Anche se Enzo, Fabio, Adele e Silvana, quattro ragazzini della Napoli più popolare, sono strappati alla vita e inseriti in un progetto di grande ambizione che abbraccia 13 anni. Una parte de 'Le cose belle' viene infatti da un lavoro del '99, 'Intervista a mia madre', in cui Ferrente e Piperno pedinavano con complicità e rispetto totali i sogni, le speranze, l'umorismo, la disperata vitalità dei protagonisti. Mentre oggi tutto è cambiato. La Napoli del 'rinascimento' bassoliniano è invasa da monnezza vera e metaforica, i corpi sono cresciuti, la luce dell'adolescenza è diventata un bagliore intermittente, le 'cose belle' si sono congelate in una distanza siderale. Ma i quattro protagonisti continuano a concedersi con disarmante disponibilità. Senza ombra di voyeurismo o peggio di patetismo, anche se non hanno vite facili, perché Piperno e Ferrente trovano sempre la giusta distanza (...). Ferrente e Piperno sono (...) discreti e soprattutto capaci di scavalcare la cronaca usando luci, musiche, montaggio, colori, per darci uno sguardo sempre interiore sui loro personaggi. Con un gusto, un'inventiva, una capacità di dare e chiedere attenzione rarissimi nel cinema di oggi. Un'occasione davvero unica, insomma, per capire questo paese fuori dai cliché. Purché si tengano occhi, orecchie e cuore ben aperti." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 27 giugno 2014)

"Napoli, 1999, una città in grande fermento. All'abituale vivacità sembra essersi aggiunta finalmente una speranza per il futuro. E lì, in quel momento, Agostino Ferrente e Giovanni Piperno stanno realizzando 'Lettera a mia madre', un documentario per Raitre. Magnifiche figure materne, osservate attraverso i figli. Enzo della Volpe e Fabio Rippa sono i due dodicenni maschi, Adele Serra e Silvana Sorbetti le ragazzine appena più grandi. Si parla, si balla, si sogna. si spera. La loro realtà non è il massimo, ma sono talmente giovani che vivono più di futuro che di presente. (...) Sono passati poco più di dieci anni, è cambiato il millennio, è cambiata la città sono cambiate le aspettative. Ferrente e Piperno sono andati di nuovo a cercare quei quattro ragazzini intervistati, ora giovani adulti. Enzo per un po' ha trovato lavoro vendendo porta a porta contratti telefonici, lui pensa positivo, ma il mondo intorno non è proprio rosa. Fabio è rimasto scosso dalla morte violenta del fratello, non sembra in grado di prendere in mano le redini della sua vita, è disoccupato, prova affiancando Enzo, ma è più lucido e cinico, non sembra disposto a fare sacrifici per pochi spiccioli. E le ragazze? Non è andata molto bene. Figli, lavoretti precari e sogni infranti. Sogni che sono andati a sbattere sul muro che divide la realtà dalle speranze. La disoccupazione, soprattutto giovanile, morde come un cancro una società togliendo ogni energia, la città è come sprofondata nelle viscere di quella Napoli sotterranea speculare a quella di superficie, ma dove la luce non potrà mai arrivare. I nostri quattro giovani fanno parte di un'intera generazione cui è stato sottratto il futuro. Per questo vedere 'Le cose belle' è importante per quanto doloroso, perché significa guardare in faccia la realtà di una città e di un paese incapaci di trovare qualsiasi prospettiva nonostante le sue infinite risorse di creatività, intelligenza, talento. Vite che scivolano via tristemente, vite che fanno male a chi le vive e a chi le guarda a condizione che sia ancora in grado di provare empatia. Il tempo non è galantuomo, è un mariuolo." (Antonello Catacchio, 'Il Manifesto', 27 giugno 2014)