Espulso dall'Accademia Militare colombiana per aver colpito un collega che faceva insinuazioni sull'onestà della madre, Vladimir Oquendo torna al paese per appurare la verità sul duello che coinvolse il padre macellaio col professore Albarracín, stimato insegnante. Ricorda il giorno fatidico in cui il professore annunciò con emozione di doversi battere con il macellaio Oquendo ed i bambini decisero di assoldare un matto, Bobo Masato, per sparare al macellaio qualora questi avesse avuto la meglio. Anche se era stato rinchiuso in casa dalla madre Miriam, Vladimir riuscì ad avvisare l'agente Alegría del duello e del complotto, ma venne ripreso e nuovamente rinchiuso. Dopo aver chiesto invano in municipio gli atti del processo, il sindaco gli ricorda l'amicizia tra i duellanti, entrambi militanti di sinistra e debellatori del fantasma-drago (il parroco padre Troncoso travestito), che terrorizzava i contadini per indurli a svendere i terreni. L'affittuaria Encarnación, segretamente innamorata del macellaio, che l'aveva respinta, afferma che egli saldò i conti, ordinò la bara e la relativa fotografia, si fece confessare e dare l'estrema unzione in anticipo da Padre Troncoso, in cambio di copiose elemosine. All'atto del duello il docente venne insignito di una pergamena dalle sinistre, mentre la locale Confraternita iscrisse nelle sue file il macellaio. Rubiela, "pasionaria" ex amica di Oquendo, ricorda invece il precedente fallito attentato al treno del dittatore: impegnati in una personale tenzone amorosa, lei e Oquendo scordarono di far esplodere la bomba che Albarracin, infuriato, fece brillare in ritardo. Ciò avrebbe causato il duello; ma lei dovette partire e non seppe altro. Miriam ricorda invece le maldicenze perchè lei vendeva erbe e faceva impacchi al professore. Il duello vide i due, in mancanza di una pistola, battersi col machete e poi a mani nude, ignorando di essere oggetto di scommesse e trame politico-religiose. Il loro rappacificarsi spiazzò tutti: oggi sono buoni amici. Malgrado questi tentativi Vladimir non ottiene la verità sul duello neanche dai protagonisti del medesimo.
SCHEDA FILM
Regia: Sergio Cabrera
Attori: Frank Ramírez - Professor Albarracín, Humberto Dorado - Macellaio Oquendo, Florina Lemaitre - Miriam, la moglie di Oquendo, Ángelo Javier Lozano - Vladimir Oquendo, Fausto Cabrera - Padre Troncoso, Vicky Hernández - Encarnación, Fernando Luis Munera - Gustavo Calle, Manuel Pachón - Alcalde, María Fernanda Martínez - Rubiela, Elio Mesa - Il fotografo, Edgardo Román - Il sergente, Antonio Aparicio - Agente Alegría, Julián Román - Franklin Parra, Miguel Ignacio Vanegas - Bobo, Marta Osorio - Suor Margarita, Dario Valdivieso
Soggetto: Frank Ramírez, Humberto Dorado, Jorge Fraga, Jorge Goldenberg, Jasha Gelabert, Sergio Cabrera
Sceneggiatura: Humberto Dorado, Frank Ramírez, Jasha Gelabert, Sergio Cabrera, Jorge Goldenberg, Jorge Fraga
Fotografia: Juan Cristóbal Cobo, José Luis Mederos
Musiche: Gonzalo Sagarmínaga, Juan Márquez, Nicolás Uribe, Germán Arrieta
Montaggio: Sergio Nuti, Justo Vega
Scenografia: Armando Floyd
Costumi: Sandra Kasparone, Helmer Manzano
Effetti: Gilberto Balseiro
Altri titoli:
Eagles Don't Hunt Flies
Durata: 106
Colore: C
Genere: GROTTESCO
Specifiche tecniche: PANORAMICA
Produzione: FOTOGRAMMA LTDA, SANDRO SILVESTRI PER EMME PRODUZIONE, INSTITUTO CUBANO DEL ARTE E INDUSTRIAS CINEMATOGRÁFICOS (ICAIC)
Distribuzione: NEMO DISTRIBUZIONE CINEMATOGRAFICA
CRITICA
"Nella sua ruffiana piacevolezza la commedia grottesca non manca di simpatia, ma non è difficile accorgersi che, nella sua contaminazione tra Pirandello e Marquez, è un prodotto poco genuino, all'insegna di un macchiettismo latinoamericano per l'esportazione". (Morando Morandini, 'Il Giorno', 8 maggio 1995)
"Dunque, la qualità del film è malgrado, sia detto onestamente e con tutta la simpatia che esso merita, la sua necessità ci sfugga è si riassume in questo andamento caustico e pungente ma cordiale. Anche nel trarre la sua conclusione bonaria e facilmente condivisibile: la sola ragione per cui vale la pena vivere è la stessa. Basta di farci fregare dagli imperativi ideologici, portatori di violenza, intolleranza, sterili versamenti di sangue (...)". (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 12 maggio 1995)
"Magari bisogna essere sudamericani per afferrare certi passaggi comici legati alla mimica dei personaggi o certe digressioni grottesche, mentre il versante più metaforico della storia (la verità destinata comunque a restare inafferrabile) stenta un po' a precisarsi nella povertà della messa in scena. Ma è probabile che chi apprezzà 'La strategia della lumaca' si riconoscerà in questa farsa con morale che il quarantaquattrenne Cabrera maneggia senza troppe cadute di tono, specialmente nelle parentesi dedicate al bambino. Che è Angelo Javier Lozano, due occhi all'ingiù che suscitano tenerezza e simpatia anche quando il film fa cilecca". (Michele Anselmi, 'l'Unità', 8 maggio 1995)