Durante l'epoca napoleonica, alla fine dell'Ottocento, i baroni Edoardo e Carlotta si sono ritirati nella loro splendida villa in una grande tenuta della Toscana, dopo essersi sposati in seguito al fortuito incontro in un museo, che li ha ricongiunti dopo anni d'incertezza. Poiché la tenuta va ristrutturata, il barone Edoardo vi invita l'amico architetto Ottone, perché se ne occupi. A sua volta, Carlotta vuole offrire ospitalità alla figlioccia Ottilia, una diciottenne cresciuta in collegio, timida e senza malizia. Le giornate si susseguono serene con dissertazioni sulle "affinità elettive", fenomeno per il quale in natura alcune sostanze si dividono in presenza di elementi estranei per creare successivi accoppiamenti. Sembra che tali "affinità elettive" tendono a verificarsi anche fra gli ospiti della villa: Edoardo avverte di essere attratto dalla grazia di Ottilia, mentre l'architetto ha un'attrazione per l'enigmatica Carlotta, al punto da confondere del tutto le coscienze dei quattro. Durante una notte i due sposi si uniscono pensando ciascuno al proprio segreto oggetto del desiderio. La successiva notizia che Carlotta è rimasta incinta determina un ritorno violento alla realtà e ai doveri di Edoardo che, lacerato dall'angoscia, decide di partecipare alla guerra che si sta svolgendo in Europa al fine di cercarvi la morte: ferito gravemente viene amorevolmente assistito da Ottone. Frattanto, rimaste sole nella villa, Carlotta e Ottilia sono tutte prese dall'importante evento: ricamano corredini, fanno ipotesi sul nome da dare al nascituro. Finché i due uomini s'affrettano a far ritorno alla villa per la nascita del piccolo che, stranamente, ha i capelli rossi come quelli dell'architetto e un neo sul mento come quello di Ottilia. Suggestionati da questo fatto mentre Ottone cerca di dichiarare il suo amore a Carlotta, Edoardo vuole confermare ad Ottilia la sua passione per lei. Successivamente mentre Ottilia si trova in barca con il piccolo neoato l'imbarcazione ondeggia ed il bambino cade nell'acqua e muore. Ottilia, che si considera colpevole di quella morte, decide di vivere appartata nella villa, servita da un'inesperta ragazzina, che l'aiuta involontariamente a morire di fame. Anche Edoardo muore angosciato per la morte di Ottilia. Entrambi vengono sepolti, per disposizione di Carlotta, in un'unica tomba.
SCHEDA FILM
Regia: Paolo Taviani, Vittorio Taviani
Attori: Isabelle Huppert - Carlotta, Jean-Hugues Anglade - Edoardo, Fabrizio Bentivoglio - Ottone, Marie Gillain - Ottilia, Massimo Popolizio - Marchese, Laura Marinoni - Marchesa, Consuelo Ciatti - Governante, Massimo Grigò - Cameriere, Giancarlo Carboni - Medico, Stefania Fuggetta - Agostina, Adelaide Foti - Albergatrice
Soggetto: Johann Wolfgang von Goethe - libro
Sceneggiatura: Paolo Taviani, Vittorio Taviani
Fotografia: Giuseppe Lanci
Musiche: Carlo Crivelli
Montaggio: Roberto Perpignani
Scenografia: Gianni Sbarra
Arredamento: Lorenzo D'Ambrosio
Costumi: Lina Nerli Taviani
Durata: 98
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: PANORAMICA, EASTMANCOLOR
Tratto da: tratto dal romanzo omonimo di Johann Wolfgang Goethe
Produzione: GRAZIA VOLPI PER FILMTRE, GIERRE FILM (ITALIA), JEAN-CLAUDE CECILE PER FLORIDA MOVIES-FRANCE 3 CINEMA (FRANCE), RAI, CANAL +
Distribuzione: FILMAURO (1996) - FILMAURO HOME VIDEO
NOTE
- LA VOCE NARRANTE E' DI GIANCARLO GIANNINI.
- REVISIONE MINISTERO MAGGIO 1996.
CRITICA
"Un film perfetto come 'Le affinità elettive', in cui lo stile di Paolo e Vittorio Taviani si fa tanto coerente, essenziale, depurato d'ogni sovraccarico e ricco di densità poetica da costituire in se stesso la maggiore emozione per lo spettatore, pone un interrogativo. A chi può parlare oggi il gran romanzo scritto da Goethe sessantenne nel 1808-1809, racconto del conflitto tra ragione e passione, progetto e natura, nell'intrecciarsi di due coppie? Magari ai ragazzi, a un loro bisogno di sentimenti autentici, di personaggi incorrotti, di integrità amorosa. Magari ai non giovani che in passato hanno usato come alibi romantico per l'adulterio quel romanzo cruciale come pochi altri per il fatto d'offrire anche una teorizzazione sull'amore sono stati assunti come esemplari che hanno influenzato la vita dei loro lettori. (...) Nella perfezione dello stile, alcune sequenze sono straordinarie: la festa campestre, il dinamismo esatto e ansioso della morte di Ottilia, il procedere parallelo delle bare scoperte con gli amanti giacenti, lo stupendo finale in cui la servetta bambina perduta nel grande paesaggio grida e grida, come un uccello ferito". (Lietta Tornabuoni, 'L'Espresso', 23 maggio 1996)
"Non basterebbe un articolo di 10.000 battute per analizzare i ritocchi, gli spostamenti, le compressioni con cui i Taviani hanno condensato un romanzo di 278 pagine in un film di cento minuti, film che ha l'incalzante progressione di una tragedia di Racine, lo splendore geometrico di un diamante, la raffinatezza cromatica e scenografica di un pittore rococò del '700 combinata col nitore neoclassico e i primi brividi del romanticismo. Pur avendo riequilibrato il peso dei quattro personaggi, laddove, invece, attraverso le pagine del suo diario, Goethe privilegia l'ottica di Ottilia che 'inventa' la morte e realizza il suo amore di là dal reale conoscibile, anche i Taviani non sono sfuggiti al fascino della più giovane del quartetto, colei che Thomas Mann definì 'ondina' e Walter Benjamin leggeva come la personificazione dell'elemento demonico naturale". (Morando Morandini, 'Il Giorno', 25 maggio 1996)
"Nelle 'Affinità elettive' i Taviani assecondano - più che controllarlo come avveniva in altri loro film - lo spazio emotivo dei personaggi che è delimitato dal sentimento amoroso e non tanto da accadimenti storici, qui quasi cancellati. Valorizzato, quasi esaltato, dal paesaggio e dall'ambiente toscano che pare il risultato di secolari attività di distillazione, di purificazione giunti alla quinta essenza, questo spazio si apre all'inizio a un'armonia assoluta, voluta però, ricercata come progetto; poi viene assalito da tremore e turbamento; infine si ricompone quando il fenomeno delle affinità elettive perviene ai suoi esiti ultimi. Qui nelle 'Affinità elettive' è evitato il pericolo - altra volta presente nei Taviani - di uno sguardo distaccato fino a dare l'impressione dell'indifferenza, di un eccesso di bella scrittura. E il film vive, in un'aura però non astratta non premeditata, come fuori dal tempo". (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 24 maggio 1996)