All'alba del XX secolo, in una casa chiusa di Parigi, vive e lavora una donna che a causa di una cicatrice ha il viso deturpato in un perenne sorriso triste. Intorno a lei, lontano dal mondo esterno che nulla sa di ciò che accade dietro la porta del postribolo, le altre ragazze portano avanti le loro esistenze scandite da piccole rivalità, paure, gioie e dolori...
SCHEDA FILM
Regia: Bertrand Bonello
Attori: Hafsia Herzi - Samira, Céline Sallette - Clotilde, Jasmine Trinca - Julie, Adèle Haenel - Léa, Alice Barnole - Madeleine, Iliana Zabeth - Pauline, Noémie Lvovsky - Marie-France, Lou Levy - Judith, Anaïs Thomas, Pauline Jacquard, Maïa Sandoz, Joanna Grudzinska, Esther Garrel, Louis-Do de Lencquesaing, Jacques Nolot, Xavier Beauvois
Sceneggiatura: Bertrand Bonello
Fotografia: Josée Deshaies
Musiche: Bertrand Bonello
Montaggio: Fabrice Rouaud
Scenografia: Alain Guffroy
Costumi: Anaïs Romand
Altri titoli:
L'apollonide (Souvenirs de la maison close)
House of Tolerance
Durata: 122
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: MOVIECAM COMPACT, 35 MM (1:1.85)
Produzione: KRISTINA LARSEN, BERTRAND BONELLO PER LES FILMS DU LENDEMAIN, MY NEW PICTURE, ARTE FRANCE CINEMA
NOTE
- IN CONCORSO AL 64. FESTIVAL DI CANNES (2011).
CRITICA
"I francesi l'hanno sostanzialmente difeso, ma al di là dell'orgoglio nazionale (Bertrand Bonello è il terzo francese in concorso, il più 'nouvelle vague'), c'è poco da apprezzare in questo 'L'Apollonide', vita quotidiana in un bordello parigino a cavallo del 1900. Un bel 'mazzetto di ragazze' (come avrebbe detto Lattuada) ci racconta cosa succede dentro quelle mura: chi muore di sifilide, chi viene sfregiata da un cliente, chi si rifugia nell'oppio, chi sogna il matrimonio. I clienti (a cui presta la sua faccia anche il regista Xavier Beauvois) non sono da meno per povertà di fantasia e miseria morale. Così, fino a un certo punto, pensi di essere di fronte a un'inutile esibizione di gusto porno chic, ma dopo le immagini che chiudono il film (una ragazza del bordello di ieri batte oggi sugli squallidi boulevard delle periferie) capisci che c'è anche un vergognoso disprezzo per le donne." (Paolo Mereghetti, 'Il Corriere della Sera', 17 maggio 2011)
"'L'Apollonide - Souvenirs de la maison close' riesce solo a rimescolare luoghi comuni, trovatine d'autore, insistenze su scene orripilanti degne del peggior regista horror, con tale iattanza, autocompiacimento, disprezzo della logica (wow! che trovata il rock a fine '800), da rovinare irrimediabilmente un film ricco di spunti preziosi anche se non nuovi (sulle case di piacere esiste una letteratura sterminata, ma Bonello deve averla scoperta ieri). Come il rapporto che finiva per legare i clienti alle ragazze, le loro perversioni, le usanze e le regole interne, il gioco di specchi tra i bordelli e la società dell'epoca (...). Un pizzico di umiltà in più e sarebbe stato un bel film. Così invece è un catalogo di banalità chic e di inutili anacronismi. Uno spreco, di talento, di storie e di attrici (fra cui una disinvolta Jasmine Trinca nei panni della ragazza destinata a prendere la sifilide), difficile da perdonare." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 17 maggio 2011)
"Interamente ambientato in un palazzo di prostitute di fine 800 dove si fa esperienza di un modello di schiavitù femminile, dei suoi languori, della violenza, della malattia, dei sogni. Ma alla fine, con un salto temporale alla prostituzione di strada d'oggi, si sente un equivoco richiamo nostalgico ai 'bei tempi' delle case chiuse. Piace molto ai francesi, irrilevante per gli altri." (Silvio Danese, 'Nazione - Carlino - Giorno', 18 maggio 2011)
"Per quanto aiutato da una scenografia sontuosa, 'L'Apollonide' è un film che non dà emozioni: al di là di una trovata cruenta (una ragazza viene sfregiata da un cliente e la cicatrice le disegna un sorriso tragico, stile 'L'uomo che ride' di Victor Hugo), dalle troppe storie non ne esce una interessante: nessuna figura femminile si staglia per contrasto, quelle maschili sono inconsistenti. Il film si chiude con uno scorcio d'attualità, la prostituzione d'oggi, all'aperto, sulle strade di Parigi, e moderna è anche la musica che lo accompagna, un modo come un altro per sottolineare la contemporaneità del soggetto. Per chi non è mai stato sedotto dalla 'mistica del casino', la visione è una perdita di tempo; chi pensa di vedere molte nudità, troverà un film a suo modo casto; chi vorrebbe abbandonarsi a una riflessione sulla condizione femminile, non ricaverà nulla di più di quello che già sa. Nel film c'è anche Jasmine Trinca e fa la sua figura." (Stenio Solinas, 'Il Giornale', 17 maggio 2011)
"Prostitute con lo sguardo perso nel nulla si aggirano stanche nell''Apollonide - Souvenir de la maison close', affresco che il francese Bertrand Bonello ha dedicato alla decadenza delle case chiuse francesi, all'alba del ventesimo secolo. (...) Com'è triste il sesso a Cannes. Ogni volta che se ne parla è una tragedia. Se non si sapesse che il cartellone è frutto di ricercatissime scelte cinefile, verrebbe da pensare che, tra i selezionatori, si annidi più di un convinto fustigatore di costumi." (Fulvia Caprara, 'La Stampa', 17 maggio 2011)
"L'universo 'chiuso' di cui parla il regista francese è quello di una casa di tolleranza, una casa 'chiusa' come venivano chiamate, al centro del suo film intitolato 'L'Apollonide - Souvenirs de la maison close' passato in concorso qui al Festival di Cannes. (...) Questa 'messa in scena' notturna - assistiamo, per esempio, alla vestizione delle ragazze come se fossero attrici che si mettono il costume di scena prima di una recita - contrasta poi però con il mondo che si dischiude dietro le tende e i broccati, un mondo dove le ragazze vivono praticamente da recluse, dedite alle faccende domestiche, alla pulizia personale, alle periodiche visite mediche. Due facce di una stessa medaglia che il regista francese fotografa con un occhio alle cronache proustiane sull'argomento e un altro alla lezione renoiriana soprattutto nei rari esterni dal vago sapore impressionista. Ma il tutto velato e venato da una nota macabra e mortifera." (Andrea Frambrosi, 'L'Eco di Bergamo', 17 maggio 2011)