La vita di Dawn e Peter O'Neil e dei loro quattro figli scorre felice in un quartiere residenziale della periferia australiana. Poi, una notte, tutto cambia drammaticamente: Peter muore in un incidente d'auto causato da un infarto che lo ha colto all'improvviso, lasciando Dawn sola a far fronte al suo lutto e a crescere i loro bambini. L'unico sostegno al dolore di tutti è il senso di protezione che provano all'ombra dell'amato Fico della Baia di Moreton, un imponente albero del loro giardino che da sempre è stato rifugio, luogo di gioco e svago per tutta la famiglia. Soprattutto lo è diventato per la piccola Simone che ogni notte, tra i fruscii delle foglie e dei rami, sente la voce del suo papà e per questo si rifiuta di scendere dall'albero. Ben presto, sotto lo sguardo incredulo dei vicini, la piccola viene raggiunta dalla madre e dai fratelli, ma quando l'albero inizia a crescere invadendo con le sue radici e i suoi rami la casa degli O'Neil, Dawn diventa consapevole che dovrà prendere una decisione che cambierà la loro vita per sempre.
SCHEDA FILM
Regia: Julie Bertucelli
Attori: Charlotte Gainsbourg - Dawn O'Neil, Marton Csokas - George, Morgana Davies - Simone O'Neil, Aden Young - Peter, Penne Hackforth-Jones - Sig.ra Johnson, Christian Byers - Tim, Tom Russell - Lou, Gillian Jones - Vonnie, Arthur Dignam - Zio Jack, Gabriel Gotting - Charlie
Soggetto: Judy Pascoe - romanzo
Fotografia: Nigel Bluck
Musiche: Grégoire Hetzel
Montaggio: François Gédigier
Scenografia: Steven Jones-Evans
Costumi: Joanna Park
Altri titoli:
The Tree
Durata: 99
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: (1:2.35)
Tratto da: romanzo "Our Father Who Art in the Tree" di Judy Pascoe
Produzione: LES FILMS DU POISSON, TAYLOR MEDIA, CENTRE IMAGES, BACKUP FILMS, DORJE FILMS, CANAL+, ARTE FRANCE CINÉMA, WDR, ZDF, SCREEN AUSTRALIA ET PACIFIC FILM AND TELEVISION COMMISSION
Distribuzione: VIDEA-CDE (2011)
Data uscita: 2011-07-08
TRAILER
NOTE
- FILM DI CHIUSURA, FUORI CONCORSO, AL 63 FESTIVAL DI CANNES (2010).
CRITICA
"'A caccia della sospensione dell'incredulità, cercando l'equilibrio con il sovrannaturale e la magia di Peter Weir, 'L'albero' ricade indietro, sradicato e non solo metaforicamente da una storta con troppi bambini in circolazione e una madre, Charlotte Gainsbourg, che da un momento all'altro ti aspetti si scateni nella demoniaca interpretazione dell''Anticristo' di Lars von Trier. 'L'albero' è una cattedrale conficcata nel terreno, sovrastante l'edificio abitato da Dawn (Gainsbourg) e dai suoi quattro figli. (...) La sottile linea che divide la realtà dell'immaginazione qui si dissolve in segni premonitori inconcludenti, in visioni di paesaggi gialli, e in un estenuante menage familiare. L'albero, che la bimba ferocemente protegge, sarà abbattuto da un tornado, fase dell'elaborazione del lutto, inizio di una nuova vita." (Marluccia Ciotta, 'Il Manifesto', 22 maggio 2010)
"Avrà pure toppato qualche film, ma Gainsbourg difficilmente sbaglia regista (Iñarritu, Gondry, Todd Haynes, Chéreau, pure il nostro Crialese: serve altro?) o produttore discografico (i Radiohead e poi Beck, con Iggy Pop a sovrintendere). L'anno scorso, qui a Cannes, vinse il premio come migliore attrice per li suo ruolo choc in 'Antichrist' di Lars von Trier, quest'anno non figura in concorso ma è comunque la protagonista del film di chiusura, 'The Thee' della francese Julie Bertuccelli, ambientato nel Grande Nulla australiano. E felicissima torna al nodo doloroso dell'elaborazione del lutto." (Egle Santolini, 'La Stampa', 22 maggio 2010)
"Un po' a sorpresa, tra tanti film gettati al macero nelle semivuote sale cinematografiche d'estate, arriva sugli schermi 'L'albero' di Julie Bertuccelli con Charlotte Gainsbourg di nuovo alle prese, come nei film di Lars Von Trier, con la forza e i misteri della natura. Ma questa volta non ci sono provocazioni né fenomeni cosmici, bensì un'interessante riflessione sulla vita, la morte, la necessità di rielaborare una perdita." (Alessandra De Luca, 'Avvenire',6 luglio 2011)
"'L'albero', albero della vita in senso molto più letterale che nella pellicola Palma d'oro di Malick, porta la firma della francese Julie Bertuccelli, documentarista che nel 2003 era passata alla fiction con l'apprezzato 'Depuis qu'Otar est parti', basato sull'elaborazione di un lutto proprio come questo suo secondo film ispirato al romanzo dell'australiana Judy Pascoe, 'My Father Who Art in the Tree'. (...) Nonostante molto legato al punto di vista della bambina, il film non chiede allo spettatore di condividerne la visione: sullo schermo l'albero diventa la metafora di un'assenza-presenza, però la connotazione simbolica non prende il sopravvento. La Bertuccelli non cede il passo all'onirico, né scade nel melodramma e i suoi collaboratori si adeguano al registro quieto ed essenziale del racconto: dal musicista minimalista Gregoire Hetzel a Nigel Buck che fotografa l'albero conferendogli una complessa suggestione di creatura vivente senza ricorrere ad artifici. Altrettanto intonati gli interpreti: i bambini (fra cui l'incantevole Morgana Davies) mai bamboleggianti o patetici, il persuasivo neozelandese Marton Csokas, Charlotte Gainsbourg molto a proprio agio nel registro delle emozioni sussurrate. Ecco, il solo rischio di questa sinfonia dai toni delicati può essere l'eccesso di sottotono." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 8 luglio 2011)
"La regista francese Julie Bertucelli si è fatta conoscere qualche anno fa con un buon esordio, 'Da quando Otar è partito'. (...) Ambiente folk e paesaggi immensi. Ma la natura può essere tanto bella quanto maligna, dà e prende, e proprio sotto il grande albero va ad appoggiarsi il pick up del padre colpito da attacco di cuore. In macchina c'è la sua bambina di otto anni che assiste al tragico evento. (...) La natura australiana rapisce fin troppo l'occhio della regista che vi si perde cedendo, anche se involontariamente, a quel che oggi diremmo 'malickiano'. Anche il sospetto di animismo che attraversa questa storia riporta all'altro albero 'malickiano'. Ma queste sono considerazioni ex-post. Quello che manca al film è un gesto di vera originalità Tutto sembra già visto. Noi quella «morte», la morte di un certo cinema, l'abbiamo già metabolizzata." (Dario Zonta, 'L'Unità', 8 luglio 2011)