Campagna inglese, 1865. A 17 anni, Katherine è costretta a un matrimonio senza amore con un uomo di mezza età. Soffocata dalle rigide norme sociali dell'epoca, inizia una relazione clandestina con un giovane stalliere alle dipendenze del marito, ma l'ossessione amorosa la spingerà in una spirale di violenza dalle conseguenze sconvolgenti.
SCHEDA FILM
Regia: William Oldroyd
Attori: Florence Pugh - Katherine, Cosmo Jarvis - Sebastian, Paul Hilton - Alexander, Naomi Ackie - Anna, Christopher Fairbank - Boris, Golda Rosheuvel - Agnes, Anton Palmer - Teddy, Rebecca Manley - Mary, Ian Conningham - Detective Logan, Bill Fellows - Dott. Bourdon, Cliff Burnett - Padre Peter, Joseph Teague - Sergente Reed, David Kirkbride - Edward, Fleur Houdijk - Tessa
Soggetto: Nikolaj Leskov - racconto
Sceneggiatura: Alice Birch
Fotografia: Ari Wegner
Musiche: Dan Jones
Montaggio: Nick Emerson
Scenografia: Jacqueline Abrahams
Costumi: Holly Waddington
Effetti: Daniel Nielsen
Durata: 88
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: DCP
Tratto da: racconto "La Lady Macbeth del distretto di Mcensk" di Nikolaj Leskov
Produzione: SIXTY SIX PICTURES, IFEATURES
Distribuzione: TEODORA FILM (2017)
Data uscita: 2017-06-15
TRAILER
NOTE
- PREMIO SCUOLA HOLDEN PER LA MIGLIOR SCENEGGIATURA AL 34. TORINO FILM FESTIVAL (2016).
CRITICA
"Pregnante esordio quello del teatrante britannico William Oldroyd, che trasferisce nella cornice rurale dell'Inghilterra dell'800 il racconto di Nikolaj Leskov, 'Lady Macbeth' del distretto di Mcensk, già tradotto in opera Urica da Shostakovich. Contrapponendo con una messa in scena essenziale i vasti spazi della brughiera ai costrittivi interni della villa dove la protagonista Katherine (...) conduce una costrittiva esistenza coniugale, Oldroyd sceglie una via di sottrazione narrativa che raffredda le emozioni solo per farle esplodere al momento opportuno in modo pia bruciante. (...) Con rigorosa coerenza formale, Oldroyd la inquadra, quasi fosse un pittore, al centro di una serie di quadri di vita che molto ci dicono e tutto lasciano avvolto in un velo di impenetrabile ambiguità." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 15 giugno 2017)
"Dramma in costume vittoriano per l'esordiente - viene dal teatro - William Oldroyd, che frulla Shakespeare e Henry James, Michael Haneke e Alfred Hitchcock adattando liberamente il romanzo breve di Nikolaj Leskov 'Lady Macbeth' nel distretto di Mcensk con due occhi sull'oggi, al genere e all''empowerment' femminile. Ma nonostante Oldroyd lavori sull'immedesimazione il dispositivo cinematografico ha sempre la meglio sulla realtà, la calligrafia sulla verità, i mezzi cruenti di Katherine sul fine condivisibile di Katherine. Senza appigli umani, senza spunti empatici, amoralità e ambiguità disturbano a metà, e il film un po' si suicida. Nella sua stessa bellezza formale." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 15 giugno 2017)
"Fiaba nera con mix di gotico e romantico d'ambiente rurale vittoriano, dal romanzo di Leskov (ma il finale è diverso). (...) In questo exploit, percorso 'a freddo' nell'eco del Rohmer in costume, siamo chiamati a cogliere una reazione ideale di sesso e delitto. Non è chiaro che cosa vuole dirci sulle ormai note capacità rivoluzionarie del femminismo da combattimento in metafora e fuori di metafora, ma ha il fascino delle ribellioni al terrore con il terrore, tra stanze dell'amore, boschi dell'orrore e il sangue inaccettabile dell'innocenza..." (Silvio Danese, 'Nazione-Carlino-Giorno', 15 giugno 2017)
"Un film che è come un macigno per lo spettatore, colpito ai fianchi, anzi chiuso all'angolo, dalla crudeltà perversa della giovane diciassettenne Katherine, trasformatasi da vittima delle convenzioni maschiliste in apatica e gelida carnefice. (...) Ci sono alcune scene, soprattutto nella parte finale, che spiazzano, disturbano; in particolare, se si è madri. Il merito va tutto alla splendida Florence Pugh, un'attrice britannica dal futuro radioso visto come ha saputo afferrare al volo l'occasione di personificare magnificamente questa indimenticabile Lady Macbeth. Certo, molto si deve al folgorante debutto, in regia, di William Oldroyd, bravissimo a raccontare la parabola di una donna che, pur nel modo sbagliato, vuole affermare a tutti costi la propria indipendenza, sovvertendo, anche con la violenza, un destino apparentemente ineluttabile. Film bello e sconvolgente." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 15 giugno 2017)
"Piacerà a chi ama le grandi storie inglesi ottocentesche collocate nelle cupe brughiere e destinate a sboccare in tragedia. Florence Pugh con la sua faccia di pietra è memorabile come tante eroine che commettono gesti odiosi, ma che non riesci comunque a odiare." (Giorgio Carbone, 'Libero', 15 giugno 2017)
"Ci sono film che assomigliano a una sfida a braccio di ferro tra due contendenti ugualmente muscolosi, come in bilico tra due forze che si oppongono e si intrecciano, completandosi a vicenda. Una aiuta l'altra a stare in equilibrio, prolungando all'infinito l'attesa per chi prenderà il sopravvento sull'altro. Così sembra costruita questa 'Lady Macbeth': la rarefazione e il controllo dell'immagine sembrano voler imprigionare la passione e il dramma che i personaggi vivono in scena. Una sfida tra opposti, dove entrambi - la forma e l'emozione - lottano per prendere il sopravvento sull'altro, sempre provando e mai prevalendo. Così da sfidarsi continuamente, in una gara senza fine, la sola capace di trasmettere allo spettatore la necessaria tensione per vivificare il tema e il suo dipanarsi. Prima regia cinematografica di un regista già affermatosi a teatro, William Oldroyd, il film (sceneggiato da Alice Birch) si vuole una rilettura del racconto di Nikolaj Leskov 'Lady Macbeth di Mcensk', di cui però modifica sostanzialmente collocazione e finale, oltre che la «morale». (...) La regia ce lo racconta con un'economia di mezzi e un controllo espressivo carichi di tensione. La staticità della macchina da presa sembra guidata dall'ineluttabilità della condizione (umana, economica, femminile) che non ammette deroghe (...) la messa in scena di Oldroyd lavora sui contrasti, sulla voglia del desiderio di rompere la gabbia in cui invece la macchina da presa sembra ingegnarsi di rinchiudere Katherine. (...) a metà circa degli 88 minuti di durata del film, (...) il paragone con la sanguinaria lady shakespeariana prende forma. In che forme lo lascio scoprire allo spettatore che probabilmente resterà catturato nello scontro tra la scelta tutta femminile di chi vuole difendere il proprio diritto alla passione e la determinazione di chi è disposta a tutto per raggiungere il proprio scopo. Anche a cancellare ogni tipo di pietà. E sarà proprio qui, quando l'abisso dell'abiezione sembra spalancarsi di fronte alla donna e al suo amante che il regista e la sua sceneggiatrice abbandonano a sorpresa il testo di Leskov per imprimergli una lettura ancora più dura e drammatica, coerente con le regole di classe della borghesia trionfante che andava imponendosi in Inghilterra e nel mondo, l'unica davvero capace di fare della protagonista un'autentica «lady Macbeth»." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 12 giugno 2017)
"Il film è diretto dal giovane regista teatrale inglese William Oldroyd al suo primo lungometraggio, l'idea e la sceneggiatura sono di una commediografa, Alice Birch, che ha dato all'intreccio letterario originale una svolta, cambiando non solo il finale, ma ribaltandone il senso, le ragioni e i torti. 'La Lady Macbeth del distretto di Mcensk' è un breve romanzo del russo Nikolaj Leskov, pubblicato a metà Ottocento, e gli autori del film ne spostano la storia dalla Russia zarista all'Inghilterra classista, severa e desolata di 'Cime tempestose' e di Jane Eyre. 'Lady Macbeth' (...) porta con sé un gelido fascino che incombe irresistibile sullo spettatore: è lei, Lady Macbeth, a illuminare e offuscare tutto il film, interpretata da Florence Pugh, 19 anni, capace di rappresentare ogni emozione attraverso la loro assenza sul suo bel viso adolescente e imperscrutabile, il suo muoversi svelto nel casto abito a crinolina che la imprigiona in un busto forzatamente stringato, la modestia obbligata dall'essere una donna sposata che le fa tenere i capelli stretti a treccia raccolta sulla nuca, la nudità carnosa con cui si appropria del piacere, quando i lunghi capelli liberati ritornano selvaggi. (...) 'Lady Macbeth' sfiora l'horror, è inquietante e il fascino ipnotico a cui è difficile sfuggire deriva anche dal silenzio: dialoghi scarni, nessun commento musicale, la scelta forse snob ma comunque giusta, di non servirsi neppure di una nota dell'opera del compositore russo Dmitrij Sostakovic, ispirata al romanzo di Leskov e dallo stesso titolo, che invece Andrzej Wajda usò ampiamente nel suo 'Siberian Lady Macbeth' di ambientazione rurale, girato in bianco e nero nel 1962." (Natalia Aspesi, 'La Repubblica', 12 giugno 2017)
"(...) esordio-rivelazione in concorso per Torino 34 (...) 'Lady Macbeth', primo film di uno dei talenti del teatro inglese contemporaneo, William Oldroyd (...). Lo spunto viene dalla novella di Nikolaj Leskov (...) trasposto da Alice Birch nell'Inghilterra rurale del 1865, l'anno di pubblicazione dell'originale, fra boschi e brughiere che evocano inevitabilmente Cime tempestose. Anche per la forte carica erotica e passionale della vicenda che fa della protagonista una spietata assassina e insieme un'eroina della libertà e dell'indipendenza femminili. Interpretata dalla potente Florence Pugh, vi so bellissimo e corporatura massiccia di stampo antico (...). Il tutto narrato con inquadrature ampie e decise, totale e benedetta assenza di musica, gusto molto corporale per la vita materiale dell'epoca, il cibo, i busti indossati da Katherine, quel mobilio pesante e pretenzioso che incornicia teatralmente gli eventi e ne è al tempo stesso la posta. Un esordio insolito e potente (...)." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 20 novembre 2016)
"(...) 'Lady Macbeth' è uno di quei prodotti britannici medi che a noi italiani possono provocare solo attacchi di invidia. Regia sapiente, attori pazzeschi, sceneggiatura di ferro, ambientazione suggestiva (le 'highlands' scozzesi). Ottimo esempio di una routine che poi routine non è, la gloriosa tradizione teatrale che fa della Gran Bretagna un'autentica fabbrica di attori e registi di talento. (...) Florence Pugh è inglese. Se la cercate su Google, troverete le foto di una biondina con le trecce, sorridente e simpatica. Vestitela alla foggia dell'Ottocento, scioglietele i capelli e schiaffatele in faccia un grugno perenne, e otterrete la più tremenda assassina del cinema del terzo millennio. William Oldroyd le ha cucito addosso 'Lady Macbeth' compiendo un'operazione culturale estremamente interessante: ha bypassato Shakespeare andando a riprendere un suo illustrissimo emulo, il russo Nikolaj Leskovche ne11865 scrisse il romanzo 'La Lady Macbeth del distretto di Mcensk', poi trasformato in opera lirica da Sostakovic nel 1934; ha riportato la trama del romanzo e dell'opera a casa, nelle brughiere scozzesi, mantenendone però l'ambientazione ottocentesca. (...) La bravura registica di Oldroyd sta tutta nel renderci totalmente partecipi alle sventure della protagonista: stiamo con lei, anche quando compie i crimini più efferati (...). La struttura del film è teatrale, ma l'uso del paesaggio e la sapienza delle ellissi ne fanno un'opera cinematografica al 100 per 100." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 22 novembre 2016)