Yuri Pelagatti è un attore di teatro che, traumatizzato dalla separazione, non riesce più a ricordare le battute in scena. Arturo Merlino è un investigatore squattrinato che vive a casa della vecchia zia vedova. Yuri vuole le prove dell'infedeltà della ex moglie e per questo assume Arturo, convinto che sia un super investigatore, ma che in realtà non ne combina una giusta. I due, per errore entrano in possesso di una misteriosa valigetta che contiene 1 milione di euro. Inizia così per entrambi una serie di guai e avventure rocambolesche...
SCHEDA FILM
Regia: Carlo Verdone
Attori: Carlo Verdone - Arturo Merlino, Antonio Albanese - Yuri Pelagatti, Anna Kasyan - Lena, Francesca Fiume - Giorgia, Clotilde Sabatino - Carla, Virginia Da Brescia - Zia Elide, Federigo Ceci - Avvocato Franciosa, Massimo Popolizio - Uomo elegante
Soggetto: Carlo Verdone, Pasquale Plastino, Massimo Gaudioso
Sceneggiatura: Carlo Verdone, Pasquale Plastino, Massimo Gaudioso
Fotografia: Arnaldo Catinari
Montaggio: Claudio Di Mauro
Scenografia: Giuliano Pannuti
Costumi: Tatiana Romanoff
Durata: 112
Colore: C
Genere: COMMEDIA
Specifiche tecniche: DCP
Produzione: AURELIO DE LAURENTIIS & LUIGI DE LAURENTIIS
Distribuzione: FILMAURO (2016)
Data uscita: 2016-01-28
TRAILER
NOTE
- NASTRI D'ARGENTO 2016: PREMIO 'NINO MANFREDI'A CARLO VERDONE E ANTONIO ALBANESE.
CRITICA
"Il nuovo film di Carlo Verdone (...) rischia di sorprendere i molti fan del comico romano. Non tanto per lo spunto giallo o per la scelta di «dividere» la scena con un altro comico di chiara fama - Antonio Albanese - quanto per la decisione di abbandonare la sua tradizionale galleria di personaggi sconfitti o emarginati (o malinconicamente in attesa della sconfitta e dell'emarginazione) per misurarsi con una commedia che ha proprio nella trama e nell'articolazione del racconto la sua forza maggiore. Non siamo più davanti a puri pretesti narrativi - le vacanze, la convivenza, la famiglia - capaci di esaltare il trasformismo e lo spirito di osservazione socio-psicologico di Verdone, ma piuttosto dentro a un vero meccanismo di genere (quello di una commedia gialla) a cui tutto deve rispondere, dalla definizione dei personaggi alla recitazione. Vien subito da chiedersi perché. Perché Verdone dopo 24 film più o meno simili nella loro struttura (e nella capacità di conquistare i favori del pubblico) abbia deciso di tentare una strada nuova. Non penso per stanchezza «artistica» o per inaridimento della sua capacità di lettura dei vizi e delle manie italiane; piuttosto per l'intuizione che il pubblico italiano si fosse stancato di vecchie strade e vecchi film e desse segni di una progressiva disaffezione dai tipi di commedie che avevano furoreggiato in passato ma che nelle ultime due stagioni cominciavano a mostrare segnali di cedimento. Specie al botteghino. Nasce da qui - m'immagino - l'idea di prendere due personaggi di pari peso e farli interagire all'interno di una sceneggiatura (scritta da Verdone con il complice di sempre Pasquale Plastino e con la new entry Massimo Gaudioso) che ne guidasse le azioni e ne determinasse i comportamenti. (...) Anche il finale sarà una sorpresa inaspettata (con un simpatico «omaggio» all'Eduardo di Marotta e De Sica), in linea con un film che cerca di battere strade nuove, sicuramente per Verdone e in parte anche per il cinema italiano. Come ho già detto qualche volta viene il dubbio che le logiche della sceneggiatura rischino un po' per «ingabbiare» i personaggi, di spingerli verso situazioni dove il Verdone di ieri avrebbe saputo trarre più occasioni di satira (ma la scena nel solarium è decisamente esilarante), eppure alla fine il bilancio del film fa prevalere le note positive. Anche per merito di una coppia che ha saputo trovare un equilibrio raro nel nostro cinema e che sarebbe bello vedere nuovamente all'opera." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 27 gennaio 2016)
"Carlo Verdone e Antonio Albanese insieme. Un'ottima idea, un'intuizione felice. Sono diversi, forse con caratteri opposti, ma anche per questo, reciprocamente si danno tutto quello di cui l'uno e l'altro sono privi, raggiungendo un tipo di comicità che non è priva di niente, sfumature, sottigliezze, note alte o sommesse, sorprese clamorose e perfino, delle coloratissime gag che stemperano un sospetto di malinconia presente qua e là tra le pieghe di una buffa avventura a due cui Verdone, come sceneggiatore e regista, ha posto mano con sapienza e furbizia. Un'avventura che accentua intenzionalmente le disparità dei due personaggi. (...) quella che sembrava una commedia in linea con quel pessimo titolo italiano di un bel film di Truffaut («Dopo tutto è questione di corna»), diventa un thriller con contorno di gangster, di rapimenti e di agguati. In aggiunta, una sorpresa finale in un equilibrio tutto pepe fra la polemica sociale e degli astuti ammiccamenti politici. Il tutto per divertire, con amabilissimi risultati, non solo per quella storia prodiga di occasioni per franche risate, ma per la recitazione dei due, ciascuno per proprio conto intenti non solo ai giochi loro abituali ma anche a gustosissime improvvisazioni quasi l'uno le suggerisse all'altro. Con amichevole rivalità. Non dimentico però il felice incontro in una pagina del film con Giuliano Montaldo e sua moglie Vera: entrambi autentici come persone e come personaggi. Mi auguro di continuare a vederli cosi." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 27 gennaio 2016)
"Sarebbe fin troppo facile ridurre 'L'abbiamo fatta grossa' al duetto Verdone/Albanese: naturalmente i due funzionano benissimo, hanno tempi comici perfettamente coordinati. Verdone si conferma un regista bravissimo e generoso nell'esaltare le qualità dei suoi partner: pensate a Giallini negli ultimi film, o alla Cortellesi di 'Sotto una buona stella'. Ma il nuovo film non è solo un duetto. E', prima di tutto, una sceneggiatura a prova di bomba, che con due attori seri» avrebbe potuto essere un thriller di ottima fattura. Per capire quanto abbiano ben lavorato Verdone e i suoi sceneggiatori (...) guardate la strepitosa scena dell'ospedale, ambiente nel quale l'attore romano dà sempre il meglio di sé (...) un crescendo di sguardi e di rantoli che riassume tutto il film e strappa risate senza che i due mattatori debbano fare quasi nulla. Ha ragione Carlo nel dire che 'L'abbiamo fatta grossa' è «quasi» una favola: a differenza dei film più recenti (soprattutto 'Posti in piedi in Paradiso') lo sguardo sull'attualità è meno acuminato e il gusto per il meccanismo, per la narrazione, prevale. La critica di costume fa capolino nel finale, che (...) ci ha ricordato - nel bene e nel male - quello di 'Una vita difficile' di Dino Risi, quando l'ex partigiano Sordi schiaffeggia il miliardario Claudio Gora: sono quei guizzi che danno soddisfazione in un film ma non risolverebbero nulla nella vita reale, e quindi restano lievemente «appesi» ; ma speriamo che Verdone e Albanese siano d'accordo che il paragone con giganti quali Risi, Sordi e Sonego è implicitamente un grande complimento. C'è nel film un terzo ruolo efficacissimo, che la cantante lirica armena Anna Kasyan interpreta con temperamento e vis comica da fuoriclasse. E c'è un delizioso cameo del regista Giuliano Montaldo e di sua moglie, la produttrice Vera Pescarolo, padroni di un gatto smarrito di nome Benito: molto sportivo, per due vecchi compagni come loro..." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 27 gennaio 2016)
"Verdone ha giocato con il poliziesco già ai tempi de 'I due carabinieri' e 'Il bambino e il poliziotto' mentre non faceva un film in coppia con un altro alpha man da quel 2006 de 'Il mio miglior nemico' quando i produttori Aurelio e Luigi De Laurentiis gli affiancarono l'allora enfant prodige del box office Silvio Muccino. Come vanno questi due ritorni per lui alla commedia criminale e al duetto maschile? Purtroppo le parti più thriller sono leggermente fiacche (molto meglio per Filmauro il risultato raggiunto da 'Natale col boss') e la farsa prende sempre troppo il sopravvento sulla mai credibile possibilità di minaccia. Con Albanese? Bene ma non benissimo. Da una coppia così ti aspetti una goleada e non questo gioco a centrocampo. Si urla un po' troppo (continui cazziatoni del romano al lombardo), c'è qualche parolaccia che da Verdone non ti aspetti (forse frutto del clima goliardico sul set) e si ha la sensazione che i due siano, tutto sommato, più divertiti che divertenti. Non un granché la qualità dello spazio femminile (...), qualche debolezza in sceneggiatura (...) ma una bellissima Roma in esterni (la Piazza Caprera del passaggio dal bianco e nero al colore di 'C'eravamo tanto amati' del maestro Scola già recuperata un anno fa dai Vanzina di 'Torno indietro e cambio vita') e un finale con una marcia in più. Ecco la parte migliore. Non vogliamo svelare troppo ma c'è un finale paradossalmente 'aperto' alla 'Smetto quando voglio', e soprattutto un 'pernacchio' degno di Eduardo ne 'L'oro di Napoli', pregno di significato morale come lo schiaffone di Sordi in 'Una vita difficile' di Risi. Alla fine Yuri e Antonio diventano veri italiani di oggi (prima sembravano troppo macchiette ultraterrene da pochade), indignati dalla peggior classe dirigente del dopoguerra rappresentata da un grande Massimo Popolizio, bello, sporco e cattivo al punto giusto. Il film sembra cominciare proprio in quel momento. E invece, purtroppo, finisce." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 27 gennaio 2016)
"Mentre ci sentiamo sollecitati a farci un sacco di domande dal fatto che quasi nove milioni di italiani in meno di un mese hanno pagato un ingresso per vedere 'Quo vado?' (una cifra enorme), ecco arrivare sugli schermi l'opera numero venticinque di Carlo Verdone. II titolo è 'L'abbiamo fatta grossa'. E i due protagonisti, Carlo stesso e Antonio Albanese (new entry nella variopinta galleria di partner che sempre Verdone ha scelto con curiosità e disponibilità, e questa è una combinazione più audace di altre), si pongono come due ingrigiti ragazzi spaventati ed eccitati dall'averla, appunto, fatta grossa. Come in un'avventura per adolescenti un po' antiquata. Astratta come un gioco senz'altro scopo che il gioco stesso, priva di qualsiasi aggancio a quanto accade realmente intorno. (...) una catena infinita di pasticci e patetiche e ridicole figure dei due. Elementi di novità non ce ne sono. (...) Quello che conta, in uno spirito di continuità e lealtà al proprio affezionato pubblico, è il non esibito o vistoso ma sostanziale lavoro dell'appassionato artigiano che cesella la sua idea comica o umoristica, lima pazientemente situazioni e battute alla ricerca dei ritmi, dei tempi, degli incastri giusti con il profilo e lo stile del co-protagonista. Insomma resta sulla breccia e sfida ogni vero o presunto nuovo." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 28 gennaio 2016)
"Si ride molto, deogratias, anche perché le rispettive debolezze inducono i due antieroi a esibirsi in prove di forza ridicolmente sproporzionate alle qualità concessegli dalla sceneggiatura; inducendo, di conseguenza, Albanese a liberarsi della respingente macchietta di Cetto La Qualunque e a ritrovare la surreale libertà di «Mai dire gol» e il Carlo nazionale a citare con la classe di cui solo lui è capace certi tic e certe pose che migliaia di fan ogni giorno rubano alle ingiurie del tempo grazie a YouTube. Il ritmo del film regge la sua insolita durata e solo in sottofinale si avverte un rallentamento dovuto alla decisione, forse non proprio felice, di integrare la risata con un ghigno, per così dire, antipolitico alla moda. Anche in questo scomodo frangente, però, l'adepto chiuderà volentieri un occhio per la devozione cinefila con cui è ripescata un'indimenticabile sortita del cult «L'oro di Napoli»." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 28 gennaio 2016)
"Curiosamente dal connubio fra due attori comici che hanno sempre mostrato una vocazione alla satira sociale e/o politica, è uscita una commedia che sceglie il puro impegno di lavorare sui personaggi e la storia. Ne consegue che 'L'abbiamo fatta grossa' si avvale di una divertente struttura narrativa; e di due protagonisti ben ritagliati sulle personalità dei loro interpreti. (...) Si avverte qualche debolezza nel copione, ma il film funziona, lo scambio è fluido, gli stili di recitazione si completano. Del resto, per quanto diversi, Verdone e Albanese hanno in comune la poetica ingenuità dei fanciulli (e degli artisti)." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 28 gennaio 2016)
"Piacerà ai fan di Verdone che qui lo ritroveranno in una forma decisamente migliore che nei film precedenti. Ha giocato bene due carte insolite per lui: la commedia d'inseguimento e la partnership con un comico di pari livello (Albanese gioca bene di rimessa)." (Giorgio Carbone , 'Libero', 28 gennaio 2016)
"La Roma umbertina fa da sfondo a questo giallo comico vecchia scuola, affidato alla maestria di Carlo Verdone (...). Gag, battute e risate anti-stress." (Cinzia Romani, 'Il Giornale', 28 gennaio 2016)