LA ZIA DI CARLO

ITALIA 1942
Carlo e Guidobaldo hanno invitato le loro fidanzate in una villa di campagna per festeggiare l'arrivo di una ricchissima zia d'America. Ma la zia all'ultimo momento, protrae la sua venuta e i due giovanotti, anche per placare le ire del severissimo tutore delle ragazze che osteggia il loro matrimonio, inventano una zia nella persona di un loro compiacente amico che si presta al travestimento. Il rigido tutore a cui è stato detto che la zia è ricca a milioni, organizza intorno alla buffa signora una corte spietata e si lascia strappare il consenso per il matrimonio delle sue pupille. Dopo una serie di equivoci e di comiche situazioni, la vicenda si chiude con l'intervento della zia autentica.
SCHEDA FILM

Regia: Alfredo Guarini

Attori: Erminio Macario - Terenzio, Carlo Minello - Carlo, Maurizio D'Ancora - Guidobaldo, Silvana Jachino - Rina, Lori Randi - Dora, Virgilio Riento - Casimiro, Il Tutore, Guglielmo Barnabò - Il Colonnello, Irina Ingris, Giulio Alfieri, Linda Pini - L'Autentica Zia, Lia Corelli - Figlia Del Giardiniere, Carlo Rizzo - Il Maggiordomo, Carlo Moreno, Lucy D'Albert - Lucia Tuberosa

Sceneggiatura: Simeoni, Alfredo Guarini, Riccardo Cassani, Achille Campanile

Fotografia: Enzo Serafin

Musiche: Aston Pagano, Mario Pagano

Scenografia: Arnaldo Foresti

Durata: 66

Genere: COMICO

Tratto da: TRATTO DALLA COMMEDIA "CHARLEY'S AUNT" DI BRANDON THOMAS

Produzione: CINES - CAPITANI FILM

Distribuzione: ENIC

NOTE
TRA GLI INTERPRETI ANCHE LA CONTESSA DI ROBILANT
CRITICA
"[...] è una vecchia farsa che molti anni fa, tra la fine dell'altro secolo e il principio di questo, faceva ridere il pubblico dei nostri teatri nelle recite domenicali. L'altra guerra, cambiando la faccia al mondo, sommerse anche "La zia di Carlo", essa era oramai ben morta. [...] quindi certe riesumazioni si giustificano soltanto quando, chi opera la resurrezione, si proponga un problema di stile. Ma non è il caso di parlare di stile con un protagonista come Macario che, nelle vesti di una vecchia zia sudamericana, fa le stereotipate smorfie solite alla sua attività rivistaiola. [...]". (A. Frateili, "La Tribuna", 15/1/1943).