Amburgo. Issa Karpov, un ragazzo mezzo russo e mezzo ceceno, torturato e quasi esanime, piomba nella comunità islamica della città tedesca per chiedere aiuto e la fortuna del padre russo: è una vittima, un ladro o, ancor peggio, un estremista in vena di distruzione? Nella sua rete di intrighi cadono il banchiere britannico Thomas Brue e la giovane avvocatessa Annabel Richter, determinata a difendere gli indifendibili; ma c'è qualcuno che li osserva: Günther Bachmann, il rude e geniale capo di una piccola organizzazione anti-terrorista con base nella città tedesca, che con l'aiuto dei detective Irna Frey e Max cercherà di mettere insieme tutti i pezzi del puzzle.
SCHEDA FILM
Regia: Anton Corbijn
Attori: Philip Seymour Hoffman - Günther Bachmann, Robin Wright - Martha Sullivan, Rachel McAdams - Annabel Richter, Willem Dafoe - Tommy Brue, Daniel Brühl - Max, Grigoriy Dobrygin - Issa Karpov, Nina Hoss - Irna Frey, Mehdi Dehbi - Jamal, Homayon Ershadi - Dott. Faisal Abdullah, Kostja Ullmann - Rasheed, Vicky Krieps - Niki, Tamer Yigit - Melik, Franz Hartwig - Karl, Max Volkert Martens - Otto Burgdorf, Rainer Bock - Dieter Mohr, Derya Alabora - Leyla Oktay, Martin Wuttke - L'Ammiraglio
Soggetto: John le Carré - romanzo
Sceneggiatura: Andrew Bovell
Fotografia: Benoît Delhomme
Musiche: Herbert Grönemeyer
Montaggio: Claire Simpson
Scenografia: Sebastian T. Krawinkel
Arredamento: Yesim Zolan
Costumi: Nicole Fischnaller
Effetti: Pixomondo
Durata: 121
Colore: C
Genere: THRILLER
Specifiche tecniche: ARRI ALEXA, CODEX ARRIRAW, (2K), D-CINEMA (1:2.35)
Tratto da: romanzo "Yssa il buono" di John le Carré (ed. Mondadori)
Produzione: THE INK FACTORY, AMUSEMENT PARK FILMS, POTBOILER PRODUCTIONS, DEMAREST FILMS, FILM4, SENATOR FILM PRODUKTION
Distribuzione: NOTORIOUS PICTURES
Data uscita: 2014-10-30
TRAILER
NOTE
- EVENTO SPECIALE ALLA IX EDIZIONE DEL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA (2014).
CRITICA
"Chiusura in grande stile con un film ad alto rischio. Portare sullo schermo le Carré non è mai una passeggiata ma il cupo e accurato 'La spia - A Most Wanted Man' di Anton Corbijn (...) era l'ideale per chiudere un Festival altalenante con un omaggio molto applaudito al rimpianto Philip Seymour Hoffman. Qui oltre ogni elogio nei panni di un grigio e inappuntabile spione tedesco che oltre a difendere la sicurezza del mondo tiene alto l'onore di una professione sempre più bieca. In perfetto stile le Carré. La voce roca, il ventre debordante, la sigaretta sempre fra le dita (...). Non era facile comprimere un intrigo e dei personaggi così complessi in due ore o poco più. Ma il regista e fotografo Corbjin, (suo il notevole 'Control') più che su ritmo e tensione punta sulle atmosfere. Costruendo intorno a Hoffman la cornice ideale per esaltare un'interpretazione tutta finezza, profondità e rabbia trattenuta (non per sempre...). le Carré ha dichiarato pubblicamente tutta la sua ammirazione per il lavoro del grande attore. Non era marketing." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 26 ottobre 2014)
"Passano gli anni, cadono i muri, cambiano le ideologie, ma il lavoro della spia non muore mai. Ed è sempre il solito, vecchio, sporco lavoro: non quello elegante e supertecnologico degli agenti con «licenza di uccidere», ma quello metodico e «noioso» degli Smiley, degli uomini così anonimi da «confondersi con la tappezzeria». L'ultima incarnazione cinematografica è quella di Günther Bachmann, agente inglese di stanza in Germania, a cui Philip Seymour Hoffman ha saputo dare quel perfetto mix di determinazione e trasandatezza, lucidità e fallibilità che sanno stamparsi nella memoria. Anche perché, all'origine del film e del personaggio c'è un romanzo di quel genio dello spionaggio letterario che si chiama John le Carré: 'La spia - A Most Wanted Man' è infatti la riduzione di 'Yssa il buono', uscito in Italia nel 2008 per Mondadori. E non è certo il solito elogio postumo per l'attore quello che fa dire che molto del fascino del film è tutto sulle spalle di Hoffman, di un'interpretazione fatta di mezzi toni e mezze tinte, capace di svelare i segreti di un uomo dal nodo allentato della cravatta, l'insoddisfazione che si porta dentro dal poco «amore» per il suo corpo (barba sfatta, peso fuori controllo), la paura di un passo falso dallo sguardo mobilissimo e sornione. Non è solo questione di Metodo, di scuola strasberghiana, è capacità di offrire allo spettatore la porta per entrare dentro un «vissuto» dove i dolori sono più grandi delle gioie, gli errori vincono sulle vittorie e le ferite faticano a rimarginarsi. Probabilmente proprio com'è davvero la vita. (...) Guidato dalla lucidità narrativa di le Carré (e dalla sceneggiatura di Andrew Bovell) il film diretto con corretto professionismo da Anton Corbijn mescola così le piste e gli indizi, usando il meccanismo spionistico per offrirci uno specchio piuttosto veritiero e per niente lusinghiero di quello che si può fare «In nome della legalità» mentre aiuta a far luce su quello che può nascondersi dietro la faccia elegante e rispettabile dell'Occidente. Certo, alla fine qualche passaggio logico meritava di essere approfondito, ma la spia di Seymour Hoffman è di quelle che non si dimenticano, specie di fronte al colpo di scena finale." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 28 ottobre 2014)
"Ennesima prova del felice incontro tra il genio letterario di John le Carré e il cinema. A breve distanza dal precedente capitolo, 'La Talpa' di Thomas Alfredson con un superbo Gary Oldman nei panni di George Smiley, 'La spia - A Most Wanted Man' tratto dal romanzo del 2008 'Yssa il buono' ne conferma le scelte di tono, anche se siamo completamente fuori dai contesti che più hanno dato celebrità al romanziere ed ex agente segreto britannico. (...) I fallimenti del passato pesano come macigni sull'agente dei servizi tedeschi Günther Bachmann. Rigidi principi professionali, sostanziale fedeltà ideologica al compito di 'rendere il mondo migliore' anche con mezzi non ufficiali, umanità sottoposta a prove e pressioni durissime, individuo disperato, solo con i suoi fantasmi, attaccato alla bottiglia, sgualcito negli abiti e nell'anima, privo di qualsiasi consolazione al di là del tenace tentativo di fare un po' di giustizia, quasi sempre a vuoto. Ma il punto è che tutto l'armamentario che conosciamo a memoria è servito con classe, senza una sbavatura, rinunciando a indugiare sulle ovvietà. E grande merito è dell'attore che dà corpo al dolore di Bachmann: Philip Seymour Hoffman, all'ultima interpretazione prima della morte il 2 febbraio di quest'anno, a 47 anni. Sottile, perfezionista, assoluto nell'aderenza al personaggio. Tanto da indurre nella tentazione di non distinguere, quando per esempio - una sigaretta dopo l'altra - lo sentiamo ansimare, tra l'auto-distruzione del ruolo e la sua personale. (...) Alla trama delle mezze verità, dei cammini obliqui, del non sapere di chi fidarsi, contribuiscono le altre figure che Bachmann (il cui solo sostegno è l'assistente interpretata dall'ottima attrice tedesca Nina Hoss) incontra sulla sua strada. La giovane avvocatessa 'radical' Rachel McAdams che assiste Yssa senza capire un accidente della complessità di quanto si muove sotto al suo naso di figlia di papà; il banchiere Willem Dafoe al quale l'avvocatessa si rivolge per conto di Yssa per reclamare l'enorme quanto disprezzata ricchezza oscuramente accumulata dal padre e spedita all'estero; ma soprattutto la spia americana sotto copertura diplomatica Robin Wright, linda e glaciale come il suo personaggio nella serie 'House of Cards', della quale il ruvido e trasandato Bachmann diffida profondamente. Con piena ragione, come insegna il folgorante finale." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 30 ottobre 2014)
"Ambientato nella città di Amburgo, dove Mohammed Atta e i suoi avevano pianificato l'attacco alle Torri, 'A Most Wanted Man' - romanzo (2008) di John le Carré che al pari degli altri suoi sarebbe riduttivo relegare nella pura categoria genere spionistico - getta uno sguardo disincantato e insieme compassionevole sul mondo del controterrorismo dopo l'11 settembre. (...) Il sottile gioco spionistico del libro e i relativi corollari politici sono dignitosamente rispecchiati nell'adattamento dello sceneggiatore australiano Andrew Bovell; e altrettanto dignitosamente il regista olandese Anton Corbijn mette insieme i tasselli del puzzle, tenendo coperto fino all'ultimo il disegno complessivo. Intendiamoci, 'La Spia' non ha l'avvolgente atmosfera e il denso fascino di 'La talpa' di Thomas Alfredson, e tuttavia la presenza di Philip Seymour Hoffman è un vero punto di forza. La sua interpretazione del logorato dolente Bachmann, consapevole di muoversi a cavallo di un invisibile filo fra bene e male che è facile oltrepassare, privo delle certezze adamantine dei colleghi americani, disincantato e però mai cinico, è a misura perfetta di questo tipico anti-eroe della «spionistica commedia umana» di le Carré." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 30 ottobre 2014)
"Virato di verdi e blu acidi, in un'Amburgo triste, fredda, e popolata di immigrati dell'Est, 'La spia - A Most Wanted Man' sarebbe un thriller spionistico di superficie, elegante e inerte, fino a venti minuti prima della fine se non fosse per la presenza di Philip Seymour Hoffman. Accessoriato di numerosi bicchieri di whisky liscio e delle nuvole di fumo delle sigarette che stringe tra le dita come se volesse stritolarle, il suo Gunther Bachmann (...) è subito un personaggio di straordinaria forza e malinconia. Una presenza emblematica della realtà della guerra al terrorismo post 11 settembre che fa da sfondo al romanzo di John le Carrè (...). In quella che rimarrà purtroppo una delle sue ultime interpretazioni (...) l'attore di 'Capote' e 'Boogie Nights', (...) incarna alla perfezione l'indignazione morale che scuote le pagine del libro, il peso di tante decisioni sbagliate, prese dall'Occidente in questi anni, quasi visibile sulle sue spalle. (...) Philip Seymour Hoffman è sempre stato un attore di grandissimo, struggente, dettaglio. Anche Bachman è un po' così - le sue analisi basate sull'osservazione attenta, sulle psicologie, sul rispetto dei «personaggi», sulla volontà di non intervenire in modo troppo distruttivo nelle vite altrui. «Può chiarirci quale sarebbe il vantaggio che trarremo dall'assecondare il suo piano?» gli chiede l'agente americana in uno dei tanti incontri in cui lo stropicciato tedesco è chiaramente in minoranza. «Il mondo diventerebbe un tantino più sicuro», risponde lui. Pausa, prima di aggiungere (con uno dei magnifici sorrisi, stanchi e addolorati, tipici di Hoffman): «Non basta?». Regista di efficacia patinata e impersonale, Corbjin non sembra particolarmente investito nel genere del thriller spionistico. Il suo è un ritmo neutro, persino stracco ogni tanto. E, se non bastassero i titoli dei giornali, persino quattro stagioni di 'Homeland' ci hanno insegnato che l'arrivo, in extremis, della cavalleria non vuol dire che le cose finiscono per il meglio. Anzi. 'La spia - A Most Wanted Man' è un film senza sorprese, che vive però nell'intelligenza e nello spessore della storia, dei personaggi, e degli attori cha danno loro corpo." (Giulia D'Agnolo Vallan, 'Il Manifesto', 30 ottobre 2014)
"(...) adattamento (sì, l'ennesimo) da John le Carré, 'La spia', che passerà alla storia del cinema non per particolari meriti artistici, ma perché è l'ultimo film del compianto Philip Seymour Hoffman, morto lo scorso 2 febbraio. Girato e ambientato ad Amburgo post 9/11, non è 'La talpa', ma vorrebbe: atmosfere intimiste, plot con opportuna sordina, intrecci psicologici e fotografia smortaccina, che fa molto intrigo esistenziale. Ma, appunto, non è importante: i nostri occhi, e i cuori, sono su Hoffman, nel ruolo di 'un uomo completamente assorbito dal proprio lavoro, che non ha grande cura per sé'. Coincidenze? Rimane 'La spia', la spia che amavamo." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 30 ottobre 2014)
"Complicata e avvincente spy story, tratta da le Carré, che viaggia con elegante flemma tra personaggi spesso bifronti. (...) Il film è come una squadra di calcio, magistralmente capitanata dallo stropicciato Seymour Hoffman, che tiene sempre la palla senza mai tirare in porta." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 30 ottobre 2014)
"Storia mozzafiato. E prova struggente, quasi dolente di Hoffman che, incarnando la disillusione e l'amarezza dell'uomo vinto dalla realtà, pare lasciare il suo testamento d'artista incapace di fare i conti con la verità." ('Famiglia Cristiana', 2 novembre 2014)