E' la saga dei due fratelli Avakian, che facendo scelte di vita diverse, preparano due destini tragicamente opposti di vita e di morte, per i loro figli. Il fratello maggiore, Assadour, lascia l'Armenia da ragazzo per andare a studiare medicina a Venezia. Diventa un medico di successo a Padova, si sposa con una nobildonna e ha due figli. Il fratello più tranquillo, Aram, legato alle tradizioni familiari, nella sua farmacia nel villaggio natale in Anatolia, fa conoscere le novità occidentali, ma la sua numerosa famiglia incarna i valori e la cultura del popolo armeno. Dopo molti anni di lontananza, nel 1915 i due fratelli combinano una rimpatriata: Assadour con la famiglia si prepara a tornare in Anatolia con due automobili, carico di doni e di nostalgia. Aram arreda con eleganza la "masseria delle allodole", la villa in campagna, preparando per tutti loro un'accoglienza memorabile. Ma l'incontro con questi familiari italiani non avverrà mai. Si scoprirà più tardi, infatti, che sono stati coinvolti nell'orrendo genocidio perpetrato sugli armeni dai turchi, alleati dei tedeschi, nel corso della prima guerra mondiale.
SCHEDA FILM
Regia: Vittorio Taviani, Paolo Taviani
Attori: Paz Vega - Nunik, Moritz Bleibtreu - Youssuf, Arsinée Khanjian - Armineh, Alessandro Preziosi - Egon, Ángela Molina - Ismene, Mohammad Bakri - Nazim, Tchéky Karyo - Aram, Mariano Rigillo - Assadour, Hristo Shopov - Isman, Hristo Jivkov - Taner, Ubaldo Lo Presti - Kambussian, Yvonne Sciò - Livia, Nicolò Diana - Avetis, Enrica Maria Modugno - Moglie del Colonnello Arkan, André Dussollier - Colonnello Arkan, Stefan Danailov - Presidente del tribunale, Linda Batista - Signora turca
Soggetto: Antonia Arslan - romanzo, Paolo Taviani, Vittorio Taviani
Sceneggiatura: Paolo Taviani, Vittorio Taviani
Fotografia: Giuseppe Lanci
Musiche: Giuliano Taviani
Montaggio: Roberto Perpignani
Scenografia: Andrea Crisanti
Arredamento: Laura Casalini
Costumi: Lina Nerli Taviani
Effetti: Enrico Pieracciani
Altri titoli:
The Lark Farm
La casa de las alondras
Le mas des alouettes
Durata: 122
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: 35 MM
Tratto da: liberamente ispirato al romanzo omonimo di Antonia Arslan
Produzione: GRAZIA VOLPI PER AGER 3, RAI CINEMA, EAGLE PICTURES, NIMAR STUDIO (SOFIA), SAGRERA TV, TVE (MADRID), FLACH FILM, FRANCE 2 CINEMA, CANAL+, 27 FILMS PRODUCTION, ARD DEGETO (PARIGI)
Distribuzione: 01 DISTRIBUTION
Data uscita: 2007-03-23
NOTE
- PRESENTATO COME EVENTO SPECIALE AL 57MO FESTIVAL DI BERLINO (2007).
- FILM REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DI MIBAC.
- CANDIDATO AI NASTRI D'ARGENTO 2007 PER: MIGLIOR SCENOGRAFIA E COSTUMI.
CRITICA
"'La masseria delle allodole' è molto, molto interessante, ricco di meravigliose immagini, recitato da un cast internazionale (i più bravi sono André Dussolier e Mohamed Bakri). E segnato dall'inconfondibile grandioso stile dei Taviani, inasprito dal senso di rivolta verso la persecuzione degli armeni e verso gli assassinii di massa dei giorni nostri." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 14 febbraio 2007)
"Forte, sincero, pietoso: ecco 'La masseria delle allodole', l'atteso film dei fratelli Taviani sul genocidio degli armeni. (...) Nessuna pressione esterna e, alla fine, solo il silenzio con cui i giornalisti in sala hanno accompagnato lo sguardo su questo film dall'argomento forte, scenograficamente calligrafico e teatralmente interpretato. Una pellicola dagli alti additivi di fiction e di pathos che, pur articolandosi anche lungo microcosmi familiari allargati e storie d'amore 'miste', cerca il rimbalzo per arrivare a rappresentare il capitolo tragico di un intero popolo, senza per questo ideologizzarne la memoria, ma senza nemmeno risparmiare qualche crudezza nella messinscena. (...) E allora niente premeditazioni politiche, solo il tentativo di raccontare una verità documentata storicamente per farla riemergere dalla feritoia-tabù in cui era stata inabissata, abbracciando una prospettiva defilata e sentimentale." (Lorenzo Buccella, 'L'Unità', 14 febbraio 2007)
"'La masseria delle allodole' non ha nulla dei film che hanno reso giustamente illustre, anche se spesso contestato, il nome dei Taviani. Inquadrature sempre ravvicinate uso tv; doppiaggio alla meno peggio degli attori non italiani (Tchéky Karyo, Moritz Bleibtreu, Angela Molina, André Dussollier, Paz Vega, Arsine Khanjan) e recitazione enfatica degli altri; provincialismo dei bambini (si sente un 'subbito'); sfondi di cartapesta; inverosimiglianze. Questi sarebbero pessimi requisiti in ogni circostanza, ma sono micidiali quando si pretende di ricostruire, con tanta disinvoltura, un 'genocidio' che i turchi tuttora negano. Comunque, se i prossimi film che si occupano della controversia, avranno la forza drammatica della 'Masseria delle allodole', l'onore di Enver Pascià - considerato il promotore delle stragi di armeni - sarà al sicuro. Coproduzione italo-bulgaro- spagnola, 'La masseria delle allodole' ha da una parte l'impronta anonima dei film per tutti fatti per non piacere a nessuno; dall'altra - specie nell'inizio arcadico - evoca il 'Giardino dei Finzi Contini', che Vittorio De Sica, ormai vecchio, diresse addormentandosi sulla macchina da presa, dopo notti insonni al casinò. Però vinse l'Oscar. Ai fratelli Taviani si può solo fare lo stesso augurio." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 14 febbraio 2007)
"Forse non bisognerebbe cercare di rinchiudere tragedie così grandi, come il massacro degli Armeni, in un film, in una storia: si rischia sempre di dire troppo o troppo poco, di banalizzare o di schematizzare. Succede anche con 'La masseria delle allodole', che i fratelli Taviani hanno tratto dall'omonimo romanzo di Antonia Arslan. Forse per una scelta di stile che guarda soprattutto a una destinazione televisiva di tipo generalista. E che finisce per evidenziare quella mancanza di originalità e rigore che in passato aveva contraddistinto le letture storiche fatte dai due registi. Adottando per questo film il punto di vista del romanzo, che fa vivere il dramma del genocidio attraverso le peripezie della famiglia Avakian, i Taviani scelgono di 'spiegare' per immagini una tragedia epocale, con diverse sfumature di coinvolgimento nelle file turche e contraddittori atteggiamenti in quelle armene, ma finiscono irrimediabilmente per stemperarne la forza emotiva e spettacolare. Solo in una scena la capacità di sintetizzare in un'immagine tanti discorsi torna a farsi ammirare: è quando una madre, che ha partorito un maschio durante la deportazione verso Aleppo, è costretta a chiedere aiuto a un'amica perché le è stato ordinato di uccidere il neonato. Basta quell'inquadratura senza parole per dire l'atrocità del genocidio armeno. Il resto è solo inerte illustrazione." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 14 febbraio 2007)
"Tutti sappiamo o crediamo di sapere molto della Shoah avendo letto al riguardo migliaia di parole e visto montagne di immagini, fisse o in movimento, autentiche o fittizie. Mentre sul massacro degli armeni ma il discorso vale per molte pagine atroci, anche recenti abbiamo quasi sempre nozioni vaghe. Parole, più che immagini. Dati, più che emozioni. In questo senso il film che i fratelli Taviani hanno tratto dal romanzo omonimo di Antonia Arslan, 'La masseria delle allodole', dovrebbe fare finalmente da apripista, per così dire, a una maggior conoscenza del genocidio armeno. Impossibile, dopo averlo visto, dire non sapevamo, non immaginavamo. Nella storia (vera) della famiglia Avakian c'è infatti tutto (o quasi) ciò che occorre sapere. (...) Eppure a questo film sontuosamente ambientato e fotografato manca qualcosa di fondamentale al cinema (un po' meno in tv, che ci sembra la destinazione più naturale dell'opera). E cioè quel sapore di verità che a volte si condensa in un gesto, una voce, uno sguardo, ma che raramente troviamo in questa grande coproduzione europea interpretata da un cast italo-franco-ispano-tedesco cui si aggiunge la armeno-canadese Arsinée Khanjian, moglie e musa di quell'Egoyan che con 'Ararat' raccontò, più che la tragedia degli armeni, la difficoltà del raccontarla." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 15 febbraio 2007)
"Purtroppo il film tende a schematizzare la rilettura storico-sentimentale, un po' sulla scia delle fiction da guardare distrattamente in tv durante la cena domenicale: le tragiche peripezie della famiglia Avakian, corredate dagli svariati atteggiamenti in seno al popolo armeno e dai differenti gradi di coinvolgimento dei turchi «pulitori etnici», riescono solo sporadicamente a centrare l'ambizioso obiettivo artistico. Nonostante l'apprezzabile impegno degli interpreti - tutti dignitosi, con note particolari di merito per Paz Vega, Alessandro Preziosi, Mohammad Bakri, Mariano Rigillo e Christo Jivkov - le sequenze che impongono un segno stilistico forte alla sbrigativa routine (spesso a macchina fissa) degli sfondi e dei dialoghi si contano sulle dita di una mano." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 15 febbraio 2007)