Durante la guerra, Feltre è occupata dai tedeschi. Nel corso di un bombardamento operato da velivoli alleati, un fanciullo, figlio di operai, Giuliano Gabbìa, viene atterrato da cavalieri tedeschi fuggenti, e gravemente ferito agli occhi. All'ospedale constatano che un occhio è perduto e l'altro ha riportato gravi lesioni. Quand'esce dall'ospedale, Giuliano è cieco. Intanto i tedeschi si ritirano: a Feltre giungono truppe americane, i diavoli blu. Un caporale italo-americano, entrato nella chiesa, si accorge che tra i ragazzi del coro ce n'è uno cieco: è Giuliano, del quale gli vien raccontata la storia. Venuto a contatto coi genitori del ragazzo, il caporale fa presente che in America ci sono oculisti di gran valore, che con procedimenti chirurgici nuovi riescono a guarire lesioni anche gravi. Ottenuto il consenso dei genitori, il buon caporale persuade il suo comandante ad ammettere Giuliano nel reggimento come mascotte. In tale qualità, Giuliano viene condotto in America, dove un'ardita operazione gli ridona la vista. Giuliano è festeggiatissimo in America ed ottiene una decorazione, come invalido di guerra. Al suo ritorno a Feltre, viene accolto trionfalmente dai suoi concittadini e dalle autorità.
SCHEDA FILM
Regia: Carlo Alberto Baltieri
Attori: Giuliano Cabbia - Lui Stesso, Nico Pepe - Il Padre, Carlo Lorraine, Otello Seno, Nerio Bernardi, Edith D'Anza, Ivan Miriev, Andreina Paul, Nino Marchesini, Gianni Cavalieri - Lo Scaccino, Fedele Gentile - Lo Zio Prete, Milton H. Button - L'Americano, Dina Sassoli - La Madre, Italia Marchesini, Mario Braga
Soggetto: Mario Braga
Sceneggiatura: Carlo Alberto Baltieri
Scenografia: Giovanni Meyer
Altri titoli:
CABBIA, LA MASCOTTE DEI DIAVOLI BLU
Durata: 80
Genere: GUERRA
Produzione: EUGENIO SIMONETTI E ALDO ROSSI PER RAF
Distribuzione: GDB - REGIONALE
CRITICA
"Crediamo non sia facile trovare un film più mal fatto di questo e più di questo pieno di ingenuità e di inesperienza. [...] E' tempo che il cinema non sia più considerato in Italia come un'attività dilettantistica alla quale chiunque può dedicarsi senza un minimo di preparazione tecnica e di sensibilità artistica". (A. Albertazzi, "Intermezzo", 1/2 gennaio 1949).