La costanza della ragione

ITALIA 1964
Bruno, un giovane educato dalle idee progressiste di Millo (amico di famiglia e segretamente innamorato di Ivana, madre del ragazzo da tempo vedova) aspira ad essere assunto in una grande fabbrica della sua città. Le sue convinzioni estremiste sono però di ostacolo, soprattutto per la sua intransigenza giovanile, risoluto com'è a non scendere a compromessi. L'incontro con Lori, una ragazza di cui egli si innamora profondamente, e la successiva, dolorosa scoperta, alla morte di lei, d'una sua colpevole relazione, spingono Bruno ad una radicale revisione della propria condotta e dei propri convincimenti. Finita l'età dei sentimenti, il giovane comprende che ora la sua vita deve essere guidata dalla ragione. Di conseguenza, accetterà l'aiuto di un sacerdote per ottenere il posto in fabbrica e farà in modo che il suo amico Millo possa esprimere finalmente i suoi sentimenti alla madre Ivana.
SCHEDA FILM

Regia: Pasquale Festa Campanile

Attori: Sami Frey - Bruno, Catherine Deneuve - Lori, Enrico Maria Salerno - Millo, Norma Bengell - Ivana, madre di Bruno, Andrea Checchi - Padre di Lori, Sergio Tofano - Don Bonifazi, Glauco Mauri - Luigi, Valeria Moriconi - Giuditta, Adriana Ambesi

Soggetto: Vasco Pratolini - romanzo

Sceneggiatura: Fabio Carpi, Pasquale Festa Campanile

Fotografia: Ennio Guarnieri

Musiche: Giorgio Zinzi

Montaggio: Ruggero Mastroianni

Scenografia: Pier Luigi Pizzi

Durata: 120

Colore: B/N

Genere: DRAMMATICO

Tratto da: romanzo omonimo di Vasco Pratolini

Produzione: FRANCA (ROMA) - SOCIETE NOUVELLE DE CINEMATOGRAPHIE (PARIS)

Distribuzione: CINERIZ (1965)

CRITICA
"L'estrema difficoltà di tradurre efficacemente in linguaggio cinematografico certe opere letterarie esclusivamente basate sull'indagine psicologica e sul conflitto dei sentimenti, ha fatto sì che anche questo film risulti nel complesso nettamente inferiore all'opera ispiratrice, e per molti versi infelice anche dal punto di vista cinematografico. Soprattutto per il facile ricorso alla voce fuori campo, per la sostanziale oscurità della conclusione e per il troppo frequente impiego del "flash-back". L'interpretazione è insufficiente a sostenere personaggi tanto complessi, e l'ambientazione inadeguata alla suggestiva e precisa atmosfera pratoliniana." ('Segnalazioni cinematografiche', vol. 57, 1965)