Stati Uniti, 1970. Jack è un ingegnere psicopatico con tendenze ossessivo-compulsive. Dopo aver ammazzato una donna che gli aveva chiesto soccorso per strada, si convince di dover continuare a uccidere per raggiungere la perfezione. Ogni suo omicidio deve essere un'opera d'arte, sempre più complessa e ingegnosa. Inizia così una partita a scacchi con la polizia, lunga dodici anni, condotta dal più astuto e spietato omicida seriale.
SCHEDA FILM
Regia: Lars von Trier
Attori: Riley Keough, Jeremy Davies, Uma Thurman - Lady, Matt Dillon - Jack, Ed Speleers - Ed, Siobhan Fallon, Bruno Ganz - Verge, Sofie Gråbøl, David Bailie - S.P., Yoo Ji-tae, Osy Ikhile, Marijana Jankovic - Studentessa, Christian Arnold, Robert G. Slade - Rob, Jerker Fahlstrom, Alice Nordmark - Donna morta, Carina Skenhede - Anziana
Sceneggiatura: Lars von Trier
Fotografia: Manuel Alberto Claro
Montaggio: Molly Malene Stensgård, Jacob Secher Schulsinger
Scenografia: Simone Grau Roney
Effetti: BUF
Durata: 155
Colore: C
Genere: THRILLER DRAMMATICO HORROR
Produzione: LOUISE VESTH PER ZENTROPA ENTERTAINMENTS, CENTRE NATIONAL DU CINÉMA ET DE L'IMAGE, CONCORDE FILMVERLEIH, COPENHAGEN FILM FUND, DANISH FILM INSTITUTE, EURIMAGES, FILM I VÄST. IN COLLABORAZIONE CON DANMARKS RADIO (DR).
Distribuzione: VIDEA (2019)
Data uscita: 2019-02-28
TRAILER
NOTE
- FUORI CONCORSO AL 71. FESTIVAL DI CANNES (2018).
CRITICA
"Presentato con l'abituale aura di provocazione, l'ultimo Von Trier uscirà addirittura in doppia versione nel nostro paese: una censurata doppiata, e una integrale con sottotitoli. Il brivido della violenza come ingrediente in più per i cinefili, come la lingua originale? In realtà, rispetto a molto horror contemporaneo (specie il filone torture porn) il regista danese non osa poi tanto. Il punto è che lo fa da "autore", dichiarandosi arte e parlando anzi d' arte." (Emiliano Morreale, 'La Repubblica', 28 febbraio 2019)
"Nato senza tagliare il cordone ombelicale del disturbo obbligatorio (ma tanti registi mostrano la violenza), 'La casa di Jack' è il definitivo approdo di Lars von Trier alle sue note nevrosi esplicitate in cinque premeditati assassinii senza ragione, per capire se c'è una logica, una filosofia, un'architettura da qualche parte. Sèguito dell''Elemento del crimine', il noir finisce con Virgilio (l'ultima volta di Ganz) nell' inferno rosso fiamma da cui il sadicamente bravo Matt Dillon cerca di fuggire. Paradossalmente il film è da trangugiare astratto come apologo sulla non banalità del Male. Nonostante insista su sangue e cadaveri, meglio tenere un giusto distacco nell'osservare gli incidenti di mr. Sophistication che non riuscirà a coprire il suo universale senso di colpa." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera", 28 febbraio 2019)
"È più un semi-serial killer quel Jack (Matt Dillon) che si aggira per l'America dei 70 e 80. Il protagonista dell'ultimo film di Von Trier racconta le sue gesta a un signore di nome Virgilio (Bruno Ganz, in una delle sue ultime prove). Goffo, ossessivo-compulsivo, disturbato dalle vittime (sembra che lo provochino a farlo), trombone come pochi (parla in continuazione di arte e icone del 900) e per di più idiota visto che alla celebrità della prigione ('Fame' di Bowie e Lennon continuamente in colonna sonora) preferisce inspiegabilmente l'oblio della fine. Più lungo che complesso, piuttosto scherzoso (Dillon lo fa quasi comico), metaforicamente elementare." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 28 febbraio 2019)
"Un racconto in cinque «incidenti», casuali tappe di un percorso omicida sull'arco di 12 anni. Il serial killer è Jack (l'eccellente Matt Dillon), un architetto la cui carriera assassina inizia con un colpo di cric inferto a una rompiscatole (Uma Thurman), il cui volto stravolto gli ispira un paragone con un capolavoro del cubismo. È la prima delle molte provocazioni del film di Lars Von Trier, ma resterebbe una semplice battuta non fosse per la presenza di un invisibile interlocutore. Si chiama Virgi, ed è il poeta Virgilio nel ruolo dantesco di guida dell' oltretomba. Già magistrale interprete del Faust, Bruno Ganz (recitando di sola voce) ne fa una sorta di Mefistofele in grado di controbattere con fine dialettica le teorie di Jack: un narcisista anaffettivo con sindrome ossessivocompulsiva che pensa ci sia un' intrinseca connessione fra Male e Arte. Chiaro che Jack è l' alias di Lars, cineasta/architetto di una pellicola di ispirazione settecentesca, vedi l' opera di De Sade che George Bataille definì «apologia del crimine». (...) Compiaciuto e autocritico, ironico e visionario «la casa di Lars» qualifica questo autore tanto insopportabile quanto grande come l'ultimo dei romantici." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 28 febbraio 2019)
"(...) Qualche cinephile senza speranze di redenzione ha parlato di «ultimo capolavoro di Von Trier». Piacerà in parte, a bocconi, specie se non sarete fuggiti prima delle scene giuste, se vi metterete nell' ordine di idee che è nostro da qualche tempo. Da Lars non ci aspettiamo più il colpo di genio, semmai la genialata (che capita sia pure a intermittenza nelle quasi tre ore di Jack). Lars da tempo non è più regista rispettabile. Non vuole evidentemente esserlo." (Giorgio Carbone, 'Libero', 28 febbraio 2019)