Riyadh. Wadjda ha un grande sogno: poter comprare la bicicletta verde che fa capolino dalla vetrina del negozio di giocattoli davanti al quale passa tutti i giorni; ma alle ragazze è proibito andare in bicicletta e deve escogitare un piano per trovare il denaro necessario a comprarla. L'occasione le viene servita su un piatto d'argento quando viene indetto un concorso in cui i concorrenti devono recitare alcuni capitoli del Corano...
SCHEDA FILM
Regia: Haifaa Al Mansour
Attori: Waad Mohammed - Wadjda, Reem Abdullah - Madre, Abdullrahman Al Gohani - Abdullah, Ahd Kamel - Hussa, Sultan Al Assaf - Padre
Sceneggiatura: Haifaa Al Mansour
Fotografia: Lutz Reitemeier
Musiche: Max Richter
Montaggio: Andreas Wodraschke
Scenografia: Thomas Molt
Costumi: Peter Pohl
Durata: 97
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: DIGITAL
Produzione: RAZOR FILM IN COPRODUZIONE CON HIGH LOOK GROUP E ROTANA STUDIOS IN COOPERAZIONE CON<br> NORDDEUTSCHER RUNDFUNK E BAYERISCHER RUNDFUNK
Distribuzione: ACADEMY TWO
Data uscita: 2012-12-06
TRAILER
NOTE
- REALIZZATO CON IL SUPPORTO DI FILMFÖRDERUNGSANSTALT, MITTELDEUTSCHE MEDIENFÖRDERUNG, MEDIENBOARD BERLIN-BRANDENBURG, INVESTITIONSBANK DES LANDES BRANDENBURG, SUNDANCE INSTITUTE FEATURE FILM PROGRAM, DORIS DUKE FOUNDATION FOR ISLAMIC ART PRODOTTO IN COOPERAZIONE CON DUBAI ENTERTAINMENT AND MEDIA ORGANIZATION E ENJAAZ, A DUBAI FILM MARKET INITIATIVE SVILUPPATO COL SUPPORTO DI RAWI SCREENWRITERS LAB, ABU DHABI FILM COMMISSION, HUBERT BALS FUND.
- PREMIO CICAE, PREMIO CINEMAVVENIRE COME MIGLIOR FILM-IL CERCHIO NON È ROTONDO (CINEMA PER LA PACE E LA RICCHEZZA DELLE DIVERSITÀ) E INTERFILM AWARD FOR PROMOTING INTERRELIGIOUS DIALOGUE ALLA 69. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2012) NELLA SEZIONE 'ORIZZONTI'.
- PRESENTATO AL 30. TORINO FILM FESTIVAL (2012) NELLA SEZIONE 'TORINO FILMLAB'.
CRITICA
"Wadjda ha dieci anni e vive alla periferia di Riyadh, capitale dell'Arabia Saudita. Un tantino ribelle, la bambina non si sottomette all'amichetto Abdullah, col quale gioca dopo la scuola: per stargli alla pari, anzi, decide di procurarsi una bella bicicletta verde con cui batterlo in velocità. Sua madre, però, è contraria: perché nel loro Paese anche una bici, in mano a una creatura di sesso femminile, è avvertita come un minaccioso sintomo di emancipazione. Allora Wadjda decide che si procurerà da sola i mezzi necessari; ma l'unica via sembra vincere una gara di Corano che mette in palio un premio in denaro. Anche essere donna e regista, come Haifaa Al-Mansour, è una trasgressione nella sua terra; e soprattutto in un Paese che non ha sale cinematografiche. Dal neorealismo di 'Ladri di biciclette' al cinese 'Le biciclette di Pechino', e oggi con 'La bicicletta verde', le due ruote assumono un valore simbolico per raccontare un'epoca attraverso una storia privata. Haifaa possiede un acuto senso dell'osservazione e lo mette al servizio di un film da osservare nei dettagli." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 6 dicembre 2012)
"Wadjda ha un sogno: comparsi la bicicletta che vede tutti i giorni tornando a casa da scuola, e sfrecciare per le strade della città più veloce del ragazzino amico del cuore. Sembra una cosa semplice, eppure per lei non lo è. Infatti Wadjda (la bravissima Waad Mohammed) vive in Arabia Saudita dove per le donne tra le tante cose è vietato anche andare in bicicletta. Wadjda ha conquistato il pubblico dell'ultima Mostra di Venezia, dove era nella sezione Orizzonti, arrivato come il primo film di una regista donna in Arabia Saudita, Haifaa Al Mansour prodotto senza alcun supporto nonostante i sempre più frequenti investimenti culturali dei grandi capitali arabi. Ma forse la storia era poco nei canoni ammessi, anche se poi Haifaa Al Mansour non è mai aggressiva, e nemmeno giudicante, ma avvicina i diversi aspetti dell'universo femminile. Con una narrazione semplice, in cui gli schematismi occidentali rispetto al soggetto lasciano il posto a uno sguardo amoroso, una empatia coi personaggi, e con gli interpreti (stupenda anche Reem Abdullah che è la madre), anche quelli meno «positivi». Il titolo italiano, 'La bicicletta verde', ci porta subito a pensare ai 'Ladri di biciclette' di De Sica, il riferimento non è nemmeno troppo casuale. Haifaa Al Mansour sembra, infatti, guardare alla lezione del cinema iraniano di Kiarostami che, a sua volta, ha sempre dichiarato nei suoi primi film un debito col neorealismo italiano, nella scelta di mettere al centro i ragazzini che diventano la voce, e il racconto, dei conflitti e anche di una possibile ribellione." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 6 dicembre 2012)
"Considerate le gravi forme di discriminazione alle quali è soggetta la donna nei paesi arabi wahabiti, un film girato a Riyadh a firma di una regista del gentil sesso è già di per sé una notizia; se poi aggiungiamo che si tratta di una piccola storia di emancipazione femminile, l'interesse aumenta. E, tuttavia, ancor più importante è che la saudita Haifaa Al Mansour abbia esordito (grazie anche al Torino Film Lab tra l'altro) con una commedia assai graziosa e accattivante. (...) In una chiave di denuncia improntata ad affettuosità verso le protagoniste piuttosto che ad accesi toni polemici, il film scorre con piglio fresco e vivace e la deliziosa Waad Mohammed si dimostra un vero talento naturale." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 6 dicembre 2012)
"A Venezia 2012 e stato un po' il caso del festival, passato nella sezione Orizzonti. 'La bicicletta verde', infatti, oltre che un piccolo grande film è anche una sorta di manifesto contro l'oppressione delle donne, tanto da aver ottenuto il sostegno di Amnesty International. Si tratta, infatti, della prima pellicola girata da una regista in Arabia Saudita, paese dove le donne non hanno diritto al voto, né alla patente e dove persino il cinema è bandito: le sale sono proibite ed i film si vedono solo a casa. (...) Attraverso una solida sceneggiatura il film ci accompagna, quasi in modo documentaristico, attraverso le vite quotidiane di madre e figlia, mostrandone le difficoltà e gli impedimenti, senza mai cadere nel didascalico o nella denuncia retorica. Assistiamo così alle continue discussioni della madre con l'autista: non potendo portare la macchina, come ogni donna saudita, anche lei è obbligata ad avere qualcuno che l'accompagni sul posto di lavoro, molto lontano da casa. E non è che un esempio del regime di segregazione vissuto dalle donne. Wadjda, però, a tutto questo non ci sta." (Gabriella Gallozzi, 'L'Unità', 6 dicembre 2012)
"Dagli schermi di Venezia arriva (...) 'La bicicletta verde' diretto dalla prima donna regista in Arabia Saudita, Haifaa Al Mansour. La storia è quella di una ragazzina che, decisa ad acquistare una bicicletta per gareggiare con un suo coetaneo, diventa simbolo della speranza di cambiamento di una società dove alle donne è vietata persino la visibilità."(Alessandra De Luca, 'Avvenire', 6 dicembre 2012)
"Wadjda ha 10 anni e uno sogno nel cassetto: la magnifica bicicletta verde del negozio accanto per gareggiare coll'amico coetaneo Abdullah. Peccato le sia vietato, essendo una cittadina dell'Arabia Saudita che, oggi come allora, mantiene la condizione femminile a un livello di segregazione e sudditanza. Il 'fuoco sacro' della bambina però non conosce ostacoli né regole, portandola diritta al suo obiettivo, con la sorprendente complicità della madre. Presentata a Venezia 2012 in Orizzonti, la delicata e divertente 'commedia-in-favola' 'La bicicletta verde' sarà ricordata quale il primo film diretto da una donna saudita. Qualcosa di straordinario, se si pensa che tuttora in Arabia è vietato frequentare le sale cinematografiche. Va detto che la regista è straniera di formazione (Egitto, Australia) ovvero dotata di uno sguardo 'emancipato' sia nel cine-linguaggio, sia nelle tematiche. Oggi Haifaa Al Mansour è tornata a risiedere a Riyadh, ostinata come la sua giovane protagonista a immaginare un futuro migliore per le sue concittadine. Da non perdere. (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 6 dicembre 2012)