Un'antologia western che segue sei racconti incentrati su un uomo di nome Buster Scruggs.
SCHEDA FILM
Regia: Ethan Coen, Joel Coen
Attori: Bill Heck - Billy Knapp, Aesop Aquarian - Old Pioneer, Charles Ash - barista, E.E. Bell - pianista del Saloon, Katy Bodenhamer - mungitrice, Brian Brown - ciclista, Richard Bucher - uomo, Jackamoe Buzzell - altro uomo, Tyne Daly - Daly, Tim Dezarn - uomo arrabbiato, Sam Dillon - giovane uomo, Ethan Dubin - Matt, Stephen R. Estler - giocatore, Bill Foster - uomo nel Saloon, James Franco, Ralph Ineson - uomo in nero, Zoe Kazan, Tyne Daly, Tim Blake Nelson - Buster Scruggs
Soggetto: Joel Coen, Ethan Coen
Sceneggiatura: Ethan Coen, Joel Coen
Fotografia: Bruno Delbonnel
Scenografia: Jess Gonchor
Arredamento: Nancy Haigh
Costumi: Mary Zophres
Effetti: Michael Huber
Suono: Peter F. Kurland, Greg Orloff - missaggio
Durata: 132
Colore: C
Genere: MINISERIE TV
Specifiche tecniche: ARRI ALEXA
Produzione: ANNAPURNA TELEVISION, MIKE ZOSS PRODUCTIONS
Distribuzione: NETFLIX
Data uscita: 2018-11-16
NOTE
- TRA I PRODUTTORI ESECUTIVI: ETHAN COEN, JOEL COEN.
- PREMIO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA ALLA 75. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2018).
- CANDIDATO ALL'OSCAR 2019 COME SCENEGGIATURA NON ORIGINALE, MIGLIORI COSTUMI, CANZONE ORIGINALE ("WHEN A COWBOY TRADES HIS SPURS FOR WINGS").
CRITICA
"Sei variazioni su stereotipi del west, comiche e cruente, che riportano un po' all'atmosfera dei primi giochi postmoderni della coppia, negli anni 80 (Arizona Junior', 'Blood Simple'), ma tornano anche all'ossessione per la frontiera, per l'Ovest e il Sud, di film come 'II Grinta' o Non è un paese per vecchi'. E anche se si può intravedere il gusto per le parabole di tradizione ebraiche (il prologo di 'A Simple Man', con la storia del dybbuk), il modello che i fratelli hanno in mente è la tradizione di narrativa breve sul West che va da Bret Harte a O. Henry, e soprattutto l'umorismo nero di Ambrose Bierce, autore di memorabili racconti western e sulla guerra di Secessione, e di un Dizionario del diavolo fatto di definizioni paradossali (...). Sullo sfondo c'è il grande tema dei Coen, la stupidità e l'insensatezza del mondo, e dell'America fin dalla sua fondazione; ma nel complesso si tratta di un film dichiaratamente minore, un puro divertimento, che ancora una volta smitizza il West, senza le ambizioni smisurate degli ultimi film di Quentin Tarantino. Inevitabilmente, il risultato è discontinuo: se in alcuni casi va poco più in là della barzelletta, e in un paio delude decisamente (l'ultimo episodio, purtroppo, che pure ricorda certi film fantastici inglesi con Christopher Lee e Peter Cushing), in un paio di occasioni ha invece la mano decisamente felice: l'elegia del cercatore d'oro, minuziosamente seguita, e soprattutto il lungo viaggio di Zoe Kazan verso un futuro incerto, la sua storia d'amore e il suo beffardo destino." (Emiliano Morreale, 'La Repubblica', 1 settembre 2018)
"(...) puro gioiello americano: sei episodi ispirate alle pagine di un vecchio libro illustrato di storie della prateria, recitati da un ottimo cast e illuminati dalla limpida fotografia di Bruno Delbonnel. Approcciando nuovamente (dopo «Il grinta») il western, i Coen lo giocano stavolta in chiave di paro dia: non la parodia un po' cialtrona di certi italici «spaghetti», ma una parodia raffinata che lavora sui codici del genere dall'interno e trasuda di affettuosità. Si capisce che i due fratelli amano quell'epopea, e la affabulano con quel gusto del racconto infinito e quella vena di metafisico umorismo tipici della cultura ebraica e del loro grande cinema." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 1 settembre 2018)
"Meno convincenti (...) i fratelli Coen con 'The Ballad of Buster Scruggs' (...), sei episodi di vita western dove l'acida spensieratezza dei due registi fa i conti con l'ombra della morte che plana con maggior o minor peso su tutte le storie. Nessuno mette in discussione l'intelligenza e la cultura cinefila, sparse a piene mani su questi non eroi relegati ai margini del mito (...) ma il divertimento si ferma nelle intenzioni e non trova mai la forza delle loro opere migliori." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 1 settembre 2018)
"Sei episodi, provenienti da storie scritte nell'arco di 25 anni, assemblati assecondando 'l'istinto, senza intenzioni postmoderne', con una 'progressione dalla commedia alla cupezza': i migliori sono i primi, secchi e divertenti, con Tim Blake Nelson nei panni dell'eponimo cowboy canterino e Franco rapinatore sfortunato, mentre quello con il cercatore d'oro Tom Waits e gli ultimi due corali in carovana e diligenza hanno più tempo ma meno fiato, meno idee e più maniera." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 1 settembre 2018)
"Cow boy canterini e sparatorie nei saloon, assalti di comanches e carovane di pionieri, immense praterie e cercatori d'oro, assalti alla banca e corde per impiccati. Non manca proprio nulla di tutto l'immaginario classico western nel debutto televisivo dei fratelli Joel e Ethan Coen che hanno scritto e girato per Netflix 'La ballata di Buster Cluggs' un film in sei episodi che reinterpreta l'epopea della Frontiera. I due originali registi hanno ceduto ai tempi che cambiano e al budget del colosso della web tv, ma con l'onore delle anni. Ovvero con una pellicola che è un grande omaggio alla storia del cinema, con citazioni più che esplicite degli amati spaghetti western di Sergio Leone (con echi di Morricone) e dei grandi classici di John Ford. (...) I due fratelli avevano il progetto nel cassetto da 25 anni, a tanto risale la scrittura del primo episodio (...). Che i sei racconti, che si dipanano come capitoli di un vecchio libro illustrato, siano stati scritti in momenti differenti si capisce dalle tinte sempre più scure del lavoro. Che si apre con i toni beffardi e surreali tipici dei fratelli Coen nei primi anni 90 (...). Tutte le storie, estremamente ben fotografate nei paesaggi iconici dalla Monument Valley alle Montagne rocciose, lasciano una inquietudine di fondo. E se ancora qualche amara risata la strappa il rapinatore di banche scalognato James Franco, vale il film il toccante episodio successivo dell'impresario Liam Neeson (...). Centrata poi l'amarezza tutta contemporanea nell'episodio del tignoso vecchio cercatore d'oro (sorprendente il cantautore Tom Waits) e nel finale che cita 'Ombre rosse' con cinque sconosciuti che, su una diligenza che corre a perdifiato come le nostre esistenze nel cuore della notte, dialogano sul senso della vita e, soprattutto, della morte." (Angela Calvini, 'Avvenire', 1 settembre 2018)
"(...) ironico Spoon River nel mito della frontiera e nel west di fondali, canyon, indiani e carovane dei set western, dal classico John Ford al western spaghetti, da Sergio Leone (...) a Bud Spencer e Terence Hill (...). Figure leggendarie e fantasie. Colt, duelli, partite a carte, saloon, sogni, imbrogli. Freaks sbattuti su quattro tavole di un palcoscenico improvvisato per guadagnare qualche dollaro, la caccia all'oro, la wilderness perduta. E quel destino che nelle ballate è sempre «cinico e baro» e che si pianta come una pallottola in mezzo agli occhi. (...) Sei episodi (...) in cui si declinano diverse sfumature di una commedia fino al tocco gotico sempre senza lasciare ai personaggi alcuno scampo. Non sfuggono a ciò che li aspetta, inatteso e feroce appena tirano un sospiro di sollievo, quel destino li acciuffa implacabile con una corda al collo o un colpo di pistola fuori posto. Un rapinatore maldestro (James Franco), una ragazza in viaggio con la carovana (fordiana) - è Zoe Kazan, stupenda - un cercatore d'oro nella Valle dell'Eden che somiglia a una scena in Virtual Reality, una carrozza misteriosa in corsa verso una destinazione ignota, reinventano l'epopea nell'universo poetico molto nero dei due fratelli, che si divertono a unire riferimenti e citazioni con dosaggio perfetto. Risata, sorpresa, beffa: il west (e il western) dei Coen è attraversato dalla malinconia di quando tutte le storie sono già state raccontate (c'è solo un pugno di storie...) si può soltanto scompigliarne il corso, divertirsi a spostare i frammenti per tradire l'«happy end». Ci voleva la loro intelligenza - e quel gusto di decostruire i generi - per affrontare la sfida. Nel tempo straniato del loro racconto quel paesaggio così familiare diviene altro, quasi lo vedessimo per la prima volta come quando si leggono le fiabe nella versione non addomesticata, con la dolcezza cupa delle ballate perdute." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 1 settembre 2018)
"Viaggiando tra i generi, anche i Coen sono arrivati al western. E lo hanno fatto alla loro maniera, ironica, irridente, grottesca, divertente. «The ballad of Buster Scruggs» (...) è un film pieno di citazioni e un omaggio dichiarato al cinema a episodi degli anni Settanta, di cui gli italiani sono stati maestri. E infatti con l'immortale Sergio Leone i fratelli Ethan e Joel, che fanno tutto all'unisono, citano le commedie sexy che si giravano a Cinecittà e un caposaldo come «Boccaccio 70», firmato, tra Fellini e Monicelli, anche dall'amatissimo Visconti. Film antologico, dunque, ispirato a sei racconti scritti dai due nell'arco di venticinque anni e ripescati per l'occasione in un'unica sceneggiatura finanziata da Netflix (...). Temi e atmosfere diverse, tante risate e applausi finali. Sullo schermo si susseguono spazi iconici e situazioni da manuale: carovane nelle praterie, assalti degli indiani pellerossa, impiccati in bilico su un cavallo, carrozze dirette verso il nulla, cercatori d'oro e carri di Tespi dove una gallina vale più di un uomo, di un troncone d'uomo, però coltissimo. Il tutto rivisitato con lo humour graffiante e noir dei fratelli registi ed esaltato da un gruppo di attori bravissimi, da James Franco a Liam Neeson, da Tom Waits a Tim Blake." (Titta Fiore, 'Il Mattino', 1 settembre 2018)
"È tutto perfetto perché è tutto frutto di quei due fenomeni di Joel ed Ethan Coen, capaci di prendere cliché come saloon, duelli, ricercati e indiani per riproporceli dentro i più svariati generi, dalla commedia grottesca fino all'epilogo quasi horror. Difficile scegliere il meglio tra tutta questa meraviglia ma ci siamo innamorati di quell'attore senza braccia e senza gambe che osserva implorante, senza parole, l'impresario interpretato da Liam Neeson quando sospetta che il padrone lo voglia sostituire con un «cappone calcolatore». Domina la consueta visione della vita comicamente disperata dei sofisticati fratelli pluripremiati (...) anche se ogni tanto spunta quasi un possibile lieto fine. Ultraterreno e non. Poteva durare dodici ore e avremmo continuato a ballare con Joel e Ethan. Geni assoluti della settima arte." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 1 settembre 2018)
"(...) è una sorta di antologia del genere: c'è il cowboy cantante e quello in stile «spaghetti», il predicatore-attore ambulante e il cercatore d'oro, la diligenza e le carovane, la prateria e le montagne. (...) Ogni singola storia rimanda in qualche modo alle altre, demistificando all'inizio, il pistolero troppo sicuro di sé, il rapinatore troppo stupido, per poi rientrare sempre più nello spirito della frontiera, anime semplici, natura selvaggia, violenza subita e violenza amministrata... L'impressione è che la parcellizzazione in sei storie sia più il frutto di un'idea di serie televisiva poi abbandonata in fase di lavorazione, ma i fratelli Coen la respingono seccamente. (...) Interpretato da attori come James Franco, Tim Blake Nelson, Liam Neeson, Tom Waits, 'The Ballad of Buster Scruggs' si avvale di alcuni dei tic autoriali tipici dei Coen, l'humour nero e/o macabro, l'effetto sorpresa a cui si aggiungono il gusto sicuro dell'inquadratura, la purezza della luce e del suono. Eppure, proprio la struttura a episodi dà come l'idea di non averci creduto fin dall'inizio, una sorta di fondi di magazzino rimessi insieme per l'occasione e rilucidati con cura. Realizzato interamente in digitale, il più lungo sinora dei loro film, (132 minuti), 'The Ballad of Buster Scruggs' ha alcuni dei tratti demitizzanti del precedente 'Il Grinta', senza però averne la potenza. Divertissement che piacerà ai fedelissimi dei Coen, è uno di quei film che poco aggiungono alla loro più che onorevole carriera. Resta sul tappeto il tema se il western, come genere, abbia ancora qualcosa da dire, di là dal suo essere comunque praticato. Ma è un tema che ha come punto di partenza il prenderlo comunque sul serio o, all'opposto, il contestarne l'essenza alla radice. L'impressione è che i Coen siano rimasti ad abbeverarsi in mezzo al guado. Né 'Gli spietati', né 'Mezzogiorno e mezzo di fuoco'... Quello che resta, insomma, è l'impressione di una frammentazione estrema, un qualcosa cioè che è in contraddizione con la linearità del western in quanto tale, genere che ha una sua logica e una sua ragion d'essere tutta particolare. Girarci intorno, crederci e non crederci, irriderla, alla fine non porta da nessuna parte e i fratelli Coen dovrebbero essere i primi a sapere che quando si smonta un giocattolo, spesso nel rimontarlo non tutti i pezzi si incastrano e quello che vien fuori è il moncherino di ciò che c'era prima." (Stenio Solinas, 'Il Giornale', 1 settembre 2018)
"(...) rivisitazione del mito secondo i fratelli Coen, antologia di ladri di banca, cercatori d'oro, cacciatori di taglie, indiani, epopea e humour nero in sei episodi, alcuni complessi e di ampio respiro da meritare un film intero (...). Pieno di invenzioni inaspettate e di almeno uno sguardo feroce alla stupidità dello show business (...). Attuale, ma molto carico, alla fine si esce stanchi ma felici." (Silvio Danese, 'Nazione-Carlino-Giorno', 1 settembre 2018)
"Sarcastico e ironico, ma anche cupo e violento. Insomma, un film proprio nello stile di Ethan e Joel Coen (...)." (Giulia Bianconi, 'Il Tempo', 1 settembre 2018)