A 81 anni, Jean-Marie Straub intende ancora una volta stupire con un'opera composta da sei parti, di cui cinque tratte da suoi precedenti lavori. Non un'auto-citazione, ma, al contrario, uno scontro di blocchi diversi (testi, tempi e lingue) per far emergere ciò che è invisibile nei sentimenti e nella politica. Un film d'avventura, sull'avventura umana del secolo scorso e di quello a venire. O come vivere un giorno, forse, tutti insieme...
SCHEDA FILM
Regia: Jean-Marie Straub
Attori: Arnaud Dommerc, Jubarite Semaran, Gilles Pandel, Barbara Ulrich
Soggetto: André Malraux - romanzo
Fotografia: Christophe Clavert
Montaggio: Christophe Clavert
Durata: 70
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: DCP 2K
Tratto da: romanzo "Le temps du mépris" di André Malraux
Produzione: ARNAUD DOMMERC PER ANDOLFI, BARBARA ULRICH PER BELVA FILM
Distribuzione: BOUDU-PASSEPARTOUT (2015)
Data uscita: 2015-11-10
NOTE
- REALIZZATO CON LA PARTECIPAZIONE DEL CENTRE NATIONAL DU CINÉMA ET DE L'IMAGE ANIMÉE.
CRITICA
"La prima cosa che ci dichiara 'Kommunisten' è l'idea di un cinema pensato dal suo stesso autore, Jean Marie Straub come a un archivio personale da utilizzare 'funzionalmente' a un obiettivo determinato. 'Kommunisten' ha così la forma di una lezione in cui i frammenti dei film del passato ('Operai, contadini', 'La speranza', 'Troppo presto, troppo tardi', 'Fortini/Cani', 'La morte di Empedocle Peccato nero') più uno «nuovo», in apertura, un dialogo estratto da 'Le Temps du Mépris' di Malraux, possono essere utilizzati come materiale di studio. (...) Ogni «frammento» di quei materiali porta in un terreno aperto, in un passato che ci appare attuale perché gli interrogativi che sollevano sono rimasti senza risposta, se non quella di un'immagine che con determinazione non smette di porli. 'Kommunisten' sono lui stesso e Danièle Huillet, ma è soprattutto quel loro cinema che ha attraversato il Novecento, i suoi conflitti e le sue impossibili utopie cercando nelle pieghe delle parole e delle immagini che le tessevano quanto rimasto sospeso, nascosto, sepolto tra gli oblii imposti da chi la Storia la scrive e la determina. (...) Il cinema di Straub costruisce un pensiero, e in questo spazio dichiara la sua forza di resistenza, l'essere «cinema comunista» che significa non piegato alle celebrazioni dell'ideologia, e al corrispettivo di ciò che si intende - con malinteso - impegno o politicità delle immagini. Al contrario la sua libertà è porsi in contrasto con gli apparati dominanti cercando una corrispondenza tra le sue immagini e la sua la parola poetica: una nuvola, uno scorcio di cielo, le Alpi apuane, un bosco." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 10 novembre 2015)