Mikage Sakurai, una giovane aspirante cuoca, affidata a un'anziana nonna dopo la morte dei genitori, perduta pure la nonna, non ha altro conforto che il culto dei suoi morti, e il ronzio del frigorifero che glieli ricorda. Priva d'ogni risorsa, deve anche lasciare la casa e l'amato frigorifero, ricordo di tempi migliori. Un giorno compare il giovane Yuichi Tanabe, molto legato alla nonna di Mikage, che la invita ad andare a vivere intanto, provvisoriamente, nella casa in cui abita con la madre Eriko, situata in un quartiere-bene della città. La giovane accetta con disarmante candore e si trasferisce nella lussuosa residenza dei due, accolta cortesemente da una strana Eriko, che le mette a disposizione una confortevole camera e una scintillante cucina. Mikage si adatta immediatamente a quell'incredibile fortuna, incoraggiata dalla simpatia di Eriko come pure dal rispetto di Yuichi: prepara per loro eccezionali prelibatezze culinarie, mentre frequenta una scuola specializzata di cucina. Tutto procede senza problemi, anche quando, uscendo dal proprio riserbo cerimonioso, Yuichi confida a Mikage che Eriko non è sua madre, bensì suo padre, che alla morte della consorte è stato preso da una crisi di identità: si è trasformato in donna; gestisce un locale notturno e si diverte frequentando un gruppo di "amiche" transessuali. Chi mette in crisi Mikage è la giovane Mami Okumo, innamorata, non corrisposta, di Yuichi, che le rinfaccia la disinvolta convivenza con un uomo che non è suo marito, e la taccia di venalità. Ma arriva provvidenziale una dichiarazione d'amore di Yuichi a Mikage, in contemporanea con l'annuncio della stravagante Eriko di aver trovato un compagno ideale.
SCHEDA FILM
Regia: Yoshimitsu Morita
Attori: Ayako Kawahara - Mikage Sakurai, Kenji Matsuda - Yuichi Tanabe, Isao Hashizume - Eriko Tanabe, Akinori Nakajima - Chika Chan, Akiko Urao - Tamie Matsubara, Saki Matsura - Mami Okuno, Naoki Goto - Shigeru Kihara, Konobo Yoshizumi, Shimon Yotsuya, Mie Hama, Senkyo Irifunetel
Soggetto: Banana Yoshimoto
Sceneggiatura: Banana Yoshimoto, Yoshimitsu Morita
Fotografia: Selzo Senmoto
Musiche: Solchi Noriki
Montaggio: Akimasa Kawashima
Durata: 106
Colore: C
Genere: COMMEDIA
Specifiche tecniche: PANORAMICA
Tratto da: TRATTO DAL LIBRO "KITCHEN" DI BANANA YOSHIMOTO
Produzione: HIKARU SUZUKI
Distribuzione: COLUMBIA TRISTAR FILM ITALIA (1994) - COLUMBIA TRISATR HOME VIDEO, BIM CLASSIC VIDEO (EFFETTO CINEMA)
CRITICA
"Impossibile attribuire simili rovelli giovanilistici alla faccetta di Ayako Kawahara, che di professione fa l'indossatrice; e quanto a Kenji Matsuda, se è questa l'idea che nell'estremo Oriente si ha di un bel giovanotto, apriti cielo. Per il resto il film è girato con lezio e senza grazia, affidato ai riverberi di uno smalto superficiale, e soltanto l'insolita ambientazione provinciale nell'Hokkaido riesce a tratti a incuriosire. Non parliamo della petulante colonna musicale: a paragone di Soichi Noriki, lo chabadabadà di Un uomo, una donna diventa Mozart." (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 27 Novembre 1994)
"Alla base, comunque, ci sono soprattutto i sentimenti: dei due giovani che tardano a capirsi reciprocamente e a capire se stessi, di quella madre-padre, avviata nel libro a conclusioni drammatiche ma anche qui, senza che nulla esploda, affidata sempre a cifre di ambiguità sospesa: con l'intenzione scoperta di farne la chiave, anche stilistica, del racconto. La scenografia e le immagini fanno il resto tutte colori pallidi, tutte segni levigati, coadiuvate da musiche intense cariche spesso di echi implicitamente dolorosi. Non dimentichiamo, però, tra i meriti, l'interpretazione della top-model Ayako Kawahara nelle vesti della protagonista." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 25 Novembre 1994)
"Intendiamoci. Rispetto al sofisticato, cupo, lungo racconto, letterariamente mutuato dai manga e dai teremi dorama della Yoshimoto, il film propone una chiave di lettura meno elaborata e più edulcorata della non-storia d'amore tra l'orfana Mikage (che in cucina è artista e filosofa) e Yuichi. 'Kitchen' può sedurre e ammorbidire sguardi cinematografici spesso troppo accecati dalla vivida spettacolarità della via americana al cinema. Troverete nel film qualcosa che rammenta un flemmatico Almodovar d'Oriente: l'arredo che intona corpi e spazi, la spiritualità blaseée della forma che confluisce nel contenuto, La geometrica sensibilità di gesti, parole, sorrisi e cibi, un decor che guarnisce con minimale intensità appartamenti animi e sommovimenti del cuore." (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 5 Dicembre 1994)