KATE & LEOPOLD

USA 2001
TRAMA BREVE
Un esperimento scientifico mal riuscito trasporta nel presente il duca Leopold direttamente dal 19° secolo. Kate, fidanzata di uno degli scienziati, viene incaricata di occuparsi di lui mentre il team degli studiosi cerca di trovare come riportarlo indietro nel tempo. Un giro turistico di New York sarà galeotto per la coppia di amanti fuori del tempo.

TRAMA LUNGA
Agli inizi del Duemila, a New York, Stuart, scienziato un po' strano, è riuscito nell'impresa a lungo inseguita: attraverso un buco nel tempo situato sotto il ponte di Brooklin, è andato nel 1876 e ha assistito al l'inaugurazione del ponte stesso. Per sua sfortuna al momento di tornare indietro, ha sia pure controvoglia trascinato con sé un certo Leopold, duca di Albany ma squattrinato e sollecitato dallo zio a sposarsi al più presto con una ricca ereditiera. Stuart porta Leopold a casa propria. Al piano di sopra c'è la casa di Kate, che con Stuart è stata fidanzata cinque anni. Non molto fortunata nel campo sentimentale, Kate dà il meglio di sé nel suo ruolo di manager in un'agenzia pubblicitaria, dove per lei ci sono prospettive di carriera. Una mattina, mentre esce con il cane, Stuart cade nel vano dell'ascensore e subito viene ricoverato in ospedale. Dopo che è arrivato Charlie, fratello di Kate e attore con poco lavoro, Leopold comincia ad ambientarsi nell'appartamento, Kate lo osserva con sorpresa e ammirazione, poi lo porta negli studi dell'agenzia a fare un provino per una pubblicità. Con la promessa di essere promossa vicepresidente, Kate va a cena con il suo capo, ma durante la sera si presenta Leopold che mette scompiglio. Il giorno dopo, per scusarsi, invita a sua volta Kate ad una cena sul terrazzo di casa. Alla fine, mentre ballano, si baciano. Mentre sono a passeggio, Leopold riconosce in un edificio sede di convegni la casa dello zio, dove abitava lui. Alla sera lui le dice che l'ama. Viene poi girato lo spot pubblicitario, ma Leopold assaggia il prodotto, lo trova cattivo e si rifiuta di proseguire. Finalmente Stuart esce dall'ospedale, e si rende conto che si avvicina il momento in cui Leopold deve fare ritorno nel proprio tempo. Kate intanto deve intervenire al ricevimento in cui sarà annunciata la sua promozione. Viene chiamata, fa un breve discorso, ma poi si interrompe. Comincia a correre, raggiunge il portale e va indietro. Eccola nella stessa casa ma nel momento in cui Leopold annuncia quale sarà la sua sposa. Lui la vede e cambia espressione. Il nome che dice ad alta voce è quello di Kate.
SCHEDA FILM

Regia: James Mangold

Attori: Meg Ryan - Kate Mckay, Hugh Jackman - Leopold Alexis Mountbatten, Liev Schreiber - Stuart Besser, Breckin Meyer - Charlie Mckay, Natasha Lyonne - Darci, Bradley Whitford - J.J., Paxton Whitehead - Zio Millard, Philip Bosco - Otis, Charlotte Ayanna - Patrice, Matthew Sussman - Phil, Josh Stamberg - Bob, Spalding Gray - Dr. Geisler, Andrew Jack - Roebling, Stan Tracy - Fotografo

Soggetto: Steven Rogers

Sceneggiatura: James Mangold, Steven Rogers

Fotografia: Stuart Dryburgh

Musiche: Rolfe Kent

Montaggio: David Brenner

Scenografia: Mark Friedberg

Costumi: Donna Zakowska

Effetti: Connie Brink, Conrad V. Brink Jr.

Durata: 117

Colore: C

Genere: ROMANTICO

Produzione: MIRAMAX FILMS - KONRAD PICTURES

Distribuzione: BUENA VISTA INTERNATIONAL ITALIA

Data uscita: 2002-03-01

NOTE
- GOLDEN GLOBE (2002) PER LA MIGLIOR CANZONE ORIGINALE (TALE OF LOVE, DI STING).
CRITICA
"L´idea non è delle più originali e tuttavia il problema non è questo. Per funzionare una favola per adulti deve essere realizzata in modo spumeggiante; far abbassare le difese allo spettatore abbrutito dagli affanni del quotidiano, creandogli la momentanea illusione che esiste un mondo dove il sogno può diventare realtà. A James Mangold, che pure è un buon regista, manca questo tocco lieve, la sceneggiatura non è abbastanza lavorata e Meg Ryan con le sue smorfiette sempre uguali risulta un po' stucchevole. Chi ne esce meglio di tutti è l´australiano Hugh Jackman, che presta a Leopold la sua indubbia avvenenza. Per finire, nell'originale l'uomo venuto dal 1876 cita la 'Bohème' di Puccini che è datata 1896. Va bene che il tempo è un´astrazione, ma vada il giusto elogio ai curatori della versione italiana che hanno avuto l´accortezza di sostituire la Bohème con la Traviata (1853)". (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 3 marzo 2002)

"Dopo 15 minuti, ma il primo bacio scocca dopo un'ora e 20, siamo certi del vissero felici e contenti per l'eternità, ma il regista James Mangold, responsabile dello Stallone malinconico in 'Cop land', offre prima in saldo malintesi ed equivoci dei buchi nel Tempo, senza negarsi nulla nella caratterizzazione di usi e costumi dei tempi moderni. Scritta da esperti di film lacrima, la commedia si inserisce nel filone romanticone nuovayorkese che crede nel destino, ma scarseggia di humour. ll battibecco sentimentale manca di mordente, pur partendo da una premessa di follia simpatica, con personaggi di contorno da anni 50, il fratellino innamorato e l'ex fidanzato inventore. (...) C'è perfino una scatola dei giochi come in 'Amélie' e la citazione con musica di Mancini di 'Colazione da Tiffany': quelli erano brividi rosa che resistono al tempo e ai cuori". (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 2 marzo 2002)

"Di solito i film danno il meglio all'inizio. 'Kate & Leopold' di James Mangold fa il contrario: parte scontato proprio come il film Miramax che è, ma verso la metà assume un dignitoso andamento. La prima fase coincide con la presenza sullo schermo del flebile Hugh Jackman ('X-Men'), un Rupert Everett di risulta, e del febbrile ma poco glamour Liev Schreiber ('Scream', 'Rko 281'). Nella seconda prevale Meg Ryan ('Rapimento e riscatto'), la miglior quarantenne del cinema americano, che dà brio e fascino a una trama logora nell'idea del viaggio nel tempo, inesauribile in quella dell'amore. (...) C'è un altro lato, ancora più insolito, in 'Kate & Leopold': è la nostalgia per il tempo che fu e il confronto fra presente e passato a tutto vantaggio del secondo, quando la servitù era fiera di servire un'aristocrazia ancora degna di comandare, per via dei doveri che s'imponeva, non delle ricchezze che accumulava; dove le donne ricevevano lettere scritte a mano portate altrettanto a mano; dove, quando le donne s'alzavano da tavola, anche gli uomini s'alzavano, per rispetto". (Maurizio Cabona', 'Giornale Nuovo', 2 marzo 2002)