Il giovane attore Daniel Coulombe, da poco tornato in Canada, sarà regista e protagonista di una sacra rappresentazione della Passione di Gesù, che verrà data nel grande giardino di un santuario diretto da padre Raymond Leclerc. Si uniscono a lui Mireille Fontaine, Costance Lazure, Renè Sylvestre e Martin Durocher. Costoro hanno partecipato finora a spettacoli molto scadenti e perfino al doppiaggio di film porno, ma a contatto con l'altissimo tema del lavoro e col trascinante entusiasmo di Daniel sono profondamente scossi e si sentono mutare. Mireille è affascinata dalla personalità di Daniel, che le ispira ammirazione e affetto; Costance, madre affettuosa di una bambina, rompe la sua colpevole relazione con padre Leclerc, un maturo prete moralmente debole, il quale è legato al sacerdozio solo da motivi di sopravvivenza. Daniel apporta dei mutamenti al vecchio testo della sacra rappresentazione, e gli attori lo interpretano con tanta convinzione da ottenere, la sera della prima, un enorme successo di pubblico e di critica. Trovandosi in seguito ad accompagnare Mireille, che deve sostenere un provino per un futuro ruolo, Daniel, offeso dall'insistenza con cui le viene chiesto di spogliarsi, sfascia apparecchiature elettroniche e rovescia tavoli, finchè viene arrestato. Poichè rifiuta l'aiuto di un abile avvocato, è esaminato da una psicologa che lo dichiara, però, più equilibrato dei giudici del tribunale. L'avvocato consiglia poi, inutilmente, al giovane di sfruttare il proprio successo, pubblicando subito un libro o affermandosi come attore, perchè la città è ormai sua, se egli vuole. Scandalizzato dalle varianti inserite nel lavoro, padre Leclerc ordina agli attori di riprendere subito a recitare il testo tradizionale, altrimenti le autorità religiose faranno cessare le rappresentazioni. Inutilmente Daniel cerca di ottenere almeno un'ultima replica per il suo lavoro e, poichè ciò gli viene rifiutato, decide di dare ugualmente quella sera lo spettacolo, per il quale è accorsa tanta gente. Ma quando Daniel è già sulla croce, arrivano i poliziotti per interrompere la recita, e il pubblico, adirato, si scaglia contro di loro. La croce, urtata violentemente, cade a terra travolgendo Daniel, il quale è colpito violentemente alla testa e perde conoscenza. Mireille e Costance lo accompagnano allora con l'ambulanza in un ospedale cattolico così affollato che nessun medico lo esamina. Poco dopo egli sembra riprendersi e si allontana con le due donne, mentre parla come se rivestisse ancora il ruolo di Cristo, ma improvvisamente cade a terra di nuovo senza conoscenza, e viene trasportato in un altro ospedale (quello ebraico). Qui un medico dichiara che ormai il cervello è perduto e il giovane non si risveglierà più: i soccorsi gli sono giunti troppo tardi. Il medico chiede allora alle due accompagnatrici di poter usare gli organi di Daniel per dei trapianti, e così un uomo vivrà col suo cuore e una donna vedrà coi suoi occhi.
SCHEDA FILM
Regia: Denys Arcand
Attori: Lothaire Bluteau - Daniel Coulombe, Catherine Wilkening - Mireille Fontaine, Johanne-Marie Tremblay - Costance Lazure, Robert Lepage - Rene' Sylvestre, Rémy Girard - Martin Durocher, Gilles Pelletier - Raymond Leclerc
Soggetto: Denys Arcand
Sceneggiatura: Denys Arcand
Fotografia: Jacques Ledoux, Guy Dufaux
Musiche: Yves Laferriere, Jean-Marie Benoît, François Dompierre
Montaggio: Isabelle Dedieu
Scenografia: François Séguin
Costumi: Louise Jobin
Altri titoli:
GESU' DI MONTREAL
JESUS OF MONTREAL
Durata: 120
Colore: C
Genere: RELIGIOSO
Specifiche tecniche: NORMALE
Tratto da: BASATO SUL VANGELO DI MARCO
Produzione: MAX FILMS PRODUCTIONS- GERARD MITAL PRODUCTIONS
Distribuzione: LIFE INTERNATIONAL (1989)
CRITICA
"Originale e significativo il rovesciamento della prospettiva evangelica: Daniel-Gesù sulla croce non è in balia della solitudine e dell'abbandono dei suoi, muore vittima della ressa della folla ansiosa di vedere, di capire. Però nulla imprime alla sua immolazione il sigillo di gesto di salvezza, come nulla eleva la 'microrisurrezione tecnologica' del trapianto degli organi ad allusione del mistero della glorificazione. Per finire attiriamo l'attenzione su Mireille Fontaine, la quasi co-protagonista di 'Jésus de Montréal'. Il personaggio della modella è quello che evolve più intensamente al riflesso della forza della parola di Cristo e dell'esperienza di identificazione di Daniel: scopre la sua dignità, l'amicizia, la libertà interiore. Alla morte di Daniel ha un istante di panico ma, ripiena della verità della sua testimonianza ne proseguirà l'opera, poveramente; in compagnia di Costanza, sarà una specie di cantastorie della 'Passione di Cristo'. Il film si chiude sulle due ragazze accovacciate in un angolo della metropolitana sotto il manifesto pubblicitario dell'homme sauvage: cantano il motivo dello Stabat Mater, un passante getta loro una moneta." (Luigi Bini, 'Attualità Cinematografiche')
"Venuto dopo 'Il declino dell'Impero americano', il film conferma l'estro del canadese Denys Arcand, che, per suggerire qualche risposta alla ricorrente domanda sul supposto comportamento di Cristo nei confronti della civiltà contemporanea, ora prende le mosse da uno dei tanti spettacoli sulla Passione organizzati ad uso dei fedeli e dei turisti in paesi e città di mezzo mondo: più esattamente da quello offerto dal santuario che dalla collina domina Montreal. (...) La sua vocazione al sarcasmo, da esercitare quale antidoto contro i veleni della nostra società, finisce però col prevalere, e lo spettatore se n'avvantaggia. Perché è appunto zigzagando fra la sacra rappresentazione e la critica di costume, fra la commedia e l'amarissimo apologo, fra l'indignazione civile e la satira degli stessi teatranti che il film, servito da buoni attori (Gesù è Lothaire Bluteau, Mireille è Catherine Wilkening, Denys Arcand compare nella particina del giudice), annaffia e matura i suoi molti semi di riflessione e di divertimento intelligente. Tanto poco blasfemo da aver ottenuto all'ultimo festival di Cannes, oltre a un premio della giuria, quello che protestanti e cattolici assegnano insieme." (Giovanni Grazzini, 'Il Messaggero', 19 Gennaio 1990)
"Il film, che sottolinea con partecipazione mista a ironia le analogie tra il mondo moderno e quello nel quale visse Gesù, non è esente da difetti, ma ciò non impedisce allo spettatore di ricavarne utili spunti di riflessione su ciò che il Vangelo può ancora dire, sia ai credenti, sia ai miscredenti. Inconsueto e perciò particolarmente stimolante ci sembra il tentativo di far passare i contenuti alti del testo evangelico attraverso una pratica bassa del linguaggio cinematografico. Il film infatti non ha, a nostro avviso, particolari pregi di stile, ma ha il merito di enunciare in maniera chiara che il messaggio di Gesù diventa efficace solo quando si fa carne e sangue nella vita di un uomo, fosse pure un attore emarginato, purché sia disposto a buttarsi interamente in quello che fa." (Virgilio Fantuzzi, 'Civiltà Cattolica')