Un giovane uomo d'affari, ammogliato con prole, non riesce nelle sue combinazioni perché non trova credito. Quando gli capita l'offerta di un finanziere piuttosto imbroglione, perché si assuma il nome e la responsabilità di una speculazione alquanto losca, il giovane inventa l'esistenza di un suo socio. Questo socio a poco a poco, attraverso le abili fantasie dell'autore, ottiene - specialmente per la sua misteriosa invisibilità il credito del mondo finanziario e la fiducia dei risparmiatori. In breve il giovane si arricchisce. Ma la sua stessa creazione diviene il suo incubo. Tanto più che egli, una volta ricco abbandona la vita onesta e familiare per stringere relazione con la moglie del banchiere imbroglione. Giunto all'estremo della propria pazienza, vedendosi sempre preferito negli affari e altrove alla personalità suggestiva del suo socio inesistente, egli tenta di spiegare la verità; ma non è creduto. Allora finge la propria morte e, dopo avere incendiato gli uffici della sua società, si allontana con la famiglia verso una nuova vita.
SCHEDA FILM
Regia: Roberto Roberti
Attori: Licia D'Alba, Guglielmo Sinaz, Felice Romano, Egisto Olivieri, Clelia Matania, Clara Calamai - Moglie Di Prado, Mariella Lotti - Un'Educanda, Evi Maltagliati - La Diva, Carlo Romano - Prado, Sergio Tofano - L'Affarista In Borsa, Erminio Spalla - Il Colonnello Gradasso, Gemma Bolognesi, Jone Romano - La Direttrice, Giulio Alfieri, Vasco Creti, Mario Gallina, Fedele Gentile, Nicola Maldacea, Guido Celano, Virgilio Riento - Il Maggiore
Sceneggiatura: Guido Rispoli, Roberto Roberti
Fotografia: Massimo Terzano
Musiche: Umberto Mancini
Scenografia: Gustavo Abel, Alfredo Manzi
Durata: 85
Colore: B/N
Genere: DRAMMATICO
Tratto da: TRATTO DAL ROMANZO "IL MIO SOCIO DAVIS" DI GENNARO PRIETO
Produzione: SCALERA FILM
Distribuzione: SCALERA FILM
CRITICA
"Si potrebbe definire "Il socio invisibile" una farsa pirandelliana-formula che ha per lo meno il merito della novità-. (...) Il guaio della faccenda è proprio di essere pirandelliana: senza l'obbligo pirandelliano di andare verso il dramma. (...) ma purtroppo il film va malinconicamente a rotoli, sommerso in una inutile confusione. (...) Carlo Romano risulta in ogni modo il migliore della troupe. (...)". (Guglielmina Setti, "Il Lavoro", 2/4/1939).