È una storia vera. C'è una persona che da più di vent'anni manda lettere cartacee scritte a mano a tutti gli autori di fumetti italiani spacciandosi per un ragazzino di 15 anni. Nelle lettere, piene di complimenti, chiede sempre "uno schizzetto" in regalo. Per agevolare il compito ogni busta contiene un cartoncino bianco e un francobollo per la risposta. C'è un fumettista italiano, Gipi, che inizia a indagare su questa persona. Chi è veramente? Perché si nasconde dietro la falsa identità di un adolescente? Vuole girare un documentario, trovare questa persona, intervistare gli altri autori che hanno ricevuto la lettera: come si sono sentiti quando l'hanno ricevuta? E come quando hanno scoperto che si trattava, sostanzialmente, di una truffa? Per realizzarlo, recluta degli amici. Sono solo degli amici. Completamente incompetenti. Nessuno di loro ha mai lavorato a un documentario. Il fonico, per esempio, non sa neppure che non deve stare in campo. Ma c'è una storia da raccontare e, per Gipi, raccontare storie è la cosa più importante che c'è. Ma questa è anche una storia non scritta, che si adatta alle scoperte del momento. Solo per il finale Gipi ha le idee chiare: vuole prendere un bus, caricarlo di tutti i fumettisti che hanno ricevuto la lettera (basterà un solo bus?) e portarli a casa di questa persona. Ma non per metterlo in imbarazzo o svelare la truffa. No. Vuole fargli passare una giornata bellissima, con tutti gli autori di fumetti che gli fanno ogni disegno, a comando, in modo che non debba più nascondersi dietro una falsa identità. Ma le cose non vanno mai come vorremmo. E durante la lavorazione del documentario tutto si trasforma, sfugge, scappa di mano. Ed è così che Gipi si troverà a dover riflettere sul senso stesso del "raccontare storie" e sulle scelte morali che stanno a monte di questo desiderio. Cercando "il ragazzo più felice del mondo", in una ricerca maldestra e dai contorni comici e deliranti, Gipi troverà tutt'altro e lo stesso documentario, alla fine, si trasformerà in un film.
SCHEDA FILM
Regia: Gian Alfonso Pacinotti
Attori: Domenico Procacci - Se stesso, Gian Alfonso Pacinotti - Se stesso, Davide Barbafiera - Davide, Chiara Palmieri - Chiara, Gero Arnone - Se stesso, Nathanaël Poupin - Nat, "i sacchi di sabbia" - I cavernicoli, Michele Rossi (IV) - "il rosso", Mauro Uzzeo - La sensitiva, Francesco Daniele - Francesco, Anna Bellato - La direttrice di "megaproduzioni", Kasia Smutniak - Se stessa, Jasmine Trinca - Se stessa
Soggetto: Gian Alfonso Pacinotti, Gero Arnone
Sceneggiatura: Gian Alfonso Pacinotti, Gero Arnone
Fotografia: Vanni Mastrantonio
Musiche: Valerio Vigliar - musiche originali
Montaggio: Chiara Dainese
Scenografia: Francesca Vitale
Costumi: Stefano Ciammitti
Suono: Ivano Staffieri - presa diretta
Altri titoli:
The Young Fan
Durata: 90
Colore: C
Genere: DOCUFILM
Produzione: DOMENICO PROCACCI PER FANDANGO
Distribuzione: FANDANGO DISTRIBUZIONE
Data uscita: 2018-11-08
TRAILER
NOTE
- IN CONCORSO ALLA 75. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2018) NELLA SEZIONE 'SCONFINI'.
CRITICA
"(...) la sezione parallela Sconfini accoglie la 'malincomica' opera seconda di Gian-Alfonso Pacinotti, all'anagrafe fumettistica Gipi (...). Più corto satirico 'à la Propaganda Live' che 'L'ultimo terrestre', parte da un piccolo fan che 'estorceva' schizzetti a Gipi e colleghi vent'anni fa, ma poi evolve tra mockumentary e divertissement, all'insegna della leggerezza (...)." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 1 settembre 2018)
"(...) Gian Alfonso Pacinotti, in arte Gipi, nel 'Ragazzo più felice del mondo' (...) sembra fare della bizzarria un criterio, a partire dal quesito di come si possa restare adolescente così a lungo. Forma di racconto diacronica come il fumetto, il cinema ha le sue regole, che Gipi sovverte allegramente. In realtà, sotto la crosta goliardica e autoironica (l'armata Brancaleone della sua troupe), Pacinotti riprende la formula classica del film-nel-film al servizio di un discorso serio. S'interroga sul bisogno atavico di (sentirsi) raccontare storie, ma lo fa deframmentando la narrazione e senza svelare l'identità del serial-fan. In una difesa virtuosa del privato, tanto più apprezzabile al tempo del narcisismo via social media e selfie." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 08 novembre 2018)