Hubert, giovane studente di teologia, è deciso a chiedere una borsa di studio al potente Goffredo, un ricco fabbricante di armi, che a volte si atteggia a benefattore di persone in modeste condizioni economiche. Un giorno in cui si trova in chiesa a pregare, Hubert salva dal suicidio una donna bella ed elegante e la conforta con parole di fede e di speranza. La sconosciuta è Sylvia, che dichiara al candido giovanotto di non voler più tornare a casa propria, dove un marito perverso non solo le nega un figlio, ma la frusta sadicamente. Nell'alberghetto in cui i due si sono rifugiati, Hubert cede affascinato alle lusinghe della donna. Dopo un colloquio e l'amabile accoglienza dell'industriale, egli ottiene da quest'ultimo la sospirata borsa di studio. Poi Sylvia rimane incinta; desidera liberarsi del nascituro, ma Hubert la dissuade: troveranno bene il modo di vivere insieme tutti e tre. Sylvia accetta, sembra felice con il giovane, ma ormai non ha più denaro. Disperato, Hubert pensa di chiedere aiuto al suo benefattore, ma non ne ottiene. La donna lo spinge allora ad entrare di notte nella villa di lui, dove si fa trovare (è ben presto chiaro che la moglie di Goffredo è proprio lei) e dove Goffredo giace malato; essa dà una rivoltella all'amante e lo incita a togliere di mezzo il suo rivale ma, nel colloquio con Goffredo (bene al corrente di tutto ciò che è fino allora accaduto) lo studente viene irriso ed umiliato crudelmente. Il fabbricante di armi morirà comunque per un attacco cardiaco (l'incontro e la discussione con Hubert sono stati fatali ed il giovane si considera indirettamente un assassino). La donna eredita la fabbrica, cui intensamente mirava (anche perché alla fine si atteggia a finanziatrice di una corrente rivoluzionaria che sta già attivamente operando nel Paese). Ad Hubert essa impone il bambino, sbarazzandosene senza rimpianti di sorta. Tutta la macchinazione è nata nella mente ambiziosa e malvagia di Sylvia che, inventando sevizie fisiche e morali mai subite nella realtà e simulando freddamente una inesistente passione, consegue lo scopo prefissosi. Ad Hubert non resta che errare vagabondo ed elemosinando pane e pietà con il bambino, dopo essere stato sballottato, schiacciato nel gioco perverso di due esseri umani preda del Male, che nel mondo sembra inestinguibile e potente e a difesa del quale il giovane - peccatore, sì, ma sempre fiducioso nel perdono e nella Grazia - erge il muro della propria Fede.
SCHEDA FILM
Regia: Krzysztof Zanussi
Attori: Marie-Christine Barrault - Sylvia, Vittorio Gassman - Goffredo, Benjamin Volz - Hubert, Raf Vallone - Direttore Della Fabbrica, Erika Wackernagel, Cinzia De Ponti, Matteo Corvino, Hervé Bellon, Valeria Attinelli, Michel Monsay
Soggetto: Krzysztof Zanussi
Sceneggiatura: Krzysztof Zanussi
Fotografia: Conrad L. Hall, Slawomir Idziak, Pier Luigi Santi
Musiche: Wojciech Kilar
Montaggio: Huguette Pierson
Scenografia: Peter Scharff
Costumi: Eliane Viles
Durata: 109
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: PANORAMICA A COLORI
Produzione: CHALLENGE FILM AND TELEVISION PRODUCTIONS ROMA PIERRSON PRODUCTIONS PARIS
Distribuzione: ISTITUTO LUCE ITALNOLEGGIO
CRITICA
"Sottotitolato 'Paradigma' per dire che il film enuncia le forme degli interrogativi supremi Il potere del male è una nuova parabola sulla fragilità dell'uomo, tanto più esposto al peccato quanto più candidamente crede che l'inferno è vuoto, e sull'illusione di ogni renovatio planetaria. Quindi è un film dettato dalla nozione classica del cattolicesimo drammatico, ma dove al tormento dell'assunto corrisponde meno che in altri film di Zanussi il vigore della struttura narrativa .Benché l'alta professionalità del regista non si smentisca (è suggestiva soprattutto l'ambientazione livida e cupa, dominata dal rosso e dal nero, 'II potere del male' si attorciglia infatti sovente su se stesso, e l'elucubrazione didascalica soffoca lo spettacolo. Oltreché per l'impegno morale e intellettuale sempre nobile in Zanussi, il film comunque va visto dagli ammiratori di Vittorio Gassman. Affiancato dal giovane Benjamin Voelz e da Marie-Christine Barrault, il nostro attore ha in quello del sinistro, beffardo e arrovellato Gotfried una parte che gli sta a pennello. L'intensa fotografia è di Pierluigi Santi la musica di Wojciech Kilar Le domande e le risposte del film invece appartengono a tutti." (Giovanni Grazzini, 'Il Corriere della Sera', 28 Ottobre 1986)
"Nel press-book di questo film cinetelevisivo franco-italiano c'è una frase eloquente dell'autore: 'Alla maniera dei personaggi di un quadro medievale, Gotfried, Sylvie e Hubert devono illustrare una parabola, vivendo però sempre la loro vita in un modo credibile'. Non sono personaggi credibili, ma vettori di idee-forza di un dibattito sul Male, sullo strapotere e l'onnipresenza del Male. La narrazione alterna, senza pause né divagazioni, scene-madri e discussioni teologiche, mantenendosi sempre sui toni alti di un'oratoria da quaresimalista. Era inevitabile che a questo livello soltanto Gassman riuscisse a salvarsi, e a dare qualche spessore al personaggio, in virtù del suo talento di grande istrione da palcoscenico. Sotto il segno della pesantezza è il film più rigido, più urlato, più ideologico di Zanussi. Gli manca semplicemente l'acqua della vita. O luce o buio: le sfumature non esistono. Ma anche al cinema 'le bon Dieu est dans les détails'." (Morando Morandini, 'Il Giorno', 31 Ottobre 1986)
"Il potere del male è nell'originale 'Paradigma', e di questa parola illustra allo stesso tempo i due significati. Poiché la sconosciuta non è se non la moglie del suo benefattore, un'isterica mitomane: ecco l'esempio per lo studente, dove le cose non sono come appaiono, la fede e l'entusiasmo non sono sufficienti ma sono necessarie - dovremmo dire - umiltà e conoscenza di sé stessi, della propria anima. D'altra parte 'Paradigma' si preoccupa solo di declinare nelle sue forme la caduta dovuta all'esperienza, e non articola in una frase e in una possibilità d'uscita il senso di quella che abbiamo seguito più da vicino: il giovane, ormai nient'altro che mendicante, andrà ripetendo di porta in porta i versetti del Vangelo. A 'Il potere del male', pervaso di un sentito misticismo cattolico, si può rimproverare cinematograficamente solo un eccessivo didascalismo nei dialoghi." ('Il Messaggero', 11 Settembre 1987)