Il regista Grégoire Canvel può dirsi un uomo di successo: ha una bella moglie, tre splendidi figli e un lavoro che gli dà enormi soddisfazioni. Iperattivo e inarrestabile quando è alla Moon Films, la sua casa di produzione, Grégoire si ferma solo nei fine settimana, dedicati esclusivamente alla sua famiglia. Poi, un giorno, l'uomo ha un brusco risveglio. La sua casa di produzione è in perdita per troppi debiti e progetti azzardati. Inizia così per lui una lenta discesa verso la disperazione a causa dell'insuccesso e della stanchezza.
SCHEDA FILM
Regia: Mia Hansen-Løve
Attori: Chiara Caselli - Sylvia, Louis-Do de Lencquesaing - Grégoire, Alice de Lencquesaing - Clémence, Alice Gautier - Valentine, Manelle Driss - Billie, Éric Elmosnino - Serge, Sandrine Dumas - Valérie, Dominique Frot - Bérénice, Djamshed Usmonov - Kova Asimov, Igor Hansen-Løve - Arthur Malkavian, Magne-Håvard Brekke - Stig Janson, Eric Plouvier - Avvocato, Michaël Abiteboul - Banchiere, André Marcon - Amministratore, Philippe Paimblanc - Direttore aggiunto di laboratorio, Patrick Mimoun, Olivia Ross, Valerie Lang, Elsa Pharaon
Soggetto: Mia Hansen-Løve
Sceneggiatura: Mia Hansen-Løve
Fotografia: Pascal Auffray
Montaggio: Marion Monnier
Scenografia: Mathieu Menut
Arredamento: Mathieu Menut
Costumi: Bethsabée Dreyfus
Altri titoli:
The Father of My Children
Durata: 110
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: 35 MM (1:1.85)
Produzione: LES FILMS PELLÉAS, 27 FILMS PRODUCTION, ARTE FRANCE CINÉMA
Distribuzione: TEODORA FILM (2010) - DVD: CG HOME VIDEO - COLLECTOR'S EDITION (2010)
Data uscita: 2010-06-11
TRAILER
NOTE
- PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA AL 62. FESTIVAL DI CANNES (2009) NELLA SEZIONE 'UN CERTAIN REGARD' EX-AEQUO CON "I GATTI PERSIANI" DI BAHMAN GHOBADI.
CRITICA
"'Le Père de mes enfants', continua la ricerca dichiarata nel primo, un cinema di scrittura che si appunta sulla vita dei personaggi, con spunti cinefili (la malattia del critico), qui ancora più dichiarati visto che il cinema è il centro del film, nella figura di un produttore indipendente ammirato per il coraggio e la caparbia (Louis Do de Lencquesaing) che lo sostengono in un'impresa divenuta sempre più difficile: fare i film che si amano. Gregoire Canvel, questo il suo nome, ha una moglie splendida - Chiara Caselli, molto intensa in un ruolo per lei inusuale di madre - e tre figli adorati. Lavoro frenetico, fine settimana in campagna, la società di produzione che tutti ammirano. Finché la realtà, che è meno lineare di questa superificie, esplode, i debiti lo soffocano, Gregoire decide di sparire dal mondo ..." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 20 maggio 2009)
"Solo a Parigi. Una giovane regista al secondo film rievoca (senza mai nominarlo) la figura elegante, malinconica e sempre sorprendente di colui che avrebbe dovuto produrre il suo debutto, morto suicida nel 2005. Nel film si chiama Grégoire, nella realtà si chiamava Humbert Balsan e nel cinema non solo francese era un mito. (...) Mia Hansen-Løve, pure lei ex attrice e critica, non pretende di dare risposte ma rievoca il personaggio e la sua energia, in ufficio come a casa, in viaggio con la famiglia (struggente parentesi a Ravenna) così come sul set dei suoi film, con tanta esattezza e insieme pudore da fare del 'Padre dei miei figli' uno dei film più intensi e spiazzanti della stagione. Anche perché Grégoire si spara a metà film e tutto il resto è dedicato al tentativo di sua moglie (Chiara Caselli, sempre bravissima, altra attrice che stiamo perdendo) e delle figlie di capire, reagire, sopravvivere. Muovendosi su più fronti naturalmente, perché c'è un'azienda da salvare, un'eredità anche artistica di cui farsi carico, una seconda famiglia (i suoi collaboratori) con cui fare i conti. E anche qualche vero e proprio segreto, insieme doloroso e prezioso. Il tutto condotto controtempo, giocando il distacco e l'allusione contro il pathos e le scene madri, fino a spremere più emozione e inteligenza di tanti mélo. Un gran bel film, che visto da qui suscita anche nostalgia per abitudini, valori, intensità, che nel nostro post-paese sembrano un sogno." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 11 giugno 2010)
"Il cinema ci ha regalato diversi ritratti di produttori cinematografici, spesso raffigurati come dei personaggi eccessivi e sprezzanti dell'arte, anche quando eclettici e illuminati. Basti pensare, tra i tanti, al produttore americano di 'Lo stato delle cose' di Wim Wenders, oppure a quello godardiano di 'Il disprezzo'. Il ritratto che ci regala questa giovane regista, al suo secondo film, è invece diverso, perché compassionevole, dolce e intimo. Il film è dedicato alla figura del produttore francese Humbert Balsan (e alla sua casa di produzione Ognon Pictures), che qualche anno fa si tolse la vita nel mezzo di una crisi finanziaria, acuita dalle richieste impossibili del regista ungherese Bela Tarr che stava girando un film per la Ognon. Balsan è stato una figura importante per il cinema europeo, avendo sostenuto e prodotto registi del calibro di Youssef Chahine. Mia Hansen-Løve lo incontrò poco prima della sua morte e questo è il suo omaggio, sentito e affascinante." (Dario Zonta, 'L'Unità', 11 giugno 2010)