Il medico di campagna

Médecin de campagne

2.5/5
Una commedia malinconica, con un occhio sulla provincia francese che sarebbe piaciuto a Balzac. Ma la regia non è all’altezza

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FRANCIA 2016
Quando si ammalano, gli abitanti di una località di campagna possono contare su Jean-Pierre Werner, il medico che li ascolta, li cura e li rassicura giorno e notte, 7 giorni su 7. Tuttavia, anche i dottori si ammalano e quando succede Jean-Pierre viene assistito da Nathalie Delezia, una nuova dottoressa giunta in ospedale che dovrà adattarsi alla nuova vita. Ma soprattutto Nathalie dovrà sostituire colui che è convinto di non poter essere assolutamente rimpiazzato...
SCHEDA FILM

Regia: Thomas Lilti

Attori: François Cluzet - Jean-Pierre Werner, Marianne Denicourt - Nathalie Delezia, Isabelle Sadoyan - Madre di Werner, Félix Moati - Vincent Werner, Christophe Odent - Norès, Patrick Descamps - Maroini, Guy Faucher - Sig. Sorlin, Margaux Fabre - Ninon, Julien Lucas - Fidanzato di Ninon, Yohann Goetzmann - Alexis, Josée Laprun - Madre di Alexis, Philippe Bertin - Guy, Geraldine Schitter - Fanny

Sceneggiatura: Thomas Lilti, Baya Kasmi

Fotografia: Nicolas Gaurin

Musiche: Alexandre Lier, Sylvain Ohrel, Nicolas Weil

Montaggio: Christel Dewynter

Scenografia: Philippe van Herwijnen

Costumi: Dorothée Guiraud

Durata: 102

Colore: C

Genere: DRAMMATICO COMMEDIA

Specifiche tecniche: SCOPE

Produzione: 31 JUIN FILMS, LES FILMS DU PARC, IN CO-PRODUZIONE CON CINEFRANCE, LE PACTE, FRANCE 2 CINÉMA

Distribuzione: BIM

Data uscita: 2016-12-22

TRAILER
NOTE
- REALIZZATO IN ASSOCIAZIONE CON SABAH 5 PRODUCTIONS; CON LA PARTECIPAZIONE DI: FRANCE TÉLÉVISIONS, CANAL+, CINÉ+; CON IL SOTEGNO DI: LA RÉGION ÎLE-DE-FRANCE, CENTRE NATIONAL DU CINÉMA ET DE L'IMAGE ANIMÉE, LA PROCIREP, L'ANGOA.
CRITICA
"Vedendo 'Il medico di campagna' di Thomas Lilti si capisce subito che il legame tra il regista e la professione medica non è casuale o frutto solo di una qualche professionalità, sanitaria o cinematografica che sia (Lilti ha esercitato la professione prima di passare alla regia). C'è qualcosa di diverso che si respira lungo il film e che «esce» dallo schermo: è un'empatia, una sintonia, una complicità verrebbe quasi da dire, che alla fine si rivela la vera arma vincente del film, capace di andare al di là della storia che racconta per trasformarsi in una specie di accorata perorazione intorno alla professione medica e alla sua missione. E non solo. Perché le vicende narrate offrono al film un respiro più ampio e ambizioso, che lo indirizza verso la descrizione di una condizione sociale che parla della desertificazione delle campagne, della crisi della professione medica in queste zone, della complessità «antropologica» di chi vive in quelle condizioni e deve fare i conti con problemi non semplici da affrontare (handicap, paure, ignoranza), in generale di un mondo che non solo il cinema ma anche i media tendono a dimenticare e che invece ha una sua urgente e drammatica attualità. (...) Sceneggiato dal regista insieme a Baya Kasmi, il film sembra recuperare quella tradizione di titoli impegnati ma non dichiaratamente militanti che avevano fatto l'ossatura del cinema francese medio negli anni Settanta, quando si poteva leggere in filigrana il retroterra politico che guidava i comportamenti dei vari personaggi. (...) non ci sono personaggi che prendono il sopravvento sugli altri o situazioni più importanti di altre, e anche la lotta di Werner con la malattia e l'apprendistato sul campo con cui si confronta Nathalie rientrano in un quadro più ampio, quello della descrizione di un mondo marginale, conscio dei propri limiti e dei propri problemi, che Lilti racconta con delicatezza e passione." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 19 dicembre 2016)

"Premesso che si tratta di un bel film (un feel-good-movie alla francese con qualche venatura amara), 'Il medico di campagna' darà materia di discussione agli spettatori. Molti dei quali, come pazienti, rimpiangono l'umanesimo della medicina porta-a-porta a fronte di quella impersonale di oggi, quando il dottore è sempre meno un confidente e sempre più un 'tecnico'. E tuttavia Thomas Lilti, che ha esercitato a lungo come medico prima di soccombere al virus del cinema, non fa prediche ma si limita a porre la questione, che è seria. Senza mai dimenticare che sta raccontando una storia di 'caratteri'; e lo fa molto bene." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 22 dicembre 2016)

"Vecchi e giovani, malati veri e coppie sbilenche, campi nomadi e sindaci affaristi, momenti drammatici e tipi buffi: a posteriori non manca niente, ma Lilti e i suoi attori (eccellenti Cluzet e la Denicourt, perfetti tutti gli altri) hanno tempi perfetti, sguardo acuto, e alle spalle una struttura di racconto così solida da essere invisibile. Bulgakov e anche Cechov sono passati di qui. Ma l'ex-medico Lilti ne approfitta per aprirci gli occhi sul presente." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 22 dicembre 2016)

"«Il medico di campagna» è uno di quei film tutto mezzitoni narrativi che sia pure non trascinando lo spettatore in alcun momento, alla fine gli lasciano un retrogusto dignitoso. Merito soprattutto del protagonista Cluzet, l'ennesimo ottimo esponente della scuola d'oltralpe (...). Non è che il piglio del regista Lilti, ovviamente ex dottore, sia particolarmente penetrante e le entrate/uscite dagli ambulatori o le fattorie, le case e i cortili dei paesani diventano presto alquanto monotone e ripetitive; nello stesso tempo si apprezza che vengano evitate svolte plateali e che gli umori e i sentimenti non siano azzerati dal messaggio redentoristico di prammatica. Se dietro la confezione non più che gradevole si volesse, insomma, cogliere un riferimento romanzesco, questo condurrebbe all'edulcorato Cronin piuttosto che al profondo Balzac." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 22 dicembre 2016)

"Diretto dal transalpino Thomas Lilti, già medico e con il sintomatico 'Hippocrate' in carnet, 'Il medico di campagna' - ogni riferimento a Balzac non è casuale - esula dai vincoli del 'cancer-movie', ovvero dribbla il lacrimevole e il ricattatorio, per concentrarsi sull'analisi sociologica della provincia: toni pacati, narrazione piana, un film sommesso e delicato, ben interpretato, che tenendo bassa la voce rischia forse di non farsi sentire." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 22 dicembre 2016)

"Piacerà a chi dopo 'Quasi amici' ha imparato a rovesciare ogni stima sul veterano François Cluzet. E dopo 'Il medico di campagna' imparerà ad amare Marianne Denicourt, molto bella e molto brava (in Francia è primadonna da un pezzo, ma da noi ha stentato finora a farsi adottare)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 22 dicembre 2016)

"Eccellente commedia francese, che scava nei sentimenti con grande sensibilità. (...) Evitate le temute lacrime e, ancora più saggiamente, la banalità di una love story tra i due magnifici protagonisti." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 22 dicembre 2016)