Dima è il maggiordomo senza livrea di Meleagre, un personaggio che alloggia in una stanza adibita a laboratorio alchemico ricavata nei cunicoli nella rete fognaria. Compagno di Meleagre è il suo cane Chronos, o meglio la sua spoglia imbalsamata, che prende vita grazie alle doti di ventriloquo del suo padrone. Dima procura il cibo e quanto occorre alla sopravvivenza di sé e del suo padrone mediante piccoli furti, nell'attesa di quell'immensa fortuna in oro che Meleagre gli ha promesso, essendo questi l'erede dello zio Rudolf, proprietario di ricchezze incalcolabili e in coma all'ospedale. Ma vengono designati eredi le prostitute di un bordello, a condizione che queste si prendano cura dei suoi cani, rimasti orfani. Dima reagisce lasciando Meleagre e salendo su un treno che porta in salvo gli abitanti della città, colpita da un violento nubifragio. Ma all'ultimo momento, quando il treno è in movimento, l'immagine dell'amico in pericolo spinge Dima a correre in suo aiuto. Lo troverà adagiato sul proprio letto, con in mano il suo mazzo di tarocchi ...
SCHEDA FILM
Regia: Alejandro Jodorowsky
Attori: Peter O'Toole - Principe Meleagre, Omar Sharif - Dima, Christopher Lee - Zio Rudolf, Francesco Romano - Marcus, Jane Chaplin - Lady Jane, Berta Dominguez D. - Tiger Lily, Joanna Dickens - Ambrosia, June Alderson - Hortensia, Linzi Drew - Madame Rainbow, Ian Dury - Barista, Peter Dennis - Winter, Edward Donovan - Rolf
Soggetto: Berta Dominguez D.
Sceneggiatura: Alejandro Jodorowsky, Berta Dominguez D.
Fotografia: Ronnie Taylor
Musiche: Jean Musy
Montaggio: Mauro Bonanni
Scenografia: Didier Naert, Alexandre Trauner
Costumi: Barbara Kidd
Durata: 95
Colore: C
Genere: GROTTESCO
Specifiche tecniche: PANORAMICA
Produzione: TIMOTHY BARRIL PRODUCTION, MORGAN
Distribuzione: INDIPENDENTI REGIONALI (1994) - 20TH CENTURY FOX HOME ENTERTAINMENT
NOTE
- REVISIONE MINISTERO MARZO 1994.
CRITICA
"Ascetico, allucinato, fantasmagorico, Jodorowski continua a proporci la sua "non filosofia" della vita, ma ha perso parte della sintonia che aveva con i giovani. Film ermetico e simbolico, dove l'acqua purifica, insolente e cabalistico come una partita di tarocchi, 'Il ladro dell'arcobaleno' è ahimé privo di regole per orizzontarsi, captare emozioni al di là dell'ovvietà metaforica della struttura narrativa: anche l'iniziazione spirituale deve avere i suoi cartelli segnaletici." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 14 Luglio 1994)
"Nani, giganti, barboni, circhi equestri tarocchi riti e miti esoterici tentano, di sfondo, di mandare avanti una storia sempre in cifre che l'autore volutamente non decodifica limitandosi a immergerla in un profluvio di immagini in cui a dominare sono sempre le metafore: ora, lo si può ammettere, con effetti visivi di una certa vitalità, il più spesso, però, con orge di pessimo gusto in cui solo il decadente ed il marcio arrivano a imporsi. Con una bella pagina cinematografica, comunque, una specie di diluvio universale che, pur anche quello tutto simbolico, ha un impatto visionario di innegabile forza. Ma è solo un lampo, un ricordo di quello che è stato una volta Jodorowsky e che da anni non riesce ad essere più. Esattamente come i suoi due protagonisti, Peter O'Toole, l'alchimista, Omar Sharif, il ladro: fantasmi di un passato glorioso che invano e affannosamente si sforzano entrambi di resuscitare; ridotti invece solo a larve di sé stessi." ('Il Tempo', 31 Maggio 1994)
"Il cinema di Jodorowsky è grottesco, insano, insolente, metaforico, stordito da significati nascosti e da cabale della mente. Ma la carica impetuosa delle metafore subisce qui una provocatoria dèbacle. 'Il ladro dell'arcobaleno' è appesantito da simboli e riferimenti esoterici, da non ben chiare iniziazioni spirituali e da misteriose incursioni nell'inconscio, da una sacralità confusa e da una spettacolarità sporca, folle, marginale. Certo: nella seconda parte, una catastrofica alluvione e la potenza dell'acqua purificatrice, sorta di inquietante giudizio universale che allude ad una tempesta interiore, è di grandissima efficacia visionaria. Ma il tutto pare posticcio, calligrafico, inerte. A cominciare dall'interpretazione di quelle anziane star decadute e decadenti: O'Toole è come attonito e lo Sharif saltellante e giocoso è solo un clown irritante e patetico." (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 27 Maggio 1994)