Tre storie di donne di differenti età, di oggi, di ieri e dell'altro ieri alla ricerca della libertà, al di là dei tabù di una società tradizionale sono narrate in tre episodi.
Nel primo, una ragazzina, ha solo poche ore prima di compiere nove anni (è nata a mezzogiorno) e per poter uscire per l'ultima volta da sola senza commettere peccato. Nel secondo una ragazzina partecipa a una gara ciclistica inseguita dai parenti che la minacciano di cacciarla di casa se si ostina nel suo gesto peccaminoso. Alla fine dovrà cedere. Il terzo episodio vede una vecchia su una sedia a rotelle, nella hall di un aeroporto, comprare tutti gli elettrodomestici che non ha mai posseduto: frigorifero, lavastoviglie, ferro da stiro, seguita da un codazzo di giovani. Tutto verrà trasportato su una spiaggia che sarà il suo ultima casa. Nei due primi episodi il nemico sono le tradizioni restrittive, nel terzo il tempo che non lascia più tregua alla donna, giunta al termine della vita.
SCHEDA FILM
Regia: Marziyeh Meshkini
Attori: Fatemeh Cherag Akhar - Hava, Shabnam Toloui - Donna Del Secondo Episodio, Azizeh Sedighi - Anziana Del Terzo Episodio
Sceneggiatura: Mohsen Makhmalbaf
Fotografia: Ebrahim Ghafuori, Mohammad Ahmadi
Musiche: Mohammad Reza Darvishi
Montaggio: Maysam Makhmalbaf, Shahrzad Pouya
Scenografia: Akbar Meshkini
Altri titoli:
THE DAY I BECAME A WOMAN
Durata: 78
Colore: C
Genere: COMMEDIA
Specifiche tecniche: 35 mm. (1:1,66)
Produzione: MAKHMALBAF FILM HOUSE
NOTE
OPERA PRIMA PRESENTATA ALLA MOSTRA DI VENEZIA 2000 NELLA SETTIMANA DELLA CRITICA PROMOSSA DAL SINDACATO NAZIONALE CRITICI CINEMATOGRAFICI (SNCCI).
CRITICA
(...) Il film è un affresco sui problemi e sui sogni delle donne iraniane, nobilissimo e manierato. Il sospetto che i film italiani "da festival" siano tutti uguali comincia a sfarsi strada. (Alberto Cresci, Film Tv, 03/09/2000)
"Composto da tre episodi, dedicati ad altrettante generazioni di donne e tutti ambientati nell'isola di Kish, il film è bello, struggente, lirico e non è difficile perdonargli quel tanto di manierismo di 'factory' che fa capolino a tratti". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 3 settembre 2000)