A Varsavia la ventiduenne Majka, ottenuto il passaporto per emigrare in Canada, intende condurre con sè la piccola Ania, da tutti ritenuta sua sorella, mentre in realtà è sua figlia, nata dopo una relazione avuta a sedici anni con Wojtec, un giovane insegnante. Per evitare uno scandalo, Majka aveva accettato che la piccola Ania fosse registrata come figlia di sua madre Ewa: costei, anche per compensare il bisogno di maternità che, con il parto difficile nel mettere al mondo Majka, era rimasto represso, aveva iniziato a nutrire un affetto morboso per la bambina, con disappunto di Majka. Per attuare la sua decisione Majka rapisce Ania e si allontana da Varsavia rifugiandosi presso Wojtec: costui, preoccupato, tenta, inutilmente, di dissuaderla. Nuovamente in fuga con la piccola Ania, Majka viene rintracciata in una stazione da sua madre Ewa: Ania, ormai a conoscenza della verità corre incontro alla "mamma-nonna" mentre Majka sconvolta sale sul treno per allontanarsi definitivamente. Soltanto adesso Ewa comprende il male che ha fatto sia a sua figlia sia a Ania.
SCHEDA FILM
Regia: Krzysztof Kieslowski
Attori: Wladyslaw Kowalski - Stafan, Maja Barelkowska - Majaka, Bozena Dykiel - Bigliettaio, Boguslaw Linda - Wojtec, Anna Polony - Ewa, Katarzyna Piwowarczyk - Ania
Soggetto: Krzysztof Piesiewicz, Krzysztof Kieslowski
Sceneggiatura: Krzysztof Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz
Fotografia: Dariusz Kuc
Musiche: Zbigniew Preisner
Montaggio: Ewa Smal
Scenografia: Halina Dobrowolska
Durata: 55
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: NORMALE A COLORI
Produzione: TELEWIZJA POLSHAW (WARZAWA) SENDER FREIES BERLIN (BERLINO)
Distribuzione: MIKADO FILM (1990) - GENERAL VIDEO, SAN PAOLO AUDIOVISIVI, L'UNITA' VIDEO
Episodi: NON RUBARE
CRITICA
"Dei dieci comandamenti solo uno, 'non ammazzare', va preso in assoluto. Sugli altri, sembrano suggerire lo scrittore Piesewicz e il regista Kieslowski autori del mirabile 'Decalogo' cinetelevisivo polacco, si può sempre discutere. Arrivati alla settima tappa, 'Non rubare', gli autori ci propongono un caso ambiguo: la matura Ewa ha fatto da mamma alla piccola Ania per evitare uno scandalo: la vera madre, infatti, è Majka figlia di Ewa. Ha concepito Ania a 16 anni, con un giovane professore blandamente irresponsabile, e a 22 vorrebbe rivendicare le proprie prerogative. (...) Ma in prospettiva le vicende umane si stingono, le persone cambiano e anche i luoghi rivisitati non dicono più niente. Chi ha mentito può averlo fatto a fin di bene. Chi è stato presente preferisce tacere. Non resta che compatire i reciproci errori, al di là delle tragedie storiche e delle inevitabili infrazioni che tutti facciamo alle presunte leggi divine. Il gesto finale di Elzbieta verso Zofia, visto da lontano e attraverso un vetro, è di riconciliazione. Nel 'Decalogo', com'è naturale, qualche volta le idee e le trovate si cuociono a puntino, qualche altra volta rimangono un po' crude. Alcuni episodi sono portanti della struttura generale, altri sono sorretti; ma se i numeri 5 e 6 restano per ora i capolavori della serie, anche il 7 e l'8 sono sorprendentemente scritti e interpretati da attori ai vertici dello psicologismo cinematogratico." (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 23 Maggio 1990)
"Il settimo e l'ottavo di quei dieci comandamenti della religione cattolica ripensati da Kieslowski 'nell'ottica d'una morale laica' in dieci bellissimi film di un'ora circa ciascuno, realizzati per la televisione polacca in un momento di delegittimazione dei valori etici, recitano: 'Non rubare', 'Non dire falsa testimonianza'. (...) Come in tutti questi dieci film di Kieslowski, più delle parabole illustrate sono affascinanti le immagini, l'atmosfera, i dettagli, i momenti eloquenti, i personaggi minori, il bellissimo sguardo ravvicinato: un grido infantile che si ripete acuto nel crepuscolo; un uomo che non lavora più, s'è autorecluso in casa e per vivere fabbrica orsetti di pezza, una ragazza che telefona sotto la pioggia; l'autodisciplina ossessiva d'una vecchia intellettuale, un quadro obliquo sulla parete, segnale di squilibrio; la luce tra gli alberi, un vecchio ammutolito dalla desolazione. E' nell'intensità, nella profondità e densità, nell'assoluto di simili attimi che il regista si conferma grande interprete della condizione umana." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 21 Luglio 1990)