I destini di una serie di personaggi legati al denaro per un motivo o per l'altro si intrecciano a Lione. Tra loro c'è un irriducibile taccagno, un ristoratore generoso, una donna decisa a far pagare gli uomini, un imprenditore che dopo un infarto vuole svendere le sue proprietà e una giovane ereditiera in cerca d'amore... Da dove nasce il nostro rapporto con il denaro, l'essere avidi o prodighi? Forse non si parla di soldi ma di amore.
SCHEDA FILM
Regia: Philippe Le Guay
Attori: Fabrice Luchini - Brett, Vincent Lindon - Coway, Géraldine Pailhas - Helena, Isild Le Besco - Laurence, Lorànt Deutsch - Patrick, Claude Rich - Nicolas De Blamond, Camille Japy - Milene, Catherine Hosmalin - Karine, Michel Vuillermoz - Banchiere, Bernard Bloch - Richet, Jean-Claude Leguay - Gerard, Fabien Béhar - Manger, Xavier de Guillebon - Denis, Daniel Martin - Eric, Chloé Mons - Martine, Infermiera, Olivier Claverie - Roberto, Chantal Neuwirth - Granny, Nils Hugon - Robin, Agathe Dronne - Francoise, Philippe Fretun - Direttore Rieducazione, Patrice Juiff - Marito Di Elisabeth, Serpentine Teyssier - Sophie, Jean-Claude Jay - Padre Di Milene, Daniele Arditi - Elisabeth
Soggetto: Jean-François Goyet, Philippe Le Guay
Sceneggiatura: Philippe Le Guay, Jean-François Goyet
Fotografia: Laurent Machuel
Musiche: Philippe Rombi
Montaggio: Martine Giordano
Scenografia: Jimmy Vansteenkiste
Costumi: Anne Schotte
Altri titoli:
THE COST OF LIVING
Durata: 100
Colore: C
Genere: COMMEDIA
Produzione: LES FILMS DES TOURNELLES, PATHE' RENN PRODUCTIONS, M6 FILMS, GIMAGES, GIMAGES 6, NATEXIS BANQUES POPULAIRES IMAGES 3
Distribuzione: ISTITUTO LUCE (2004)
Data uscita: 2004-03-26
NOTE
DIALOGHI E ADATTAMENTO: PHILIPPE LE GUAY E JEAN-FRANCOIS GOYET.
PRESENTATO AL FESTIVAL DI LOCARNO 2003.
CAMPIONE D'INCASSI IN FRANCIA.
IL FILM E' UN'ESCLUSIVA DI: ISTITUTO LUCE E KAIROS.
CRITICA
"In un cinema che di rado ormai coniuga l'intelligenza e la profondità con la leggerezza e il divertimento, film come 'Il costo della vita' del francese Philippe Le Guay sono un vero regalo. Ed è con un pizzico di invidia che gli italiani, dopo l'anteprima all'ultimo festival di Locarno, si sorprendevano a chiedersi: come mai da noi film così non li fa più nessuno? Articolato in storie parallele, un po' come 'Magnolia' ma in chiave infinitamente più lieve; sostenuto da un cast di campioni come Fabrice Luchini, Vincent Lindon e Claude Rich accanto a giovani già affermati come Isild Le Besco, 'Il costo della vita' richiama fin dal titolo 'Il gusto degli altri'. E anche se il lavoro di Le Guay non ha la complessità e il calore irripetibili del film di Agnès Jaoui, l'idea di annodare vite diverse intorno a un tema centrale e rivelatore come il denaro, che potrebbe sembrare astratta, finisce per rendere vivi e toccanti ogni personaggio del film, maggiori e minori." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 26 marzo 2004)
"Che c'è di più patetico e ridicolo del rapporto che ciascuno di noi intrattiene col denaro? 'Il costo della vita' mette in scena una piccola folla di personaggi per esemplificarne le varianti. (...) Tutti si muovono con una certa credibilità per le vie di Lione, vivendo le proprie vite in parallelo e incrociando i rispettivi destini umani e finanziari fino all'happy end, dove l'amore prevale sul denaro. Per realizzare la necessaria connivenza con il pubblico, il regista si avvale di un ottimo cast d'attori che orchestra con stile 'mozartiano', ripetutamente echeggiato dalla colonna sonora." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 27 marzo 2004)
"Tutti quelli che hanno la percezione che i prezzi siano aumentati si gustino questa attuale, intelligente commedia francese sul vizio dell'avarizia e della generosità. Il costo della vita di Le Guay (settimo film, da noi il primo) rompe il tabù morale e materiale dei soldi in euro con alcuni ritratti azzeccati che mescolano i propri destini incontrandosi infine in un ospedale. Il grande Fabrice Luchini è un magnifico taccagno patologico, con risvolti intestinali, a rischio per amore; Lindon uno spendaccione impareggiabile, ma ci sono una squillo di lusso, il vecchio Claude Rich, un industriale che cambia vita e una nipotina ereditiera vergognosa e terrorizzata dal potere autodistruttivo dei soldi. Che entrano nella sfera privata condizionandoci anche nei conflitti morali di interesse, grazie a un bancomat affettivo che il film divertente ma non superficiale racconta con humour speciale di vita spesa in contanti." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 27 marzo 2004)
"Non date retta alla pubblicità. 'Il costo della vita' è molto di più della prima commedia sull'euro. Regista di buone letture, il francese Philippe Le Guay si diverte a intrecciare i destini di sei personaggi, alla maniera di Magnolia, con toni che svariano dal comico al malinconico. Molière insegna: il rapporto col denaro spiega molto, se non tutto, della natura umana. (...) 'Il costo della vita' è un titolo da non prendere alla lettera. Alla fine, pur trattando di quattrini, il regista parla d'amore: beninteso, anche dell'amore verso i quattrini. A tratti esilarante, il film custodisce un sentimento amarognolo dell'esistenza a prova (o quasi) di redenzione." (Michele Anselmi, 'Il Giornale', 29 marzo 2004)
"Si tratta di una formula tipicamente francese, che si può far risalire addirittura a Molière, e il pubblico dell'Esagono continua ad apprezzarla come dimostra il notevole successo del film. Sarà interessante constatare se gli spettatori italiani, che solo di fronte ad 'Amélie' (2000) hanno mostrato dopo molti anni un rinnovato interesse per la commedia d'oltralpe, ritroveranno il gusto di un cinema d'intrattenimento non hollywoodiano. All'idea di quel metallo i comportamenti umani divergono in modo paradossale. Nella sorniona metafora di 'Il costo della vita' gli estremi sono rappresentati dal prodigo Vincent Lindon e dall'avaro Fabrice Luchini, ma in contemporanea si svolgono anche i casi di altri personaggi. Per citare solo i principali: Claude Rich capitalista in crisi di identità causa sopravvenuta malattia, Isild Le Besco ereditiera con complesso di colpa e Géraldine Pailhas squillo pragmatica e pedagogica. In primo piano spicca soprattutto il confronto a distanza fra i bravissimi Lindon e Luchini, che si incrociano solo in una scena finale da antologia. Sarebbe stato facile deridere e condannare il taccagno e accentuare la positività dell'uomo generoso, ma Le Guay sceglie una soluzione più sottile in chiave di umana comprensione. E se non tutto fila perfettamente, come spesso succede in questo tipo di costruzione drammaturgia, i valori in campo sono buoni e il risultato godibile." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa, 30 marzo 2004)