Quando, verso la fine del secolo scorso, in varie parti del mondo ingegneri e inventori cercavano di dare movimento alle immagini, nel 1892 a Berlino i fratelli Skladanowsky mettono in atto fotografie viventi con una macchina fotografica che si erano costruiti da soli. Tre anni dopo costruiscono un proiettore che chiamano Bioskop. Il 1 novembre 1895 proiettano ad un pubblico pagante un programma composto da otto brevi scene. Sono quasi due mesi prima del 28 dicembre 1895, quando a Parigi i fratelli Lumiére organizzarono quella che passa comunemente come la prima proiezione pubblica della storia del cinema.
SCHEDA FILM
Regia: Wim Wenders
Attori: Nadine Buttner - Gertrud Skladanowsky, Udo Kier - Max Skladanowsky, Otto Kuhnke - Emil Skladanowsky, Lucie Hurtgen Skladanowsky - Lucie Skladanowsky, Christoph Merg - Eugen Skladanowsky, Wim Wenders - Lattaio
Soggetto: Wim Wenders
Sceneggiatura: Wim Wenders
Fotografia: Jürgen Jürges
Musiche: Laurent Petigand
Montaggio: Peter Pzwygodda
Durata: 79
Colore: C
Genere: DOCUMENTARIO
Specifiche tecniche: NORMALE A COLORI E BIANCO E NERO
Produzione: WIM WENDERS PROD.
Distribuzione: MIKADO FILM - CECCHI GORI HOME VIDEO (GLI ORI)
NOTE
- REVISIONE MINISTERO NOVEMBRE 1996
- REGIA DI WIM WENDERS CON GLI STUDENTI DELLA HOCHSCHULE FUR FILM DI MONACO
- PRESENTATO ALLA 53 MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA, SEZIONE 'FINESTRA SULLE IMMAGINI'.
CRITICA
"Delizioso, anche se arbitrario, nel ricostruire il sapore del cinema delle origini, 'I fratelli Skladanowsky' ha almeno due, enormi pregi. Il primo: ribadire che il cinema fu reso possibile da personaggi che erano metà inventori e metà saltimbanchi, e nacque come sviluppo delle tecniche fotografiche e, al tempo stesso, come sublime intrattenimento da fiera. Il secondo: stabilire un legame, al tempo stesso inquietante e struggente, tra la Berlino di allora e la Berlino di oggi, brulicante di scavi e di gru laddove, fino a pochi anni fa, passava il Muro e si ergevano i monumenti al comunismo 'made in Rdt'. L'inquadratura finale, con la carrozza di Eugen e Gertrud che caracolla fra i cantieri del 1995, è ubriacante: si ha la sensazione che lì, davvero, si sta costruendo il 2000, proprio come nella Berlino del 1895 si elaborava - anche grazie al cinema - il '900. In mezzo c'è un secolo, e che secolo!, per la Germania e per il mondo. E la cinepresa di Wenders riesce a fartelo sentire tutto, con il suo peso insostenibile". (Alberto Crespi, 'L'Unità', 7 ottobre 1996).
"Pur raccontando la storia di un glorioso fallimento (il Bioskop scompare davanti al Cinematografo, anche se i fratelli Skladonowsky non smetteranno di inventare, sperimentare, brevettare, scoprire possibili utilizzi e forme di comunicazione dell'immagine) il film trasmette felicità, voglia di gioco, allegria. Fino ai lunghi titoli di coda con cui Wenders rende ancora una volta omaggio non solo a quel mondo di entusiasmo pionieristico, ma anche ai giovani della scuola di Monaco che continuano ad avere fiducia nel cinema e voglia di farlo. Con la fortuna di aver trovato il maestro così di buon umore". (Irene Bignardi, 'la Repubblica', 12 ottobre 1996).