Benché sia innamorata di Poldo, un giovane operaio della miniera, Luisa - la figlia del custode - cede all'insistente corteggiamento del conte Arnaldo, che le ha promesso di sposarla. La madre del conte, contraria al matrimonio, convince il figlio a sposare Edvige, una ragazza di buona famiglia e, quando Luisa partorisce un figlio maschio, lo fa rapire, facendo credere a tutti che il bambino sia morto. Anni dopo, in punto di morte, la donna confessa al curato la sua colpa, dicendo di aver lasciato tutto a quel nipote cresciuto in collegio. Edvige, che ha ascoltato di nascosto la confessione, distrugge il testamento, ma per un caso del destino, il giovane Gualberto trova lavoro proprio nella miniera. Sarà lì che Luisa, diventata Suor Dolore, lo ritroverà, ma quando ormai è troppo tardi...
SCHEDA FILM
Regia: Ubaldo Maria Del Colle
Attori: Leda Gys - Luisa, Ubaldo Maria Del Colle - Poldo, Ermanno Roveri - Gualberto, detto "Balilla", Alberto Nepoti - Il conte Carani, Leonie Laporte - La contessa Carani, Ignazio Lupi - Il curato, Giulio Berenzone - Il padre di Luisa
Soggetto: Ruggero Rindi - romanzo
Sceneggiatura: Ubaldo Maria Del Colle
Fotografia: Vito Armenise
Altri titoli:
Nobody's Children
Durata: 150
Colore: B/N
Genere: DRAMMATICO
Tratto da: romanzo omonimo di Ruggero Rindi
Produzione: LOMBARDO FILM (NAPOLI)
Episodi: L'inferno bianco - Suor Dolore - Balilla
NOTE
- FILM DIVISO IN TRE EPISODI. 'L'INFERNO BIANCO' E' LUNGO 1752 METRI; 'SUOR DOLORE', 1268 MT.; 'BALILLA' 1153 MT.
CRITICA
"Sarebbe troppo lungo poter parlare particolarmente d'ogni episodio, perciò, (..) dobbiamo dichiarare che il lavoro è ottimo. Il verismo, l'espressione, il movimento, l'originalità, formano le doti principali di questo lavoro. Leda Gys ancora una volta ha dimostrato la sua rara competenza artistica e quello che è da notare è che in tutto il lavoro, che è lungo, ha recitato con la stessa forza e la stessa espressione." (Pio Fasanelli, 'Il Diogene', 17 marzo 1921)
"Il popolare e commovente dramma di Rindi, ricco di intricate situazioni drammatiche, è stato egregiamente ridotto per lo schermo; anzi oseremmo dire che la riduzione, mitigando spesso l'esagerazione romanzesca, inverosimile e irreale, che il dramma tocca in certi momenti, e semplificando l'aggrovigliamento degli episodi, conferisce una linea di chiara semplicità, una linea quasi artistica, donde trae indiscutibile vantaggio. (...) L'esecuzione è generalmente buona e lodevole. Accade di rado di vedere un film di cotesto genere, messo in scena con molta proprietà, persino con eleganza e signorilità, e interpretato da un complesso veramente ottimo di attori. Leda Gys ha momenti in cui eccede nell'espressione, ed esagerando, guasta un po' la linea della sua interpretazione; ma, nell'insieme, la sua figura si compone di linee sobrie e semplici, di linee pure e belle." (Dioniso, 'La Vita Cinematografica', 15 marzo 1921)