Giulio, 17enne di buona famiglia, si ritrova improvvisamente catapultato nell'incubo della solitudine e della disciplina di un collegio per rampolli dell'alta società, dove vengono formati i "dirigenti del futuro". L'istituto è situato tra le montagne delle Alpi, le regole sono rigide e ferree e il nonnismo dei ragazzi più anziani non rende certo più semplice la vita di Giulio. L'unico conforto per lui diventa l'amicizia Edoardo, anche lui ospite del collegio. I due ragazzi ben presto diventano inseparabili, complici le scappatelle notturne dalla scuola-prigione e la frequentazione della giovane prostituta Elena. La trasgressione, però, fa parte dell'offerta formativa: il collegio è a conoscenza del locale e delle uscite notturne e gli educatori, tra cui Mathias, vigilano costantemente senza farsi notare...
SCHEDA FILM
Regia: Andrea De Sica
Attori: Vincenzo Crea - Giulio, Ludovico Succio - Edoardo, Fabrizio Rongione - Mathias, Yuliia Sobol - Elena, Luigi Bignone - Paolo, Pietro Monfreda - Michi, Michael Bernhard Plattner - Michi, Dario Cantarelli
Soggetto: Andrea De Sica, Mariano Di Nardo, Gloria Malatesta - collaborazione
Sceneggiatura: Andrea De Sica, Mariano Di Nardo, Gloria Malatesta - collaborazione
Fotografia: Stefano Falivene
Musiche: Andrea De Sica, Leonardo Rosi - collaborazione
Montaggio: Alberto Masi
Scenografia: Dimitri Capuani
Costumi: Sabine Zappitelli
Suono: Antoine Van den Driessche
Aiuto regia: Lucilla Cristaldi
Durata: 85
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: DCP
Produzione: MARTA DONZELLI, GREGORIO PAONESSA, JOSEPH ROUSCHOP, VALERIE BOURNOVILLE PER VIVO FILM CON RAI CINEMA, IN COPRODUZIONE CON TARANTULA
Distribuzione: 01 DISTRIBUTION (2017)
Data uscita: 2017-05-31
TRAILER
NOTE
- REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DEL MIBACT, EURIMAGES, IDM SÜDTIROL-ALTO ADIGE, WALLONIA BELGIAN FEDERAL GOVERNMENT TAX SHELTER, CASA KAFKA PICTURES, REGIONE LAZIO-FONDO REGIONALE PER IL CINEMA E L'AUDIOVISIVO, ROMA LAZIO FILM COMMISSION; IN ASSOCIAZIONE CON HDRÀ.
- IN CONCORSO AL 34. TORINO FILM FESTIVAL (2016).
- NASTRO D'ARGENTO 2017 AD ANDREA DE SICA COME MIGLIORE REGISTA ESORDIENTE, MENZIONE SPECIALE PREMIO 'GUGLIELMO BIRAGHI' A VINCENZO CREA. IL FILM ERA CANDIDATO ANCHE PER LA MIGLIORE SCENOGRAFIA.
- CANDIDATO AL DAVID DONATELLO 2018 PER: MIGLIORE REGISTA ESORDIENTE.
- CANDIDATO AL GLOBO D'ORO 2018 PER: MIGLIORE MUSICA (ANDREA DE SICA), MIGLIORE FOTOGRAFIA (STEFANO FALIVENE)..
CRITICA
"Opera prima che lascia ben sperare di Andrea De Sica (...). Parla delle infanzie di due capi, in un istituto per ragazzi nevrotici e ricchi, struttura asburgica sperduta tra le nevi, un non luogo caro a molto cinema da Sorrentino ad Assayas. (...) Originale nell'esprimere il disagio del privilegio e non della emarginazione, il regista ha mano e psiche ferma: sbanda alla fine tentato da un risvolto sexy gotico horror che non inficia una storia seducente, abitata da fantasmi di classe fra cui Mahler, Musil, Sartre..." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 1 giugno 2017)
"Più spesso figli e nipoti d'arte seguono le orme dei loro predecessori; ma non mancano i casi in cui - invece - adottano stili diversi o addirittura opposti. Pensiamo al debutto nel lungometraggio del trentacinquenne Andrea De Sica, nipote del grande Vittorio. Non che il nonno fosse solo (neo)realismo, questo no (basti pensare a 'Miracolo a Milano'): però difficilmente lo avremmo immaginato alla regia di una fiaba nera con sfumature orrorifiche. Il soggetto fa pensare un po' a 'Nel nome del padre' di Marco Bellocchio, un po' all''Infanzia di un capo', il racconto di Jean-Paul Sartre (...). Girato interamente in Alto Adige, in un antico hotel di Dobbiaco, il film trae vantaggio dall'utilizzo di pochissimi set, che la macchina da presa di De Sica (già assistente di Bertolucci, Vicari, Ozpetek) attraversa con una sicurezza e una competenza visiva tutt'altro che scontate per un debuttante. Il regista (...) osa assumersi i compiti di autore a tutto campo. Oltre a dirigere, cura anche le musiche originali ('un omaggio a mio padre') e scrive la sceneggiatura a quattro mai con Mariano Di Nardo. Ed è nella scrittura drammaturgica che il film sconta una certa debolezza, introducendo verso il finale qualche presenza fantasmatica, forse non strettamente necessaria. Fin lì era andata assai bene l'atmosfera sospesa e semionirica, saggiamente priva di toni (auto)ironici ma con un sottotesto discreto di satira sociopolitica (salvo gli 'educatori' i maggiorenni sono assenti, o si riducono a una voce al telefono). Acuti anche il modo in cui il film marca l'età dei protagonisti, nel passaggio indefinito e confuso verso la condizione di adulti, e l'ambiguità nel descrivere il personaggio dell'educatore Mathias (lo interpreta Fabrizio Rongione, attore di fiducia dei fratelli Dardenne). Però quel che ci persuade di essere di fronte a una 'scoperta' interessante è soprattutto una scena, ispirata e sorprendente: quella in cui Giulio ed Edoardo collaborano all'evasione del primo, sulle note di 'Vivere' cantata da Luciano Pavarotti." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 1 giugno 2017)
"(...) Andrea De Sica (...) esordisce con un film di metafisica ambizione accolto con interesse al Tff lo scorso novembre. Una sorta di contro-romanzo di formazione ambientato nella cornice di un collegio isolato fra le montagne che alleva ricchi rampolli a diventare «mostri», ovvero la spietata élite al potere di domani. (...) Distaccandosi dagli abituali schemi realistici del cinema nostrano, 'I figli della notte' guarda semmai al modello mitteleuropeo di certi cupi, claustrofobici kammerspiel alla Polanski; e fra echi onirici, suicidi e fantasmi del passato, ogni tanto perde il passo, sino a un finale che arriva troppo repentino. Ma le ben controllate atmosfere da favola nera fanno intuire un cineasta originale e di bella mano." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 1 giugno 2017)
"Per il suo esordio Andrea De Sica, figlio del compianto Manuel, sceglie un terreno fertile di suggestioni che il cinema inglese, da Lindsay Anderson a Peter Medak, da Franc Roddam a Marek Kanievska, ha eretto a vero e proprio genere. Un'operazione non facile, dunque, considerato che il film volta le spalle al realismo e al naturalismo della grande maggioranza della produzione italiana contemporanea per affrontare, se si vuole, una sfida davvero insolita. I primi minuti, però, sono i più ardui. I dialoghi risultano a tratti rigidi, declamati. Poi il racconto inevitabilmente attrae nelle sue spire evitando di rincorrere gli stereotipi del film da collegio anche se non mancano né bulli e riti iniziatici né tantomeno fantasmi. Il motivo dunque per cui questo romanzo di formazione al contrario, questa iniziazione al male convince dipende grandemente dal piacere evidente con il quale il giovane De Sica lavora la materia filmica. (...) un cineasta che si affida alla tattilità del filmare trascurando i legacci della sceneggiatura (splendido l'utilizzo di 'Ti sento' dei Matia Bazar). Il dichiarato anti naturalismo del film, con il suo accogliere elementi fantastici senza premurarsi di offrire spiegazioni o dare seguito alle suggestioni più di genere, sono il segno di un volere giocare a tutto campo senza stare a badare a regole più o meno scritte tentando di trovare così una propria autonomia espressiva. Nonostante disequilibri evidenti nella struttura del racconto, è la generosità e la caparbietà nel volere fare qualcosa di altro a convincere." (Giona A. Nazzaro, 'Il Manifesto', 1 giugno 2016)
"Esordio al lungometraggio di Andrea De Sica (...) 'I figli della notte' ibrida topoi fiabeschi à la Hansel e Gretel e disamina impietosa della razza padrona: omicidio, tradimento e falsa testimonianza sono anch'essi privilegi di classe. Regia ardimentosa, scrittura affannosa e confusa, le sequenze erotiche in baita vanno senz'altro cassate, ma un'idea di cinema c'è. E, per fortuna, pure il grande assente del cinema giovane italiano attuale, tutto preso - e compreso - da periferie e marginali: la borghesia, questa sconosciuta. O vogliamo forse credere che non esista più?" (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 1 giugno 2017)
"Se 'I turbamenti del giovane Törless' di Musil avesse avuto più di un abboccamento sessuale con 'Shining' di Kubrick, il frutto di questi amplessi sarebbe probabilmente stato 'I figli della notte' di Andrea De Sica, prodigioso esordio nel lungometraggio da parte del figlio d'arte di Manuel, cui il film è teneramente dedicato (...). Stupiscono ed esaltano molti aspetti di questo debutto: controllo (83 minuti sono una durata così poco auto indulgente da rasentare la perfezione), visione (citare Kubrick, Lynch e il grande Saverio Costanzo di 'In memoria di me' senza mai cadere nell'esercizio di stile), attori (che bella la soave dizione di Crea, Succio e gli altri ragazzacci del collegio) e personalità (De Sica ha un'idea agghiacciante circa la formazione spietata della nostra classe dirigente). Diamo il benvenuto a un nuovo grande regista italiano dal futuro luminoso. Scoperto e lanciato da un Festival di Torino sempre pronto a mostrarci i figli del cinema nei loro primi maestosi vagiti." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 1 giugno 2017)
"Esordio tra Argento, Lynch e Haneke di un giovane con le idee chiare (figlio di Maunel De Sica, nipote di Vittorio). (...) Bilanciato tra romanzo di formazione, location-drama e thriller, in atmosfera da favola nera, con una bella mano di regia tocca la questione del futuro della classe dirigente e delle sua sanità a esprimere valori dalla base, nei turbamenti dei rampolli relegati a diventare ciò che è richiesto." ('Nazione-Carlino-Giorno', 1 giugno 2017)
"L'opera prima di Andrea De Sica (...) dimostra una personalissima solidità dell'impianto narrativo e della cura visiva. (...) Piuttosto perverso, pauroso. Ma a vedere come funziona e viene governato gran parte del nostro pianeta, c'è da temere che una scuola cos' esista davvero." (Luca Pellegrini, 'Avvenire', 2 giugno 2017)
"(...) al di là di qualche ingenuità tipica degli esordi, con le «inevitabili» citazioni cinefile dall'Overlook Hotel di 'Shining' o dallo Steve McQueen che gioca con la pallina in 'La grande fuga', la bella idea di De Sica è quella di intrecciare l'atmosfera astratta e soffocante del collegio con le ambizioni semi-orrorifiche della favola nera (per evadere dalla rigidità quotidiana, Giulio fugge di notte attraverso un bosco sospeso tra incubo e sogno) e la concretezza carnale di una casa dove tutto sembra sciogliersi nelle più volgari delle tentazioni. (...) Ne esce così un film insolitamente duro, che invece di compatire le solitudini affettive e morali dei suoi protagonisti preferisce spingerli verso scelte sempre più radicali e che, in controtendenza con un cinema italiano tanto garrulo quanto vacuo, vuole offrire un ritratto per niente consolatorio di una gioventù «senza» genitori (non se ne vede uno), lasciata sola davanti alle sue solitudini e alle sue debolezze." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 23 novembre 2016)
"Una favola nera per raccontare il mondo dell'adolescenza con uno sguardo non banale, al riparo da stucchevoli ammiccamenti e facili scorciatoie, e mettere in scena le difficoltà di relazione tra genitori e figli nel delicato momento di transizione dall'infanzia all'età adulta. A cimentarsi in questa non facile impresa è Andrea De Sica, nipote del grande Vittorio, figlio di Manuel (al quale il film è dedicato) autore di importanti colonne sonore per il cinema, e della produttrice Tilde Corsi. De Sica, che con 'I figli della notte' (...) firma uno degli esordi più interessanti degli ultimi anni, riflette su solitudine e abbandono di cui sono vittime tanti giovani (...)." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 23 novembre 2016)
"Unico film italiano in concorso al Torino Film Festival, nelle intenzioni bilanciato tra location-drama, romanzo di formazione e thriller, in atmosfera da favola nera, 'I figli della notte', prende la questione del futuro della classe dirigente, e della sua sanità a esprimere valori, dalla base, ovvero nella educazione di rampolli, più che eletti, diciamo relegati a diventare ciò che è richiesto. (...) De Sica ha una bella mano di regia, negli esterni, negli interni, nei primi piani, ma dovrà tornare ad approfondire drammaturgia." (Silvio Danese, 'Nazione-Carlino-Giorno', 23 novembre 2016)