L'epoca della "Tana della Volpe" è finita. Del vecchio gruppo il solo Juan continua ad avere l'accesso a casa Cerphal, dove sta costruendo un pavimento. La padrona di casa, Elisabeth, va a trovare frattanto il padre, ex gerarca nazista e titolare del grande gruppo editoriale Cerphal, che è ammalato, ma continua a trattarla come una bambina sprovveduta. Le ordina di recuperare certi documenti dal suo ufficio consegnandole le chiavi personali, ma Elisabeth fa suonare l'allarme e viene consegnata alla polizia dalla vigilanza. Frattanto Hermann Simon e Schnusschen sono alle prese con la bimba: la moglie chiede troppo spesso al giovane se lei e la bimba siano d'intralcio alla sua creatività. La polizia intanto rilascia Madame Cerphal, che si sfoga con il fidato Juan Ramon Fernandes sempre gentile e comprensivo. Clarissa Lichtblau torna dalla tournée negli Stati Uniti e si dispera perché il violoncello si è crepato. Il dottor Kirchmeier la consola, mentre la mamma le comunica che Volker Schimmelpfenning è diventato un grande pianista. Hermann ritorna al conservatorio, dove ha trascorso gli anni "ruggenti", a ritirare il diploma di stato. Madame Cerphal intanto viene accompagnata dai responsabili della casa editrice nello studio del padre, dove guarda vecchie foto di famiglia, pensa ai fratelli morti, agli amici e soci del padre ebrei, i Goldbaum, deportati. Per consolarsi, fa acquisti in una boutique. Fa di nuovo visita al padre che le consegna un documento da distruggere. Scopre così che la Tana della Volpe è in realtà frutto di un esproprio ai danni dei Goldbaum. Il padre, per consentirle di ereditare l'azienda, le impone la clausola di laurearsi. Volker esegue il Concerto per la mano sinistra di Ravel davanti a una Clarissa che sembra recuperare interesse per lui. Anche la mamma sarebbe disposta a superare la penosa vicenda dell'aborto e ad accettarlo come genero. Juan vagabonda per Monaco: va da Hermann, ma non osa entrare. E' sempre più isolato. Madame Cerphal discute all'Università sul tipo di laurea da prendere per ottemperare alle condizioni del testamento. Vorrebbe fare geologia, ma soprattutto viaggiare. Nel farle le carte, Juan le annuncia lapidariamente: "Lei è l'eterna figlia. Suo padre decide sempre per lei". Ed è vero. Ma c'è anche un punto nero: il padre si è impadronito dell'intero patrimonio dell'ex socio: Elisabeth scopre che in fondo lei da vent'anni, vive una vita velleitaria. Persino la guerra l'ha vista come lontani bagliori di bombe alla finestra. Mentre Alex, Helga e un nutrito gruppo di studenti tengono una riunione in casa Cerphal, la padrona tornata a casa e trovandola invasa, trova il coraggio di cacciare di nuovo via gli invasori solo nell'apprendere la notizia, recatale dalla governante che il padre è morto. Mentre l'unico punto di aggregazione per vecchi amici (Hermann escluso, naturalmente), resta il locale di Renate Leineweber, nei pressi del quale restano spesso fino a tardi, la Cerphal decide, vista la provenienza della casa, di venderla ad una società che ne ricaverà 150 alloggi, rendendola ricca. Anche il bagatto dei tarocchi, disegnato con tanta pazienza da Juan in giardino con le piastrelle, scomparirà così con la vecchia casa.
SCHEDA FILM
Regia: Edgar Reitz
Attori: Hannelore Hoger - Elisabeth Cerphal, Henry Arnold - Hermann, Salome Kammer - Clarissa, Anke Sevenich - Schnusschen, Noemi Steuer - Helga, Franziska Traub - Renate, Daniel Smith - Juan, Manfred Andrae - Gattinger, Heinz Joachim Klein, Peter Weiss - Rob, Lena Lessing - Olga, Hubert Mulzer, Franz Rampelmann, Frank Roth - Stefan, Dirk Salomon, Werner Schnitzer, Michael Schonborn - Alex, Franziska Stommer - Signora Ries, Bernd Tauber, Jura Von Schlippe, Edith Behleit - Madre Lichtblau, Peter Hohberger, Helga Heibl, Leopold Gmeinwieser, Suzanne Geyer, Peter Gasser, Holger Fuchs - Bernd, Armin Fuchs - Volker, Martin Maria Blau - Jean Marie, Reinhold Lampe - Dottor K.
Soggetto: Edgar Reitz
Sceneggiatura: Edgar Reitz
Fotografia: Gernot Roll, Christian Reitz, Gérard Vandenberg
Musiche: Nikos Mamangakis
Montaggio: Susanne Hartmann
Scenografia: Franz Bauer
Durata: 118
Colore: B/N-C
Genere: DRAMMATICO
Produzione: EDGAR REITZ FILM PROD. MONACO
Distribuzione: MIKADO FILM - MONDADORI VIDEO
Episodi: LA SIGNORA CERPHAL
NOTE
NONO EPISODIO DI HEIMAT 2 - DIE ZWEITE HEIMAT, AMBIENTATO NEL 1965.
LA STORIA E' RACCONTATA IN 13 EPISODI OGNUNO DEI QUALI E' UN FILM A SE' STANTE ANCHE SE REALIZZATO CON LO STESSO STILE E LA STESSA TROUPE.
I TITOLI DEGLI EPISODI SONO : L'EPOCA DELLE PRIME CANZONI - DUE OCCHI DA STRANIERO - GELOSIA E ORGOGLIO - LA MORTE DI ANSGAR - IL GIOCO CON LA LIBERTA' - NOI, FIGLI DI KENNEDY - I LUPI DI NATALE - IL MATRIMONIO - L'ETERNA FIGLIA - LA FIGLIA DEL FUTURO - L'EPOCA DEL SILENZIO - L'EPOCA DELLE MOLTE PAROLE - L'ARTE O LA VITA
CRITICA
"Consigli per gli acquisti (e le conquiste) del tempo libero. Quelli che possono - i romani, per ora, o chi vive comunque nell'area metropolitana della capitale, ma presto anche chi vive in altre città d'Italia - non si perdano 'Heimat 2', cronaca di una giovinezza di Edgar Reitz, il romanzo cinematografico in tredici capitoli e ventisei ore (per la precisione, 26 ore e 32 minuti) che dopo il trionfo alla Mostra di Venezia '92 è arrivato al Nuovo Sacher di Roma, dove viene programmato, una puntata a settimana, di qui sino a maggio. Venite, signori: si ride e si piange, ci si diverte e ci si commuove, si ricorda e si rivive una fetta delle nostre vite, in un irresistibile feuilleton (o telenovela o saga) su tutti i nostri ieri. Perché 'Heimat 2' si svolge si in Germania, negli anni Sessanta. Ma racconta: di tutti noi: è la storia della generazione di chi scrive, dei padri - e delle madri - di chi oggi ha vent'anni dei figli di chi era adulto durante la guerra, del mondo nuovo che questa generazione ha pensato e sperato di creare, delle radicali trasformazioni che si sono prodotte nel costume e nelle coscienze in quei formidabili anni, della scoperta di un simulacro di parità femminile, delle illusioni della rivoluzione sessuale, del kennedysmo e del terrorismo, degli scontri e delle speranze, delle ribellioni e delle riconciliazioni che hanno costruito il mondo sicuramente diverso, per un po' forse migliore - uscito da quella piccola rivoluzione." (Irene Bignardi, 'la Repubblica', 26 febbraio 1993)
"'Heimat 2' ha l'attrattiva delle sue contraddizioni. Da un lato rappresenta un ritorno al romanzo alla Thomas Mann, preso a modello del momento della sua maggiore fioritura; dall'altro inventa spregiudicatamente nuovi tempi narrativi e inedite forme di fruizione. Nello scegliere una scansione popolare da miniserie televisiva, riafferma i diritti e il primato di un'aristocraticissima ottica cinematografica. E mentre è in forte probabilità di restare come una delle testimonianze attendibili e palpitanti dei fervidi anni Sessanta, ne sancisce senza perifrasi il fallimento: nessuno dei protagonisti realizza la propria utopia, anzi man mano che le storie vanno avanti incombono toni masochistici e autodistruttivi. Anzichè tendersi una mano reciprocamente consolatrice, uomo e donna si combattono come nei drammi di Strindberg; e tutte, nessuna esclusa, le femmine del film risultano dal punto di vista maschile, inaffidabili e incomprensibili. Se tuttavia il punto d'arrivo del bildungsromam si colloca in un atroce dilemma fra l'assassinio e il suicidio, nello stesso tempo Reitz ci riporta i soprassalti della giovinezza, il gusto della sperimentazione del caso, il trionfo della sensucht (la 'nostalghia' dei russi) come chiave per assaporare la vita accettando con rassegnazione di non capirne granché." (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 17 luglio 1993)
"L'azzardatissima scommessa è stata vinta: a Roma soprattutto, ma anche a Milano, Firenze e nelle altre piazze dove il film è uscito, le vicissitudini di Hermann e dei suoi amici sono state seguite da un pubblico fedele. Mentre, guarda caso, il passaggio tv in Germania non ha ottenuto lo stesso alto indice d'ascolto del primo 'Heimat'. Il dato è paradossale solo in apparenza: pur paragonabile ad una telenovela per il tipo di fascinazione che crea, l'opera di Reitz è puro, grande cinema. Liberatosi dal vincolo della durata convenzionale, il regista ha dispiegato il suo racconto nel tempo e nello spazio con una varietà di soluzioni stilistiche che dimostrano padronanza di linguaggio e talento innovatore. E narrando fra amori e delusioni aspirazioni e vulnerazioni un difficile passaggio dall'adolescenza alla maturità nel travagliato contesto degli Anni Sessanta, Reitz ha cinescritto un appassionante bildungsroman in cui si possono rispecchiare gli ex giovani di ieri e i nuovi giovani di oggi." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 15 ottobre 1993)