Hsiao-kang è un vagabondo. Un giorno, mentre sta camminando senza meta per le vie di Kuala Lumpur, si imbatte in una banda di malviventi. Poiché i ragazzi si accorgono che Hsiao-kang non parla la loro lingua e non ha in tasca né soldi né documenti, lo picchiano selvaggiamente e lo lasciano a terra agonizzante. Alcuni uomini del Bangladesh che stanno tornando dal lavoro lo notano, lo aiutano a rialzarsi e uno di loro, Rawang, lo porta a casa sua e gli permette di rimanere con lui per qualche tempo, facendolo dormire su un vecchio materasso trovato per strada. Per la prima volta dopo tanto tempo Rawang si sente finalmente calmo e appagato. La presenza di un'altra persona, benché estranea, di cui occuparsi e con cui dividere il quotidiano non lo fa più sentire solo. Quando Chyi, cameriera di una piccola sala da tè, incontra Hsiao-kang e ne è attratta...
SCHEDA FILM
Regia: Tsai Ming-liang
Attori: Lee Kang-sheng - Hsiao-Kang, Norman Atun - Rawang, Chen Shiang-chyi - Chyi
Soggetto: Tsai Ming-liang
Sceneggiatura: Tsai Ming-liang
Fotografia: Liao Pen-jung
Montaggio: Chen Sheng-Chang
Scenografia: Lee Tian Jue
Costumi: Sun Huei-Mei
Altri titoli:
I Don't Want to Sleep Alone
Occhi cerchiati
Durata: 115
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: 35 MM
Produzione: SOUDAINE COMPAGNIE, HOMEGREEN FILMS CO.
NOTE
- PRESENTATO IN CONCORSO ALLA 63MA MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2006).
CRITICA
"Al regista non interessa concludere la sua proposta narrativa perché la sua intenzione, questa volta, è una sperimentazione intelligente sul linguaggio del cinema. Quasi nessun primo piano, un fluire continuo di campi lunghi e di piani sequenza con azioni, al centro, rappresentate spesso in tempo reale, pochissimi dialoghi, al contrario molto rilievo dato a suoni sempre forti e a canzoni di sfondo. In una chiave, soprattutto dal punto di vista delle immagini e delle scenografie, aspramente realistico. Forse non tutti apprezzeranno, però la ricerca, all'interno del cinema, è evidente. È suggestiva." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 5 settembre 2006)