L'adolescenza del giovane Dito è stata segnata da alcuni drammatici eventi accaduti nell'estate del 1986, quando scorrazzava per le vie del quartiere di Astoria, nel Queens, a New York, insieme ai suoi amici Antonio, Giuseppe e Nerf. Anni dopo, Dito si è trasferito in California ed ha intrapreso la carriera letteraria ma una telefonata di sua madre lo richiama nei luoghi della sua giovinezza dove lo attendono diverse questioni rimaste irrisolte...
SCHEDA FILM
Regia: Dito Montiel
Attori: Robert Downey Jr. - Dito, Rosario Dawson - Laurie, Shia LaBeouf - Dito adolescente, Chazz Palminteri - Monty, il padre di Dito, Dianne Wiest - Flori, la madre di Dito, Channing Tatum - Antonio adolescente, Melonie Diaz - Laurie adolescente, Martin Compston - Mike O'Shea, Kyle Devon Benitez - Joey, Peter Anthony Tambakis - Nerf adolescente, Anthony DeSando - Frank, il dogsitter, Julia Garro - Diane Honeyman, Eléonore Hendricks - Jenny, Adam Scarimbolo - Giuseppe, Scott Michael Campbell - Nerf, Eric Roberts - Antonio anziano, Olga Merediz - Zia Mary, E. Austin Valentine - Dito bambino, Federico Castelluccio - Padre di Antonio
Sceneggiatura: Dito Montiel
Fotografia: Éric Gautier
Musiche: Jonathan Elias, Jimmy Haun, David Wittman
Montaggio: Jake Pushinsky, Christopher Tellefsen
Scenografia: Jody Asnes
Costumi: Sandra Hernandez
Effetti: Keith Yurevitz
Altri titoli:
Una guida per riconoscere i tuoi santi
Durata: 98
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: 35 MM (1:1.85), PANAVISION
Produzione: TRUDIE STYLER PER BELLADONNA PRODUCTIONS, ORIGINAL MEDIA
Distribuzione: MIKADO (2007)
Data uscita: 2007-03-09
NOTE
- PREMIO DELLA 21MA SETTIMANA INTERNAZIONALE DELLA CRITICA, VENEZIA 2006.
- IL CANTANTE STING FIGURA TRA I PRODUTTORI ESECUTIVI.
CRITICA
"Davvero un buon film (...). Niente di originale: in 'Mean Streets' di Scorsese o 'Bronx' diretto da De Niro cinquantenne anche a Queens, ambiente e personaggi erano simili. Mentre però in quei film le ragazze erano impeccabili, qui sono sguaiate, aggressive e belle quanto i ragazzi; agli adolescenti delinquenziali si sostituiscono adolescenti che non sanno che cosa fare né dove andare; e nel quartiere malavita e mafia sembrano non esistere affatto." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 9 marzo 2006)
"Tutto l'amore e la violenza della giovinezza in un film che ci riporta al cinema libero e folle dell'America anni 70 con una storia di memoria e tradimento, di fuga e riconciliazione. Tutti i salti, gli strappi, le incoerenze, le improvvisazioni, le cose già fatte mille altre volte ma sempre così belle ed emozionanti che sembrano nascere sotto i nostri occhi, in un esordio che non può non far pensare al primo Scorsese e a Spike Lee. Anche se Dito Montiel, ex-musicista punk, ex-modello per Bruce Weber, ex-galoppino dei gangster greci e italiani di Queens, scrittore acclamato per un libro ancora non tradotto che porta lo stesso bellissimo titolo del film, 'Guida per riconoscere i tuoi santi', ha una voce tutta sua; così come appartengono solo a lui questa storia divagante come un brano free jazz e i tanti personaggi che la popolano, a cui il film accenna appena ma che danno ampiezza e profondità a questa rievocazione appesa al filo della memoria. (...) Il tutto assemblato con logica musicale più che narrativa, con una capacità di far parlare i corpi e gli ambienti che lascia senza fiato, con una sensualità che traduce in immagini quello che i personaggi "sanno benissimo ma non diranno mai", per usare la formula di Montiel, o diranno solo per sbaglio (la dichiarazione sul balcone, altro pezzo di bravura). In un film non privo di errori, autoindulgenza, ripetizioni. Ma ricco, emozionante, motivato e inventivo come se ne vedono di rado." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 9 marzo 2007)
"Nel film si parte proprio da questo successo cui va incontro un romanzo autobiografico di Dito Montiel che, rielaborato, gli è servito per esordire ora sullo schermo. E la sua regia è stata premiata l'altr'anno al Sundance Festival e un altro premio l'ha ottenuto a Venezia, nella Settimana della Critica. Il racconto l'ha costruito su due piani: l'adolescenza nei Queens, al passato, e il suo ritorno a casa, al presente. Questi due piani, però, con felicissima trovata, non li ha mai risolti distaccandoli l'uno dall'altro, ma, al contrario, tenendoli uniti come climi e immagini, senza l'espediente scoperto del flash-back. In questi climi, e con queste immagini, ricostruendovi in mezzo una storia che, pur con sicura autonomia, evoca quelle già sorprese da Martin Scorsese nelle sue mean streets, rappresentandola con una tale autenticità di accenti, di modi, di situazioni e di dialoghi da indurci subito a pensare, ma sempre con la stessa autonomia, ai migliori film fra i Sessanta e i Settanta di John Cassavetes: quei fatti che, mai finiti, sembrano nascere lì di fronte alla macchina da presa, quelle facce cui bastano pochi tocchi per indicare i caratteri che lo presuppongono e le fisionomie che le determinano. Per arrivare a questi risultati bisognava puntare molto sulla recitazione e anche qui Montiel ha vinto la scommessa ricorrendo, per i personaggi degli adolescenti ad attori giovanissimi ma di sicuro talento (Channing Tatum, Shia LaBeouf, Peter Tambakis) e, per quelli adulti, ad interpreti della tempra di Robert Downey Jr., Dianne Wiest, Chazz Palminteri. Perfettamente equilibrati fra loro." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 9 marzo 2007)
"Nell'intento, dettato da Washington, di restaurare la figura del padre, che il cinema tanto ha contribuito a demolire negli ultimi quarant'anni, diventano film tanti romanzi che non lo meritano. E magari approdano al Sundance Festival, come 'Guida per riconoscere i tuoi santi' di Dito Montiel, ennesima flebile riproposta dei 'Vitelloni'. (...) Agli italiani cinefili il film servirà soprattutto per capire che fortuna hanno avuto a esserlo (italiani, non cinefili) e quanti danni il neorealismo faccia ancora, fuori Cinecittà." (Adriano Di Carlo, 'Il Giornale', 9 marzo 2007)
"Vincitore della Settimana della Critica Veneziana, un'opera prima che ha fatto evocare (non invano) il nome di Martin Scorsese. (...) Se i temi di fondo non sono affatto inediti, è tutt'altro che ovvia - invece - la forma filmica scelta per rappresentarli. Pur coltivando una propria 'mitologia' del passato, Montiel evita accuratamente l'andamento letterario che accompagna quasi di regola il cinema della memoria. Nessuna nostalgia per l'adolescenza perduta, in altre parole; piuttosto una riflessione sulla formazione della professionalità del soggetto narrante a partire da una frattura. Con momenti di straniamento in cui i personaggi 'parlano' direttamente allo spettatore." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 9 marzo 2007)
"Musicista, autore di una autobiografia, Dito Montiel si è lasciato convincere a trasformarla in film da Robert Downey che è nel cast e da Sting e signora che l'hanno prodotto. 'Guida per riconoscere i tuoi santi' è una classica storia di degrado metropolitano, dove i Santi del titolo sono i protettori del quartiere, lungo la via sociologica del cinema americano anni ' 70 percorsa più volte dai grandi come Scorsese e poi da tutti gli allievi. (...) Mentre nei film dei ' 70, c'era alla fine la partenza verso una meta diversa e forse migliore, qui è tutto già accaduto e la cultura della strada e le tragedie caratteriali hanno dato i suoi frutti, mentre la cultura del domani si attinge solo scappando lontano, fuori dalla povertà violenta e dal legame viscerale. A commento di tutto, oltre che la bella Rosario Dawson, ci sono tutti i manierismi del caso, le gang e il metrò nell'adolescenza estiva del 1986, ma il film, premiato alla Settimana della critica veneziana, è da apprezzare per la sincerità con cui si racconta un ritorno a casa, doloroso come la partenza, forse di più." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 9 marzo 2007)
"Tragedia, lacrime, melò. Montiel dispiega un sistema emozionale complesso, attivato nei sentimenti del 'maschile' narrato in prima persona, esplorato in presa sentimentale diretta dichiarata a ogni fotogramma. La sua è scrittura di parecchio talento e controllo, pure troppo, così attenta al 'genere' che anche la cifra del 'cinema indipendente americano' finisce per suonare un tantino preconfezionata. Certo set, corpi, atmosfere dichiarano di funzionare come segno poetico e non solo produttivo fuori da Hollywood. Ma è poi così importante? O almeno lo è se privato delle 'imperfezioni' che all'origine di questo erano forza, tanto da trasformare il cinema 'indie' in serbatoio necessario al mainstream? Qui tutto suona un po' riconoscibile, rassicurante nonostante la catastrofe di vite narrata, e persino Downey con la sua fisicità di fanciullo eccentrico, non sempre riesce a spiazzare. Ce la fanno i ragazzi, forse perché Montiel con loro dispiega liberamente dolore, emozione, complicità." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 9 marzo 2007)
"Prima libro, poi sceneggiatura, infine film. 'Guida per riconoscere i tuoi santi' è pura esperienza di vita, finita sotto l'occhio vigile di una macchina da presa. Storia, vera, del trentacinquenne Dito Montiel, che ripercorre le tappe emotive di uno squarcio della propria adolescenza datata 1986, ad Astoria, quartiere dei Queens, città di New York, nel breve volgere di una visita, anch'essa reale, effettuata in quei luoghi vent'anni dopo. Un autobiopic che non si fa documentario, ma magmatica finzione tutta trama narrativa e recitazione. (...) Costruito su un cast di attori che sembrano magistralmente abituati soltanto a stare in canottiera, a darsi ceffoni, a urlarsi fuck di fronte al grugno, 'Guida per...' è un'opera a basso budget diretta dall'esordiente Montiel con una compattezza di regia, una lucidità di sguardo, un pudore morale, che non lasciano nulla alle gratuità della spettacolarizzazione e al sensazionalismo delle emozioni. Quegli avvenimenti accaduti o meno, ritoccati drammaturgicamente, rivissuti spiritualmente diventano un tassello di possente e granitico cinemaverité che inchioda alla poltrona. Impossibile non rimanere colpiti dalle sequenze in cui papà Monty (assolutamente sublime Chazz Palminteri) e Dito non riescono a parlarsi, a capirsi, perfino a toccarsi, rifugiandosi in silenzi dove la lontananza diventa dolore. E' lì, in quei frammenti di pellicola un po' sdrucita, che si profila il senso della tragedia, in tutta la sua monumentale e lirica potenza." (Davide Turrini,
'Liberazione', 9 marzo 2007)