Grizzly Man

Werner Herzog con lode. Gli orsi del suo docu-film parlano di solitudine (umana): un pugno allo stomaco, di classe

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CANADA 2005
Docudramma che narra attraverso interviste e immagini di repertorio, la vita dell'attivista-ecologista Timothy Treadwell che, nel 1990, iniziò a studiare la vita e i comportamenti degli orsi Grizzly in Alaska. Purtroppo l'avventura di Treadwell si interruppe tragicamente nell'ottobre 2003 con la morte sua e della sua compagna, Amie Huguenard, attaccati da uno dei suoi amati orsi.
SCHEDA FILM

Regia: Werner Herzog

Attori: Franc G. Fallico - Se stesso, Amie Huguenard - Se stessa, Timothy Treadwell - Se stesso

Soggetto: Werner Herzog

Fotografia: Peter Zeitlinger

Musiche: Richard Thompson

Montaggio: Joe Bini

Durata: 100

Colore: C

Genere: DOCUMENTARIO

Specifiche tecniche: 35 MM, SONY HD CAM

Produzione: DISCOVERY DOCS

Distribuzione: FANDANGO (2006)

Data uscita: 2006-11-24

NOTE
- VOCE NARRANTE NELLA VERSIONE ORIGINALE: WERNER HERZOG.

- PRESENTATO FUORI CONCORSO AL 23MO TORINO FILM FESTIVAL (2005) NELLA SEZIONE 'AMERICANA'.
CRITICA
"L'uomo che ballava con gli orsi è così fuori di testa che pare uscito da un film di Herzog. E in effetti è davvero il protagonista di un film di Herzog. Solo che non l'ha mai saputo perché Treadwell era un personaggio reale, morto tragicamente dopo una vita così bizzarra, ossessiva e cinematografica che il regista di Aguirre, di 'Fitzcarraldo' e di tanti grandi documentari su casi-limite, in certo modo non poteva non farne un film. (...) Herzog si è limitato a esplorare questo incredibile lascito di immagini cercando la logica segreta, la bellezza, la magia nascosta in certi momenti apparentemente vuoti e sfuggita talvolta al suo stesso autore. Ma il resto il resto è pura, cieca, sorgiva ferocia. La ferocia innocente della Natura che Treadwell, ex-alcolista, ex-aspirante attore, si ostinava a non vedere, idealizzando gli orsi e il loro mondo fino a sognare di farne parte. E a commettere l'errore fatale che nel 2003, quando doveva essere già partito, lo mise davanti a un orso più vecchio del solito che fece a pezzi e divorò prima lui e poi la fidanzata che per una volta lo aveva seguito fin lì. Una fine terribile su cui il film non specula, evitando anche di farci ascoltare gli ultimi minuti registrati per caso (solo il sonoro) dalla telecamera di Treadwell. Mostrandoci invece Herzog che ascolta il nastro e poi dice all'amica che lo conserva di non ascoltarlo mai e di distruggerlo. Perché come dice in chiusura, «con queste immagini Treadwell ha finito per gettare non uno sguardo sulla Natura quanto su noi stessi, sulla natura umana». Di tutte le immagini, forse la più difficile da sopportare." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 24 novembre 2006)

"Se è vero che tutto il cinema di Werner Herzog può essere iscritto in quella zona compresa tra documentario e fiction, è anche vero che si può isolare la sua corposa produzione più strettamente documentaristica. (...) Basandosi sulla documentazione video di oltre cento ore girate da Treadwell in cinque anni nelle riserve naturali dell'Alaska, Herzog con le integrazioni delle testimonianze dei familiari, dei ricordi degli amici, delle confessioni degli esperti, eleva il solitario amico degli orsi a figura eroica sedotta dalla natura e dal selvaggio, autodistruttivamente attratta da mondi sconosciuti e insidiosi, trascinata irresistibilmente da un coraggio piegato solo dalla forza bruta dell'animale." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 25 novembre 2006)

"Herzog, pietosamente, non ci fa ascoltare la voce dei morenti. Le immagini dell'operatore che si compiace della sua confidenza con i grizzly contengono un messaggio premonitore. La follia dell'uomo non è percepita da quei giganti, all'apparenza mansueti, che sembrano soltanto attendere pazientemente di consumare il loro pasto, mentre il logorroico Treadwell farnetica come un fanciullo nel paese dei balocchi, rendendo il tutto ancor più tragico. Ed Herzog registra il caso con glaciale professionalità." (Adriano Di Carlo, 'Il Giornale', 25 novembre 2006)