Austin, Texas. Tre amiche, Jungle Julia, Shanna e Arlene, tutte molto belle, diventano l'obiettivo di Stuntman Mike, un uomo dalle tante cicatrici e dal comportamento disturbato, che va a caccia di donne con la sua auto, una micidiale macchina 'a prova di morte'. Tuttavia, a dare filo da torcere al killer ci penseranno Zoe e Kim, due abili stuntwomen, in una sfida a tutto gas...
SCHEDA FILM
Regia: Quentin Tarantino
Attori: Kurt Russell - Stuntman Mike, Sydney Tamiia Poitier - Jungle Julia, Vanessa Ferlito - Arlene, Jordan Ladd - Shanna, Rose McGowan - Pam, Tracie Thoms - Kim, Zoë Bell - Zoe, Rosario Dawson - Abernathy, Mary Elizabeth Winstead - Lee, Quentin Tarantino - Warren, Marley Shelton - Dott.ssa Dakota Block, Michael Bacall - Omar, Michael Parks - Earl McGraw, Eli Roth - Dov, Monica Staggs - Lanna Frank, Marta Mendoza - Sonia, Kelley Robins - LaQuanda
Soggetto: Quentin Tarantino
Sceneggiatura: Quentin Tarantino
Fotografia: Quentin Tarantino
Musiche: Robert Rodriguez
Montaggio: Sally Menke
Arredamento: Jeanette Scott
Effetti: The Orphanage, K.N.B. Effects Group
Altri titoli:
Grindhouse: Double Feature
Grind House
Boulevard de la mort - Un film Grindhouse
Quentin Tarantino's Death Proof
Durata: 110
Colore: C
Genere: THRILLER HORROR AZIONE FANTASCIENZA POLIZIESCO
Specifiche tecniche: PANAVISION, 35 MM (1:2.35)
Produzione: DIMENSION FILMS, A BAND APART, RODRIGUEZ INTERNATIONAL PICTURES, EYETRONICS USA, TROUBLEMAKER STUDIOS, THE WEINSTEIN COMPANY
Distribuzione: MEDUSA
Data uscita: 2007-06-01
NOTE
- IN CONCORSO AL 60MO FESTIVAL DI CANNES (2007).
CRITICA
"'Death Proof' di Tarantino è una ragazzata d'autore. Un puro atto di nostalgia cinefila compiuto da un regista così potente che inevitabilmente sbaglia. Troppi mezzi, troppe ciance, troppa fascinazione per le mille sottoculture di cui è infarcito il film, specie nell'interminabile primo episodio. Anche se il tocco di Tarantino è riconoscibilissimo, diversi dettagli (la pellicola graffiata, i salti di montaggio) sono molto divertenti, le attrici intonate, omaggi e sberleffi a film e auto d'epoca, perfetti. E la lunga scena adrenalinica con Kurt Russell viscido e turpe lanciato sulla sua auto nera all'inseguimento di tre ragazzacce poco vestite, una delle quali sdraiata sul cofano stile rodeo, è nel suo genere grandiosa, esagerata, demente, assolutamente irresistibile." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 23 maggio 2007)
"Quentin Tarantino è un Forrest Gump dell'immaginario, una sublime pattumiera della celluloide, un juke box umano gesticolante e dinoccolato che ha resuscitato lo spirito del cinema alle soglie del Duemila. 'Death Proof' non è, però, un film riuscito e l'attesa dei festivalieri si è afflosciata come se gli fosse stato sottratto il giocattolo più ambito. Si può dire che il talento del miglior cattivo maestro disponibile su piazza vi si manifesta a sprazzi, debordante ed euforizzante come sempre, ma disciolto in un mare di sequenze verbose, noiose e zeppe di citazioni alquanto oscure e pedanti. Succede così che il ritmo, l'arma migliore dell'autore di 'Kill Bill' e 'Pulp Fiction', batta la fiacca dando la netta sensazione che il soggetto, anziché nelle due ore e passa della versione per l'Europa, avrebbe dato il meglio in un'oretta: non a caso tutti hanno pensato alla versione originaria del film, regolarmente distribuito negli Stati Uniti, che consisteva nell'abbinamento di due distinti episodi firmati da Quentin e da Rodriguez." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 23 maggio 2007)
"L'aneddoto è divertente ma è giusto per un mediometraggio. Che ha fatto Quentin per rimpolparlo a un'ora e cinquanta? Tante cose che hanno mandato in estasi i tarantiniani qui a Cannes, pochissimi che produrranno analogo effetto per il resto dell'umanità. Ci sono riferimenti a opere precedenti del nostro, come 'Pulp Fiction', ma anche 'Grosso guaio a Chinatown' di Carpenter, a 'La casa' di Raimi, a 'Bullit'. Un tarantiniano perso ha scoperto anche un aggancio a 'Roma a mano armata', di Umberto Lenzi, che trent'anni fa vedemmo solo in quattro vice-critici. La circostanza è commovente, ma non serve ad alzare il libello del film. 'Dead Proof' è un pollo gonfiato in batteria. A un festival può funzionare come pezzo di curiosità. Prenderlo sul serio è omicida nei confronti del comune spettatore." (Giorgio Carbone, 'Libero', 23 maggio 2007)
"'A prova di morte 'fa bump and grind', si scontra e ferisce, ammaccandola profondamente, la platea festivaliera di critici e cinofili. (...) Ma quel che conta, più di un happy end e la frenetica abbuffata di poc-ron-sexy-action, sono le sottigliezze del dialogo, una vera estasi per gli spiriti poco borghesi. (...) Libero, sfacciato, rivoluzionario perché non controllato, né dallo Stato né dalle Pr, né da Wall Street, né dai burocrati lottizzati della Rai. Fuori schema, fuori budget, anarchico. Certo minoritario, per sensibilità, su questa Croisette che fischia in smoking. Ma non per questo meno fertile e selvaggio." (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 23 maggio 2007)
"E' divertente il finale, un inseguimento lungo più di 25 minuti, ricco di speronate e scontri, con il conclusivo grido di feroce vittoria. Bello no: le tre donne chiacchierano compulsivamente in dialetto texano; l'uomo scuote la testa con aria di sufficienza; il film è più sgangherato che divertente." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 23 maggio 2007)
"Se pensiamo al ragazzaccio di 'Pulp Fiction' che proprio qui a Cannes, vincendo una Palma d'Oro nel 1994, si è conquistato l'appellativo di nuovo Godard, non possiamo non rimanere delusi da questa fragile operina in due atti e convulsamente logorroica che, estrapolata dal contesto del progetto originario, ha ancora meno senso." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 23 maggio 2007)
"'Death Proof' soffre proprio dello status di film apocrifo. (...) Tarantino sembra aver dimenticato la sua energia giovanile, sfornando un'opera dalla struttura irregolare, con un inizio e una fine d'impatto, appesantita da un buco centrale sovraccarico di dialoghi, che non giustifica il nome e la notorietà di Tarantino. Un'occasione perduta." (Giacomo Visco Comandini, 'Il Riformista', 23 maggio 2007)
"Chi non ha paura del kitsch è Tarantino che ha presentato 'Death Proof', versione lunga di un mezzo film uscito in America in coppia con quello di Robert Rodriguez. (...) Si potrebbe archiviare tutto come un' operazione inutilmente provocatoria, ma la radicalità della regia, che sembra cancellare la sceneggiatura per seguire solo lunghissime e confusissime discussioni tra donne, spezzate all' improvviso da gratuiti inseguimenti in auto (senza mai spiegarne le ragioni), obbliga a riflettere sul senso del tarantinismo, che non è più omaggio cinefilo ma neanche ricalco di forme popolari. Piuttosto sembra la messa in immagini del vuoto di prospettive in cui si dibatte oggi il cinema, che Tarantino si incarica di esaltare. Quello che non è chiaro è che senso vuole dare a questa esaltazione, se demistificante (ma l'ironia latita) o compiaciuta (ma allora perché così poche concessioni ai gusti più popolari?)." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 23 maggio 2007)