Una notte del 1519 arriva al Castello dei Cantalmo a Roma un messo del cardinale Albornoz che annunzia al vecchio Duca - intento a studiare un disegno di Leonardo rappresentante le ali di Icaro - la morte del figlio. Uscito nel loggione del castello, il vecchio si lancia nel vuoto, cadendo di schianto nel cortile sottostante. Dal medesimo castello, diroccato e mal ridotto, esce un giovanotto dinoccolato, che percorrendo un tratto di strada squallida e ingombra d'immondizie, entra in un negozietto e offre insignificanti oggetti d'antiquariato in cambio della spesa. E' il maggio '85, e il giovane è "Giovanni senza pensieri", l'ultimo svampito rampollo dei Cantelmo, che vivacchia in una stanzetta del castello sui tetti, alla mercé di due anziane serventi, la burbera Teresa e la dolce Letizia. Rovistando un giorno attorno a un pezzo d'antiquariato più consistente - una specie di leggio - scrivania - in vista dello scambio consueto per la spesa, vede cadere a terra un antico manoscritto di cui ignora il valore. Scopre frattanto che sul terrazzino di fronte una bella donna, Claire, sta prendendo il sole e per attirarne l'attenzione strappa dal manoscritto una pagina, la piega a freccia e la lancia sul terrazzino. La donna la nota distrattamente: è una straniera ricercatrice che sta inutilmente da tempo alla ricerca di manoscritti di Leonardo e solo l'indomani ha la sorpresa di trovarsi fra mano proprio una pagina di Leonardo. Claire, decisa a impadronirsi del resto del manoscritto, accetta la corte di Giovanni e ottiene in affitto alcune sale del castello per una illustre commemorazione. Vendendo oggetti e mobili del castello, Giovanni acquista un abito e un'automobile per far onore alla donna. Ma i proprietari del castello - un gruppo di religiosi che hanno concesso a Giovanni di continuare ad abitare alcuni ambienti del castello - si accorgono degli ammanchi e ricorrono alla giustizia. Giovanni, che in una rovinosa passeggiata sui tetti ha scoperto, murate, le ali di Icaro, costruite da un avo su disegni di Leonardo, per sfuggire alla cattura le indossa e si libera in un volo panoramico su Roma, incurante degli intrighi dei comuni mortali.
SCHEDA FILM
Regia: Marco Colli
Attori: Sergio Castellitto - Giovanni, Eleonora Giorgi - Claire, Aldo Fabrizi, Anita Durante, Franco Fabrizi, Luigi De Filippo, Tatiana Farnese, Giovannella De Luca, Fabrizio Costantini, Francesca Balletta, Valerio Isodori, Gastone Pescucci, Claudio Spadaro, Pasquale Zito, Rodolfo Bigotti
Soggetto: Marco Colli, Gianni Di Gregorio
Sceneggiatura: Marco Colli, Gianni Di Gregorio
Fotografia: Emilio Bestetti
Musiche: Lamberto Macchi
Montaggio: Roberto Schiavone
Scenografia: Enrico Colli
Costumi: Clary Mirolo, Valeria Sponsoli
Altri titoli:
Giovanni senzapensieri
Durata: 98
Colore: C
Genere: ALLEGORICO
Specifiche tecniche: PANORAMICA A COLORI
Produzione: ASA FILM, RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA RETE 1
Distribuzione: ISTITUTO LUCE ITALNOLEGGIO CINEMATOGRAFICO
CRITICA
"Chi ha visto 'Birdy' di Alan Parker, presentato proprio qua a Cannes un anno fa e uscito subito dopo anche in Italia, vi troverà elementi in comune con questo film, misurate ovviamente debite distanze tra Parker e Colli, e le dimensioni drammatiche delle due storie; specie quando in Giovanni l'idea del volo prende delle insistenze addirittura ossessive, che il racconto sottolinea con la presenza di piccioni, gabbiani e galline. Malgrado le ossessioni, comunque, e i problemi psicologici, ci si tiene sempre sul delicato e, in certi momenti, perfino sul frivolo. Con il merito di una immediatezza che nasce dalla presa diretta di buona qualità, sostenuta, qui, anche dalla bravura dell'attore protagonista, Sergio Castellitto (tra gli altri Eleonora Giorgi, Aldo Fabrizi, Anita Durante). Peccato che Colli, a tutto questo, non sia riuscito a dare una coesione e uno stile, giocando troppo sui tempi lunghi e seguendo, nei ritmi, le pause mentali del suo personaggio. Tanto che il film, alla lunga, diventa un po' ripetitivo e impacciato. L'epilogo alato, però, resta seducente." ('Il Tempo', 14 Maggio 1986)
"Scritto da Colli con Gianni Di Gregorio, prodotto per la Rete 1 della Rai, il film ottenne un buon successo all'ultimo Festival di Cannes. Con qualche ragione, perché fra le opere prime italiane è una delle più gradevoli: una sorta di favola zavattiniana che mischia con grazia l'osservazione della realtà romana, fatta di macchiette popolari cresciute all'ombra di palazzi in cui ancora si custodiscono tesori, e l'umana simpatia per quello scemotto il quale insegue i piaceri dei semplici. Benché non abbia ancora la forza di andare sotto la pelle dei suoi personaggi, Marco Colli è un esordiente da seguire con simpatia. E' spiritoso, sa disegnare i tipi, ha la mano leggera nel giocare col fantastico. E si vale di interpreti ben scelti: l'attrice al miele Eleonora Giorgi, il Sergio Castellitto uscito dall'Accademia d'arte drammatica, caratteristi arguti. Fra i quali, accanto a Franco Fabrizi, Luigi De Filippo, Anita Durante, si rivede dopo tanto, ed è una gran festa Aldo Fabrizi, addirittura nella doppia parte di due droghieri gemelli." (Giovanni Grazzini, 'Il Corriere della Sera', 15 Giugno 1986)
"Film d'esordio del fiorentino Marco Colli (1950) che ha fatto teatro, Tv e aiutoregia ed è figlio di Giorgio Colli, autorevole storico della filosofia, 'Giovanni Senzapensieri' è una bamboleggiante commedia scacciapensieri che non suscita né pensieri né emozioni. Pur interpretato con finezza da Sergio Castellitto che ha faccia e stupori alla Keaton, l'eroe è troppo gracile per sostenere il peso di un film e diventare un significativo idiota-innocente. Non ci riesce anche perché il contesto realistico è approssimativo o convenzionale oscillante fra maldestri recuperi di commedia all'italiana e velleità poeticizzanti. E' una bolla di sapone senza iridescenze, costruita all'insegna dello spreco: spreco di caratteristi (il redivivo Aldo Fabrizi, classe 1906, sdoppiato in due gemelli; Luigi De Filippo; Franco Fabrizi; Alessandro Fersen) e spreco di mezzi: Colli non è riuscito a valorizzare nemmeno l'atmosfera dell'antica dimora." (Morando Morandini, 'Il Giorno', 16 Giugno 1986)